Quest’estate mi sono decisa. Ho letto quello che viene, talvolta, definito il libro illeggibile: l’ Ulisse di Joyce.
Veramente ho letto anche Dedalus e Gente di Dublino, già che ci sono, mi sono detta, facciamo l’ en plein.
Ci ho impiegato parecchio perché Joyce è tosto, va letto lentamente. Mi è piaciuto parecchio. Devo ringraziare la mia amica L. che mi ha dato una dritta fenomenale, mi ha detto di leggere senza tentare di capire, io l’ ho fatto e credo di aver capito molto.
Quelli che adesso non capiscono sono i miei lettori, credo ma adesso vi spiego il paradosso.
Dunque, Joyce è uno di quegli autori che adottano lo “Stream of consciounness” o come diavolo si scrive (non ho sottomano la FG per chiederglielo), insomma sarebbe il cosiddetto “flusso di coscienza”, l’autore scrive i suoi pensieri, apparentemente, così come gli vengono, senza uno sviluppo logico o temporale facilmente percepibile. Più o meno come quando io, mentre cuocio i fagiolini o spazzo i pavimenti, costruisco i miei post.
Ovviamente la logica c’è, lo sviluppo anche ma, come dire, non è scientifico bensì psicologico, estetico.
Per farvela breve: per capire Joyce non si deve tentare di capirlo! Uno legge, si lascia portare dal fiume in piena di un linguaggio sempre diverso e sempre incredibile ed affascinante, arriva alla fine delle quasi mille pagine dell’Ulisse ed è contento.
Perché? Forse perché ha capito quello che Joyce voleva dire, forse perché invece non ha capito nulla se non che Joyce forse proprio non voleva far capire nulla oppure perché è riuscito ad arrivare fino in fondo.
Non lo so, quello che so è che io, dopo aver letto quel lagnoso di Proust, mi sono divertita con Leo Bloom, l’apparente protagonista dell’ Ulisse, ad esplorare i mille personaggi, gli ambienti, i tanti vizi e le rare virtù di un’ umanità antipatica, viziosa e viziata, dura, superficiale, misera, senza speranza che somiglia tanto a quella che mi circonda nel mio vivere quotidiano.-
Poi, per ritrovare un po’ di poesia e di speranza, sono corsa a rileggermi il Cyrano de Bergerac. Ma quella è un’altra storia.
Veramente ho letto anche Dedalus e Gente di Dublino, già che ci sono, mi sono detta, facciamo l’ en plein.
Ci ho impiegato parecchio perché Joyce è tosto, va letto lentamente. Mi è piaciuto parecchio. Devo ringraziare la mia amica L. che mi ha dato una dritta fenomenale, mi ha detto di leggere senza tentare di capire, io l’ ho fatto e credo di aver capito molto.
Quelli che adesso non capiscono sono i miei lettori, credo ma adesso vi spiego il paradosso.
Dunque, Joyce è uno di quegli autori che adottano lo “Stream of consciounness” o come diavolo si scrive (non ho sottomano la FG per chiederglielo), insomma sarebbe il cosiddetto “flusso di coscienza”, l’autore scrive i suoi pensieri, apparentemente, così come gli vengono, senza uno sviluppo logico o temporale facilmente percepibile. Più o meno come quando io, mentre cuocio i fagiolini o spazzo i pavimenti, costruisco i miei post.
Ovviamente la logica c’è, lo sviluppo anche ma, come dire, non è scientifico bensì psicologico, estetico.
Per farvela breve: per capire Joyce non si deve tentare di capirlo! Uno legge, si lascia portare dal fiume in piena di un linguaggio sempre diverso e sempre incredibile ed affascinante, arriva alla fine delle quasi mille pagine dell’Ulisse ed è contento.
Perché? Forse perché ha capito quello che Joyce voleva dire, forse perché invece non ha capito nulla se non che Joyce forse proprio non voleva far capire nulla oppure perché è riuscito ad arrivare fino in fondo.
Non lo so, quello che so è che io, dopo aver letto quel lagnoso di Proust, mi sono divertita con Leo Bloom, l’apparente protagonista dell’ Ulisse, ad esplorare i mille personaggi, gli ambienti, i tanti vizi e le rare virtù di un’ umanità antipatica, viziosa e viziata, dura, superficiale, misera, senza speranza che somiglia tanto a quella che mi circonda nel mio vivere quotidiano.-
Poi, per ritrovare un po’ di poesia e di speranza, sono corsa a rileggermi il Cyrano de Bergerac. Ma quella è un’altra storia.
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