Il naso di Cyrano: marzo 2012

domenica 25 marzo 2012

Poetiche pulizie

Week end di grandi pulizie. E quando dico grandi pulizie, significa che, al termine delle suddette, tutto ma proprio tutto, a casa mia, è stato lavato, sbiancato, lucidato, disinfettato, stirato, apprettato, … insomma, io sono il terrore dei microbi, dei batteri, degli acari della polvere e di tutto ciò che non ama i detersivi.

Nell’epica battaglia contro lo sporco mi assiste e mi conforta la FG, che, lasciati momentaneamente i suoi studi, con un fazzolettone in testa, per non sporcarsi troppo i capelli, si arma di pezze e flaconi e lustra con me superfici e soprammobili.

Le pezze io non le compero al supermercato, me le faccio da sola. Coi lenzuoli vecchi. Mia mamma ha sempre fatto così e io ho seguito il suo esempio, le pezze di lenzuolo sono economiche, puliscono bene, non fanno peluzzi e…sono riciclabili, basta lavarle.

Tra pezze e tappezzerie la mia lavatrice da due giorni gira a ciclo continuo, è nuova, la vecchia si è rotta due mesi fa e consuma poco (classe A+++ risparmio energetico). L’aspirapolvere invece è vecchiotta, funziona ancora bene ma ha un difetto. La FG dice che è egocentrica, infatti vuole tutta l’energia per sé, quando la attivo devo prima spegnere tutto ciò che va ad energia elettrica, altrimenti salta la luce. Per di più la mia aspirapolvere ama solo alcune prese di corrente (la FG dice che per questo è anche snob), io non mi ricordo mai quali prese le vanno bene, stamattina ho fatto quattro tentativi, con relativa interruzione di corrente prima di azzeccare quella giusta.

Mentre puliamo io e la FG sentiamo musica, da due giorni la FG mette sempre lo stesso CD, canzoni spagnole, cantate da Placido Domingo, che a me piace tanto ma comincio ad averne abbastanza! Oggi pomeriggio mentre puliremo in cucina cambieremo disco: canzoni americane, cantate da Placido Domingo!

Non so se è la musica oppure la vena sentimentale ma la FG mentre pulisce costruisce poesie, un po’ surreali, per la verità, un po’ sul genere di Sempremia, l’adorabile personaggio interpretato tanti anni fa dall’indimenticabile Rina Morelli.

Stamattina la FG ha espresso il suo pensiero poetico:” Io penso che la lavatrice non è altro che l’otto volante delle pezze.”

Non oso pensare cosa avrebbe replicato Eleuterio, l’inossidabile marito di Sempremia, interpretato magistralmente da quel grande che era Paolo Stoppa, io non ho detto nulla ma ho pensato:” Ecco l’idea per il post di oggi!”

Il che, direbbe Giovanni Guareschi, è bello e istruttivo.

domenica 18 marzo 2012

Apofonìa

In linguistica, l’apofonia è l'alternanza di suoni vocalici e/o consonantici all'interno del tema di una parola che dà informazioni di tipo grammaticale; per intenderci, se dico “vidi o vedrò” uso sempre il verbo vedere ma in un caso ho il tema “vi” e nell’altro il tema “ve”.

La FG ama particolarmente le apofonie e si diverte ad identificarle; deformazioni tipiche di una linguista.

Talvolta le apofonie la FG se le inventa o utilizza quelle inventate da altri.

Istigata da un articolo di Nonciclopedia, spesso usa, per definire l’utente del web, la falsa apofonia “L’utonto” che nella variante grafica dei dialetti mediani italici può essere intesa come “Lu tonto”, quindi “L’imbecille, l’idiota”.

Per la FG, l’utonto è colui che, navigando su Internet, si perde nei meandri della rete ma anche è colui che non riesce ad inviare una mail, a salvare un documento, a costruire una tabella e via discorrendo.

Nella variante femminile l’utonto diventa “L’utonta” e spesso con tale appellativo la FG designa Me.

Ora: è vero che qualche volta, raramente, chiedo aiuto alle figlie ma, mi chiedo, una che le ha messe al mondo a fare se non può nemmeno chiedere aiuto? Loro ci sono nate nell’era del computer, io no.

E poi io con il pc so fare un sacco di cose: io navigo nel web meglio di Ulisse, sir Francis Drake e sir Orazio Nelson; riesco sempre a trovare ciò che cerco; so produrre e archiviare documenti, uso correttamente programmi per creare presentazioni e biglietti di auguri, invio mail e allegati a chiunque.

E’ vero, non sono tanto brava con i fogli di calcolo elettronici ma, in effetti, io non sono proprio brava nel calcolo e poi non è che mi serva a molto.

Anche con i programmi di grafica non vado troppo bene, so modificare solo in parte le immagini ma non è tanto importante: in fin de conti sul web trovo tutte le immagini che mi servono così come sono.

Francamente, non mi considero un utonto; per una come me, nata quando ancora i libri potevano essere letti solo se stampati su carta e il telefono era solo quello di casa, con il cavo e la rotella con i buchi per comporre numeri, quello che ho imparato è molto e molto ho intenzione di imparare ancora.

Per le mie figlie, però, io sono e sarò sempre un utonto, un luser, un dummy, in sostanza, una rompiscatole che, ogni tanto, chiama disperatamente chiedendo aiuto perché non sa usare il computer.

“Nota della FI, schiavizzata per scrivere sotto dettatura: Per essere chiari, io apprezzo gli sforzi di Madre con il pc, ma è il pc che non la apprezza abbastanza, motivo per cui io vengo chiamata: non riparo ai suoi errori, convinco il pc a rinunciare allo sciopero. Per inciso attenzione: se state troppo in contatto con questa donna vi contagerà. No davvero, l’ultima volta che le ho riparato il pc poi sono andata da un amico a sistemare il suo. E’ quasi esploso. Il computer, non il mio amico. Essa genera campi magnetici mefitici! Tempeste magnetiche! Il terrore dei supereroi!”

domenica 11 marzo 2012

Biblioteca

Oggi vi regalo una definizione di Terry Pratchett, riguarda le biblioteche, io la trovo assolutamente vera e bellissima:

“Le grandi collezioni di libri … distorcono lo spazio, cosa che può facilmente riconoscere chiunque si sia trovato in un negozietto davvero antico di libri di seconda mano, uno di quelli che sembrano progettati da M. Escher in un giorno in cui aveva la luna storta, che hanno più scale che piani e una serie di file di scaffali che terminano con porticine decisamente troppo piccole per permettere il passaggio di un uomo di taglia media.L’equazione calzante è: sapere = potere = energia 0 materia = massa; una buona libreria non è altro che un buco nero distinto e istruito.”

E’ proprio così: un bellissimo buco nero che si apre su mondi paralleli e fantastici, attraversandolo si incontrano avventure incredibili e personaggi affascinanti: si può incontrare gente interessante come Minerva Mc Grannit o Cyrano, si può far conoscenza con i cattivi più cattivi, come Voldemort o Uriah Heep, si può ballare il valzer con il principe di Salina o con il conte di Montecristo, ci si può innamorare di Rochester o magari di Piton.

Insomma, attraversando quel buco nero, si possono vivere mille vite, tutte più attraenti di quella che siamo costretti a vivere nella realtà.<

domenica 4 marzo 2012

Perfidia.

Oggi sono stanca morta e, per una volta, mi riposo, così il consueto post domenicale lo ha scritto la FG, vedrete che non ci perderete nel cambio.

Ero su un autobus imprecisato in un luogo imprecisato in un lasso di tempo estremamente breve e, a modo suo, preciso: una fermata.
Questo autobus imprecisato era moderatamente pieno di gente ed io mi ritrovai in piedi, a poca distanza dalla porta centrale, quasi accanto all’ultimo sedile prima di essa.
Sul sedile c’era una signora giovane, di colore e incinta e fra me e lei un ragazzo dalla testa rasata che le urlava insulti e le diceva che non poteva stare seduta lì per via del suo colore di pelle.
Sentivo il pesante accento romano di quel ragazzo riempire l’autobus e mi voltai ad analizzare le reazioni degli altri passeggeri: Sgomento, fastidio, l’immobilità di chi cerca qualcosa da ribattere. Il più pensoso sembrava un ragazzo situato all’altro lato della porta, immagino stesse cercando un modo di reagire nonostante le quattro persone frapposte fra lui e il razzista dal cranio rasato.
Ad un certo punto le vocali strascicate e i contenuti abietti del discorso di quel tizio mi invasero totalmente la testa: vidi che la signora di colore si stava alzando nella speranza che questo placasse il suo aggressore. La fermata era ormai visibile.
Senza nemmeno capire quello che stavo facendo, mi avvicinai all’armadio dal cranio rasato come per chiedere permesso (sapevo di dover scendere all’altro capolinea ma è ciò che feci), restando muta, le mani in avanti come se volessi spostare gentilmente quell’orrendo tizio.
Senza dire una parola, incredibilmente, il tizio iniziò silenziosamente a muoversi all’indietro per lasciarmi spazio. Le mie mani rimasero in avanti continuando, apparentemente, ad invocare spazio mentre plasmavano un movimento silenzioso che stava conducendo il disturbatore rasato verso le porte centrali che, nel frattempo, si erano aperte.
Non solo si erano aperte, stavano anche iniziando il loro movimento di chiusura.
Con le mani accompagnai docilmente la discesa dell’insoffribile disturbatore, come se dovessi scendere a mia volta, solo che, mentre le porte si chiudevano, io ritrassi le mani e, con un sorriso a trentadue denti, sollevai la destra facendo ciao ciao al ragazzo rasato che mi guardava con aria bovina.
Con tutto il rispetto per la classe bovina, lo sguardo di colui fu tale da incarnare la parola “sguardo bovino” al punto di renderla tangibile, più di quanto potrà mai renderla tangibile lo sguardo di alcun bovino effettivo (indipendentemente dalla sua razza o nazionalità).
Il ragazzo dall’altra parte della porta mi guardò esterrefatto, e mi disse – Ma lo hai buttato giù dall’autobus!!! – Senza capire che, io stessa, non me ne ero resa conto prima di aver terminato la mia azione.
Tentennai un momento, poi lo guardai e gli dissi con un’aria più compita di quanto avrei voluto – Mi spiace ma io i razzisti proprio non li sopporto. – Il ragazzo annuì ma non rispose.
Una signora anziana, che era seduta ad un posto abbastanza vicino a noi, sorrideva molto soddisfatta.
Quando ho raccontato questo episodio a mamma, lei ha cominciato a ridere, felice e, credo, piuttosto orgogliosa di me.

E ancora rido tutte le volte che ci viene in mente la perfida vendetta della Piccola giustiziera antirazzista!