Il naso di Cyrano: agosto 2008

domenica 31 agosto 2008

Finale di vacanze


Quest’ultima settimana di vacanze è stata bellissima: è arrivata Cat a Roma e, insieme, abbiamo fatto molte cose interessanti e divertenti.
Naturalmente, siamo andate a fare shopping! Veramente, più lei che io che già mi ero scatenata a Parigi. Comunque è stato divertente, come sempre.
Abbiamo visitato la mostra sul Quattrocento a Roma, è interessante soprattutto dal punto di vista storico, anche se non ci sono molte opere, il fatto è che a Roma di opere del Quattrocento ne sono rimaste proprio pochine, per il Quattrocento bisogna andare in Toscana o in Umbria.
Abbiamo passeggiato per le vie del centro, ripassandoci le bellezze romane, insieme alla FG, e ci siamo gustate il colore di smalto del cielo romano, quell’azzurro che c’è solo qua, come ben sanno la FG, che a Parigi vedeva il cielo sempre grigio e Cat che in Piemonte lo vede di tutti i colori ma mai color “Della Robbia”, come dico io, cioè di quell’azzurro unico che i Della Robbia usavano come sfondo per le loro ceramiche, cioè, esattamente, il colore del cielo di Roma!
Ieri sera siamo state al Globe theater a villa Borghese. Abbiamo visto “Il mercante di Venezia” nello scenario shakespeariano del teatro in legno. Lo spettacolo era carino e ben recitato, il teatro invece è un po’ scomodo: non ci sono poltrone ma soltanto panche di legno nei palchi e posti in piedi in platea. Nel Cinquecento i teatri erano così. La FG si è bellamente seduta per terra, io e Cat sulle panche. Alla fine dello spettacolo ho dovuto fare qualche esercizio di stretching perché mi si erano addormentate le gambe. Certo all’ epoca di Shakespeare andare a teatro era proprio un atto d’amore per questa nobile arte! Per fortuna che oggi i teatri sono più comodi!
Comunque ci siamo divertite. Peccato che martedì Cat ritorni a casa sua e che io domani ricominci a lavorare. Nel corso di queste vacanze mi sono divertita, ho visto (e gustato) mille cose piacevoli, interessanti, belle, vorrei che le mie vacanze non finissero mai ma non si può, devo lavorare, non sono miliardaria. Comunque mi sono ripromessa (insieme alla FG) di gustarmi la vita anche durante il periodo lavorativo: andremo a teatro, visiteremo mostre, parteciperemo a eventi e conferenze e, quando la FG avrà finito la sua dieta, ce ne andremo a cena a gustarci i piatti tipici della tradizione italiana. Insomma ci ritaglieremo dei tempi e degli spazi per una nostra personalissima “vacanza tutto l’anno".

sabato 23 agosto 2008

In piscina


Tre giorni di piscina hanno lasciato il segno. Nel senso che io sembro Toro Seduto e la FG sembra Geronimo.
Siamo entrambe di carnagione chiarissima e, quando ci esponiamo al sole, facciamo ricorso a costosissime creme solari che, su di noi, si rivelano assolutamente inefficaci.
Almeno io al sole mi ci metto, la FG, quando sta fuori dall’acqua, rincorre l’ombra dell’ombrellone. Il fatto è che la FG, quando vede una piscina, non resiste e ci passa quasi tutta la giornata.
A sera, oltre ad avere le tonalità di un gambero buttato nell’acqua bollente, ha tutti i muscoli dolenti, soprattutto gli addominali. Però si diverte.
Anche io mi sono divertita in questi giorni, sono persino rientrata in acqua, dopo anni di astinenza. Non è che io proprio nuoti, più che altro fluttuo.
Il mio trigemino è arrabbiatissimo e la sera protesta con notevole energia ma io non mi scoraggio, prendo un analgesico ed il giorno dopo ricomincio.
C’è un altro notevole motivo di divertimento in piscina: l’osservazione degli altri.
La piscina è frequentata da varia ed interessante umanità: bambini urlanti, quelli che mia figlia chiama i truzzi, cioè persone che usano un linguaggio privo di congiuntivi e marcato da un pesante accento romano, parlato a voce considerevolmente alta ed utilizzato per trattare argomenti sotto il livello subumano dal punto di vista culturale, sono simpatici i truzzi. Molto naives, raramente teneri. Invece i signori che se la tirano parlando della “barca” non mi stanno simpatici.
Poi ci sono le signore ciccione in due pezzi, fanno tanta tenerezza anche se l’esposizione di chilometri di cellulite non è proprio un bello spettacolo. Le signore ciccione sono comunque meglio delle ragazze magrissime e carinissime che sembrano delle miss… finché non aprono bocca, perché quando lo fanno si ha la certezza assoluta che lavorino in qualche porto come scaricatrici.
Una caratteristica comune a truzzi, signore ciccione, signori con la barca, fanciulle in bikini è che, quando parlano al cellulare, alzano il volume della voce a livelli da discoteca rock e se uno sta leggendo si deconcentra, come capita a me che in questi giorni sto leggendo dei saggi di linguistica di Umberto Eco, roba difficile che richiede attenzione, così ogni tanto devo interrompere la lettura e mi diverto a “leggere” la gente e ad immaginare tante storie, una per ogni persona.

mercoledì 20 agosto 2008

Ancora shopping


La FG mi aveva detto:”Mi servono un po’ di cartoline graziose per il pupo e gli amici francesi”, le ho proposto di andare in centro per acquistarle.
Dovevamo comperare solo quelle ma io mi conosco e conosco anche la FG, così ho portato parecchio contante.
In effetti è servito, vuoi perché le card le abbiamo prese in uno dei più bei negozi di Roma e anche costosissimo vuoi perché, oltre alle card, abbiamo comperato molte altre cose deliziose come un collier e degli orecchini per la FG e dei prodotti di bellezza per me (non che pensi di diventare bella ma mi piace coccolarmi con creme ed unguenti).
Lo shopping è servito a risollevarmi un po’ il morale, infatti sono in piena sindrome leopardiana: le vacanze stanno finendo e io mi deprimo, avete presente il Sabato del villaggio? No!? Va bene non importa tanto ve lo spigherò a breve, purtroppo!
Poi la FG mi ha portato dietro piazza Navona e ci siamo prese una mega-granita alla romana, meglio conosciuta in vernacolo come gratta-checca, lei ha scelto latte di mandorla e cocco, io ho puntato su mandarino e papaia. Una delizia, solo che era gigantesca e mi si è gelata la mano mentre la mangiavo!
Domani mi porta in piscina oppure sono io che ci porto lei? Non lo so, in questo periodo non è molto chiaro chi prende l’iniziativa, diciamo che mi sento come un membro di un’associazione a delinquere, più complice della diabolica FG che genitrice. Sarà che un anno a Parigi l’ha fatta diventare adulta, sarà che io non ho troppa voglia di responsabilità, sarà che la lontananza ha dissolto il legame madre-figlia per crearne un altro più rilassante, non so, so soltanto che quando esco con la FG mi diverto da matti.

sabato 16 agosto 2008

Le fontanelle


La FG è degna figlia di suo padre. In tutto, nel bene e nel male.
Uno dei caratteri ereditari più evidenti in lei è la passione per le fontanelle.
Le fontanelle pubbliche, che i romani chiamano “nasoni” a causa della cannella dalla quale esce l’acqua che ricorda un naso, appunto, sono una caratteristica di Roma. Solo noi ce le abbiamo. A Parigi se uno ha sete l’ acqua se la deve comprare, al non molto modico prezzo di € 4 la bottiglietta.
A Roma, romani e turisti possono bere gratis alle fontanelle!
Ora, la FG, quando vede una fontanella, non sa resistere, a quanto pare, le si sviluppa una sete intollerabile. Si avvicina alla fontanella e compie il rituale: tappa con il dito la base della cannelle e beve dallo zampillo che esce dal buchetto apposito.
Naturalmente si bagna (i romani dicono “se fracica”) tutta e inzuppa tutto quello che la circonda per un raggio di alcuni metri, perciò io, che lo so, mi tengo a distanza di sicurezza.
Se sul suo cammino incontra dieci fontanelle, la FG si ferma e beve a tutte e dieci, con gran piacere di chi è con lei.
Ora voi mi chiederete: ma che centra tutto questo con l’ereditarietà?
C’entra e come!
A quanto pare, il padre della FG, da piccolo era anche lui un appassionato cliente delle fontanelle, a tal punto che i suoi genitori, quando uscivano con lui, studiavano appositi itinerari e facevano talvolta lunghe deviazioni per evitare di incontrare le fontanelle e per evitare di riportarsi a casa un ragazzino completamente fradicio.
Se non è ereditarietà questa!?

mercoledì 13 agosto 2008

Uno scherzo


Eravamo a Firenze con le figlie. Avevamo pranzato, benissimo, nella solita trattoria. La FG,che all’epoca aveva nove anni e non beveva alcolici, aveva preteso di chiudere il lauto pasto con i cantuccini e il Vin santo. Uscimmo allegri dal ristorante e ci avviammo verso l’albergo, decisi a prenderci un espresso in un vicino bar.
L’ insegna del bar recava anche la pubblicità di una marca di caffè. Il Caffè Essse. Proprio così: con tre “S”.
La FG, che già allora aveva attitudine per la linguistica, ci fece rimarcare quello che a suo giudizio era un grave errore di ortografia.
E allora ci scattò dentro un sadico desiderio. Io, con l’aria più tranquilla del mondo, le risposi:-Ma che dici? Guarda che hai letto male, là c’è scritto “caffè esse” con due “S”-
La FG mi guardò male poi chiese conferma al padre di quanto sosteneva ma evidentemente non sono solo io la bastarda dentro perché anche lui sostenne la mia tesi, rincarando:-Ho paura che il Vin santo ti abbia ubriacata-
La FG, non troppo convinta, si rivolse alla FI per avere appoggio e sostegno ma la FI è la regina dei bastard inside e confermò con assoluta serietà le parole di noi genitori.
A questo punto la FG si preoccupò, non tanto per l’ortografia ma perché il Vin santo le era piaciuto parecchio e temeva che non le avremo più permesso di berlo, cosa che, ovviamente, ci guardammo bene dal fare.
La verità gliela dicemmo anni dopo e quel che ci disse lei non ve lo racconto perché, sebbene linguisticamente corretto, è eticamente riprovevole anche se assolutamente meritato!

sabato 9 agosto 2008

Alle quattro di mattina


Oggi scrive la FG:
Riordinavo i miei vari scartafacci quando mi è apparsa dalle nebbie polverose del cassetto una pagina di diario.
Diario che tenevo a 9 anni in orrida grafia e mediocre ortografia.
Diario segreto ovviamente.
Era telegrafica e diceva: “Oggi mi sono svegliata e ho messo su il caffè, papà mi ha ripescato e rinfilata a letto ma ho finalmente visto le luci del night.”
Non ho dovuto decifrare quell’appunto ho rivisto tutto esattamente com’era mentre ridevo come una pazza.
Ho rivisto una bambina che si alzava sperando che fosse buio, prendeva rumorosamente uno sgabello, incurante del trascorrere del tempo, caricava, con gran dispersione di polvere una moka per due persone (il caffè mi era negato), volendo fare una sorpresa ad un povero padre costretto, da pigrissima moglie, a fare lui il caffè “tutte” le mattine.
Mi sono rivista mentre scivolavo, o meglio evitato per un soffio di cadere dallo sgabello e mettevo con un lieve “tin” la macchinetta sul fornello senza accenderlo, lo avrebbe acceso poi papà.
Iniziava per me il mio momento: mi infilavo sotto la serranda semi-abbassata e cercavo con gli occhi o l’alba o qualcosa della notte che mi interessava molto: eravamo in vacanza in un paese di mare e abitavamo davanti ad un Night—Club, che non sapevo esattamente cosa fosse ma avevo visto la sua insegna al neon sistematicamente spenta perché all’epoca mi mandavano a letto abbastanza presto.
Mi svegliavo sempre all’alba ed era sempre spenta quella maledetta insegna.
Ma quella notte, a mia insaputa, Morfeo mi aveva lasciata perdere alle quattro del mattino, forse anche un poco prima, così vidi e mi incantai davanti all’insegna al neon rosa che si alternava con un’altra insegna al neon azzurro, come nell’America di Sister Act.
Mentre una tondeggiante principessina in camicia da notte si appoggiava sui gomiti, rapita dal neon, un gattescamente silenzioso padre, alquanto disperato, le appariva alle spalle chiedendosi, come sempre, un accorato “perché?!?!”.
Senza neanche osare un rimprovero che avrebbe turbato il dolce silenzio della notte e provocato un interminabile dibattito, insostenibile per lui che si era strappato al letto in stato di semi-incoscienza, il padre in questione mi agguantò e mi rinfilò nel mio letto.
Poi tornò nel suo, accanto alla sua ignobile moglie che, ignara di tutto, continuava beatamente a dormire il sonno del giusto.
Io non capivo, perché mi doveva riportare a letto? Ma come un Belluca di Pirandelliana memoria che sente che “il treno ha fischiato” mi buttavo, pazza di muta gioia, sul letto pensando che quelle luci brillavano. Davvero.

mercoledì 6 agosto 2008

Passeggiate romane 2


Con la FG siamo andate a ripassarci un po’ di Roma in notturna.
Quanto è bella questa città! Anche d’estate, con il caldo d’ Agosto, ti intriga nella sua magia.
Niente grands Boulevards ma vie e viuzze da dove puoi vedere solo un pezzetto di cielo pieno di stelle e senza una nuvola. Poi, all’improvviso, ti appare il frontone del Pantheon, quello vero, degli antichi romani, oppure la mole illuminata di Castel Sant’Angelo che si specchia nel Tevere, silenzioso e pieno di colori, altro che la Senna!
E poi, alzi gli occhi sui palazzi illuminati dei principi romani, ti incanti davanti alle rovine dei fori romani, sogni con Bernini e Borromini, mentre ti gusti una granita, a piazza Navona.
La FG era felice e anche io, un chitarrista di strada suonava musica moderna ma io nella testa avevo le note della Tosca: E lucean le stelle.
Questa città, nonostante tutti i suoi guai, di igiene e viabilità, l’indecente amministrazione di chi la governa e l’ha governata, la maleducazione dei suoi abitanti, resta sempre una città magica, troppo bella per soccombere al tempo e io mi sentivo, come sempre quando vado a spasso per le sue strade, parte del tempo e della sua storia pluri millenaria.

sabato 2 agosto 2008

La nuvoletta


Quando in cielo vedo una nuvoletta bianca e vaporosa io me li immagino lassù.
Pietro, Claudio e il Professore.
Tre persone meravigliose che mi hanno lasciato troppo presto.
Tre colleghi, tre amici.
Claudio, grosso, barbutissimo, estroverso, dotato di una dialettica trascinante ma capace di ascoltare i problemi degli altri, soprattutto dei suoi allievi, dei suoi figli sarebbe meglio dire.
Pietro, magro e non molto alto, spesso silenzioso (ma che battute fulminanti, quando parlava), ascoltatore perfetto, osservatore acuto, adorato da tutti, parenti, amici, alunni che ne riconoscevano la superiorità intellettuale e morale.
Claudio e Pietro, così diversi, erano diventati amicissimi, si completavano, a guardarli sembravano Stanlio e Ollio ma a conoscerli te ne innamoravi.
Entrambi ammiravano il Professore, lo consideravano un vero maestro.
E lo era, un grande maestro, il Professore. Alto, magro, sulla sua faccia un po’ triste due occhi, incredibilmente turchesi, conservavano tutto lo stupore e la meraviglia di un bambino.
Alle domande, di allievi e colleghi, rispondeva sempre con altre domande, solo che, poi, era facilissimo, riflettendo su quelle domande, trovarsi da soli le risposte.
Ecco, io me li immagino così: tutti e tre sulla nuvoletta, a guardare giù, a discutere su qualche problema misterioso di fisica o di chimica, ad osservare quello che succede sulla terra, a commentare i nostri gesti e i nostri pensieri.
E immagino Claudio che si lancia in infocate orazioni critiche, Pietro che analizza con lucida ironia e il Professore che, tacendo, scuote la testa e sorride coi suoi incredibili occhi turchesi.
Anche io vorrei stare con loro su quella nuvoletta.