Il naso di Cyrano: ottobre 2012

domenica 28 ottobre 2012

Commando d'assalto



Io e mio marito siamo stati genitori severissimi (soprattutto io); in particolare eravamo inflessibili riguardo all’ora del sonno. Vuoi perché la sera ne avevamo abbastanza di stare dietro alle due criminali, vuoi perché il giorno dopo quelle dovevano andare a far danno a scuola, alle nove di sera dovevano spegnere la luce e dormire.
So bene, che alcuni dei miei lettori, leggendo quanto sto scrivendo, inorridiranno, loro vanno a letto alle due di notte! Poi, la mattina a scuola dormono.
Dopo cena (noi abbiamo sempre cenato all’inglese (verso le sette di sera), le figlie potevano vedere per mezz’oretta i cartoons, per anni ci hanno fatto compagnia l’Uomo tigre, Ranma, City Hunter e, soprattutto, Lupin con l’immancabile Zazà, l’ispettore Zenigata, debitamente tonto.
Alle otto e mezza le figlie venivano spedite a letto dove, per mezz’ora si tuffavano nelle storie dei libri, in effetti erano e sono lettrici accanite quanto me; alle nove il padre cantava loro la ninnananna che consisteva in canzoni di De André, Vecchioni e nell’immancabile “Pesciolino non piangere più”, tristissimo canto dal film Capitani coraggiosi. Mio marito era l’uomo più stonato della terra, cantate da lui quelle musiche diventavano altro. Quando le figlie sentirono quei canti interpretati da altri non li riconobbero ma, quando era il momento di spegnere la luce, a loro andava bene così.
Terminata la cerimonia finale, il bacio della buonanotte, si spegneva la luce e …. entrava in azione il commando d’assalto!
Le due delinquenti, organizzatissime, si dedicavano alla disobbedienza civile. Se i grandi restavano svegli, anche loro se ne sentivano in diritto e per i diritti si combatte! Glielo avevamo insegnato noi, purtroppo o per fortuna, non so.
Le azioni di guerrilla erano sostanzialmente due: alzarsi, silenziosissimamente e, passando dalla parte della sala da pranzo, scivolare come fantasmi dietro le nostre poltrone e guardarsi il programma che stavamo guardando noi, ignari genitori, filandosela poco prima della fine per non essere scoperte. L’operazione richiedeva destrezza e abilità: gattonamento fino alla sala da pranzo senza essere viste, percorso da marines scivolando sotto le sedie della sala da pranzo, controllo della concentrazione dei genitori su quanto stavano vedendo, scivolamento nel tratto scoperto tra il tavolo e il retro delle poltrone; al termine del programma si doveva fare il cammino inverso: un vero percorso di guerra! L ’altra tattica di sopravvivenza notturna ai genitori, se in televisione non c’era nulla di interessante, era quella di munirsi di torcia a pile e di leggere sotto le coperte in modo che la luce non filtrasse.
Inutile da parte nostra ogni tentativo di sconfiggere l’associazione criminale: abbiamo sequestrato decine di torce ma le sciagurate riuscivano sempre a procurarsene altre,  se ci guardavamo alle spalle, loro non c’erano mai … in quel momento, roba da rendere invidioso anche il Che!
Ormai le figlie sono grandi e vanno a letto quando vogliono, possono vedere la televisione e, soprattutto, leggere a loro piacimento e anche a loro, come spesso accade a me, è capitato di fare mattina, leggendo per tutta la notte un libro particolarmente affascinante.
Ovviamente, anche loro, come me, la mattina dopo vanno al lavoro o in facoltà con gli occhi da panda e la reattività di un bradipo!

martedì 16 ottobre 2012

24 ore



Quando abbiamo cambiato Governo io sono stata contenta per mille e più motivi.
Uno tra i tanti, neanche il più significativo, è stato che finalmente ci eravamo liberati di famigerate ministre della Pubblica Istruzione (lo so che il ministero non si chiama più così ma io amo l’aggettivo “Pubblica” riferito alla scuola, intesa come servizio ai cittadini).
A fine estate ho ricevuto una mail, firmata dal nuovo ministro della Pubblica Istruzione con gli auguri per il nuovo Anno Scolastico. Non mi è piaciuta quella lettera e, se ricordate, ho scritto un post nel quale esponevo tutte le mie riserve.
In questi giorni il ministro propone la originalissima riforma: i professori lavorino 24 ore a settimana in vece che 18.
Non mi sono neppure infuriata, ormai da quelli che comandano mi aspetto di tutto, non replicherò al ministro perché tanto questi se ne infischiano e davvero non si preoccupano di acoltarci; parlerò invece a voi, miei cari, gentili 25 lettori.
Intanto diciamo che la proposta del ministro non è affatto originale, già le famigerate precedenti responsabili della Pubblica Istruzione l’avevano tirata fuori in varie occasioni; del resto, poiché la maggioranza dei docenti non vota per il loro partito, era abbastanza naturale che esse volessero vendicarsi. La cosa è sempre caduta, forse perché i prof. scioperano poco ma quando lo fanno sono davvero tanti e fanno male.
Non so esattamente quali siano le motivazioni dell’attuale ministro, credo il risparmio, visto che le ore in più non ce le pagherebbero, nella stessa riforma, però, sono previsti finanziamenti per le scuole private!.
Se la cosa andasse in porto, lo stipendio degli insegnanti laureati italiani sarebbe inferiore al salario dei metalmeccanici (attualmente è uguale).
Gli insegnanti italiani, in realtà, non lavorano soltanto 18 ore a settimana: essi devono presenziare una o due volte a settimana a riunioni quasi sempre inutilissime. Inoltre gli insegnanti, quelli seri e professionali, ovviamente, usano una cospicua parte del loro tempo per la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni e delle attività, l’organizzazione del materiale e l’aggiornamento. Non saprei generalizzare ma, riferendomi a me stessa, posso dire che io a settimana  mediamente lavoro altre 20 ore oltre alle 18 di lezione in classe, all'ora di riceviento e a quelle delle riunioni.
Il tutto per un salario da operaio.
Forse aveva ragione quell’ alunno di una scuola dell’estrema periferia romana che mi disse:” Professoré, tu hai studiato tutti st’anni, te sei fatta ‘n mazzo così pe’ che? Mi’ padre ‘a notte va a rubba’ du’ motorini e arza più de te in un mese!”
Forse aveva ragione!

domenica 14 ottobre 2012

Connessioni



PC, notebook, tablet,e-reader,  cellulari, fotocamera digitale….Sono circondata da meravigliosi  aggeggi elettronici che mi permettono di leggere, studiare, comunicare, creare, saziare la mia insaziabile curiosità, fantastiche invenzioni del genio umano… ma…
Eh sì, purtroppo c’è un ma! Ognuno dei suddetti apparecchi ha almeno due cavi (alcuni anche di più), uno per la connessione alla rete elettrica e uno per il collegamento ad altre apparecchiature. Il problema non è il cavo in sé, il problema sta nel fatto che ogni aggeggio ha attacchi diversi, quindi ogni apparecchio deve avere due cavi diversi! Il che significa che il povero utente (che assai spesso è piuttosto un utonto!) deve districarsi tra una dozzina di cavi diversi. Io, per non impazzire, conservo i cavi in posti diversi a seconda dell’aggeggio ma la gestione è comunque complessa.
Mi chiedo: perché non realizzare attacchi uguali per tutti gli apparecchi?
Possibile che i cervelloni, capaci di inventare strumenti così duttili da sembrare magici, non siano stati in grado di sviluppare un’idea tanto elementare? La tecnologia dovrebbe servire a semplificarci la vita non a complicarcela!
A meno che la faccenda non sia voluta per oscuri motivi; magari i cervelloni hanno pensato che , va bene, la tecnologia è fatta per renderci la vita più semplice ma non troppo semplice!

domenica 7 ottobre 2012

Spaccio



Ebbene si! Siamo una famiglia di spacciatori, anzi di spacciatrici.
Io, la FI e la FG non spacciamo eroina, coca e altre zozzerie simili, quello che spacciamo noi, nella maggior parte dei casi, non produce danni all’organismo o ai neuroni. Anzi.
Noi spacciamo storie.
La nostra è merce di qualità, la testiamo su cavie umane: noi stesse.
Le storie che leggiamo, che ci coinvolgono, che ci fanno ridere o piangere, noi le consigliamo agli altri.
Spesso capita che una storia che ci ha appassionato appassioni anche il “cliente”, spesso un parente o un amico che, come noi, sviluppa una dipendenza dall’autore.
Quando un autore con una storia ci ha “preso”, andiamo a cercare tutte le altre opere che ha scritto, con certosina pazienza, con sherlockiana puntigliosità esploriamo siti internet e polverose biblioteche, chiediamo aiuto agli amici sparsi per il mondo, investighiamo sulle bancarelle dell’usato, crocifiggiamo commessi di librerie (spesso felicissimi di farsi martirizzare in quanto anch’essi libro-dipendenti) finché non troviamo quello che cercavamo.
E poi spacciamo. Segnaliamo le opere, spesso intere bibliografie, a chiunque sia interessato.
Quest’estate, ad esempio, ho consigliato a mia sorella e alla mia mamma un romanzo di Marco Malvaldi, toscano, autore, tra l’altro, dei deliziosi gialli ambientati al barLume, locale gestito dal protagonista Massimo, affiancato da quattro terribili nonnetti toscani.
Dopo aver letto il primo romanzo entrambe le mie congiunte hanno chiesto, con espressione famelica, se l’autore ne avesse scritti altri. Avendo ricevuto da me risposta positiva, le due care famigliari, per altro mediocri lettrici, si sono tuffate in libreria, hanno acquistato l’opera Omnia di Malvaldi e se la sono divorata ad impensabile velocità. Mi hanno confessato entrambe che in alcuni punti della lettura non riuscivano ad andare avanti perché, dal troppo ridere, avevano le lacrime agi occhi.
Le ho tranquillizzate spiegando che quello è un effetto collaterale dell’irresistibile comicità di Malvaldi.
L’inverno scorso la FG fece conoscere alla sua insegnante di letteratura inglese Terry Pratchett, autore inglese non dei più noti.
La docente acquistò alcuni testi, leggermente incuriosita dall’entusiasmo con il quale la FG pubblicizzava il “prodotto”.
Attualmente, la seria e compunta docente è diventata Pratchett-dipendente: acquista e legge tutto quello che si riesce a trovare del mitico Sir Terence (Pratchett è stato creato baronetto da Sua maestà Britannica Elisabetta II).
Anche la FI spaccia storie ed autori ad amici e conoscenti, quest’estate si è   dedicata alla diffusione dei libri di Roberto Vecchioni che, come narratore, è anche meglio di come canta.
Insomma, spacciando, diffondiamo cultura, svago, divertimento. Peccato che tra i miei clienti non ci siano i miei alunni. Ho provato a vendere anche a loro la mia merce ma non c’è nulla da fare: sono refrattari, ho tentato in tutti i modi e mi sono arresa… loro non sanno quello che si perdono!