Il naso di Cyrano: marzo 2007

venerdì 30 marzo 2007

Afona!!


Ciao ragazzi,

qui è prof. Tess che vi parla. Cioè che vi scrive, parlare non posso perché ho perso completamente la voce, il che per me è una faccenda terribile, perché con la voce ci lavoro e perché mi piace parlare.
Speriamo che la cosa finisca presto.
Le materie che avete perso oggi le recuperiamo mercoledì prossimo, passate voce ai compagni e mercoledì portate Storia e Antologia.
Ciao a presto e STUDIATE!!!!!!!
prof Tess

mercoledì 28 marzo 2007

Pensiero profondissimo









Ogni tanto capita che le mamme sappiano cucinare alcune cose stupende tipo i carciofi alla romana, e che li sappiano fare così teneri ma così teneri che si sciolgono in bocca.
La parte più tenera e saporosa di un carciofo alla romana è il cuore, una delizia che ti si scioglie letteralmente sulla lingua prima ancora che tu sia riuscito a chiudere la bocca.
È così che in un momento di estasi totale su quel meraviglioso boccone vegetale ho avuto un pensiero profondissimo:


“ Certo che le ragazze che si cercano l’uomo dal cuore d’oro sono proprio sceme.
Non ci arrivano a capire che si devono cercare un uomo con il cuor di carciofo!”

La FG








martedì 27 marzo 2007

Storia della cravatta

La FG aveva sei anni e, quel giorno, doveva fare la recita.
Era la sua prima recita, nel senso che i suoi compagni ne avevano già fatte due, all’asilo e in prima elementare. Le maestre avevano costretto la FG a salire sul palco ma lei si era categoricamente rifiutata di dire una parola. Io ero triste, io amo il teatro, a scuola faccio i laboratori di teatro, una figlia così non me l’ aspettavo.
In seconda elementare le divampò la passione: era una recita sulle note, si intitolava “Musica, Maestro!” e lei interpretava la nota MI. Era gasatissima e io ero stravolta.
A parte che io insegnavo in un paese a 80 chilometri da casa mia e viaggiavo tutti i giorni, a parte che mi alzavo all’ alba, a parte che facevo tutto di corsa, erano tre mesi, TRE MESI, che in ogni istante che passavo a casa sentivo ripetere le battute della dannata recita e le canzoni, peraltro assai graziose, che la FG avrebbe dovuto cantare.
Era sabato, ero tornata dal lavoro appena in tempo per riprendere lei da scuola, l’ avevo fatta mangiare pregando che si sbrigasse ( la recita cominciava alle cinque del pomeriggio ma la maestra voleva i ragazzini in teatro per le due), lei ama mangiare e, di solito, mangia molto lentamente per gustare il cibo ( i piselli se li mangiava UNO ALLA VOLTA). Quel giorno mangiò a velocità ultrasonica. Stavo lavando i piatti, lei era già in divisa bianca e blu, quando rientrò il padre di mia figlia, stravolto come al solito e, come al solito, in jeans e camicia, gli diedi un’ occhiata distratta e gli dissi di farsi un panino.
La figlia lo squadrò dal basso del suo metro e dieci scarso e, con aria molto decisa, affermò:” I padri delle figlie che recitano si mettono la giacca e la cravatta” e se ne andò. Lui, smise di prepararsi il panino e la seguì, io seguii lui pensando:” Adesso gliele suona!”, invece lo trovai davanti all’ armadio aperto che guardava le cravatte.
Ora dovete sapere che mio marito aveva molte cravatte ma le odiava tutte di un odio implacabile, non sopportava quegli affari intorno al collo, non voleva indossare uno di quegli aborriti arnesi neppure il giorno del matrimonio, dovetti implorarlo. Non che me ne importasse molto ma per mia madre sarebbe stato un colpo mortale se si fosse presentato all’ altare senza. Lui me lo rinfacciò per anni.
Stava davanti all’ armadio e prese una cravatta, una camicia pulita e un completo. Lo guardai inferocita “ Io ti ho dovuto supplicare il giorno del matrimonio e, adesso, per tua figlia non batti ciglio e ti vesti di tutto punto!?” sibilai, inferocita.
“Tu me lo hai chiesto, lei ha fatto un’ affermazione di principio” mi rispose candidamente “E come fai a non accettare un’ affermazione di principio?”.
Venne alla recita in completo e cravatta, la figlia recitò benissimo e si prese un mucchio di applausi ma la soddisfazione più grande l’ ebbe nel tornare a casa tenendo stretta la mano del suo papà, per una volta, molto elegante.


Il che, direbbe Guareschi, è bello e istruttivo

mercoledì 21 marzo 2007

Saluti da Cesira



Questo post è firmato Cesira, cioè, sono sempre io, Tess, però nella personalità di Cesira.
Lo so che non state capendo niente ma, tranquilli, adesso vi spiego.
Normalmente io sono una più o meno tranquilla signora, di professione insegnante, con tanti begli hobbies e tanti interessi. Conduco una vita un po’ frenetica ma non mi lamento, lavoro, faccio la spesa, mi diverto, pulisco la casa quasi tutti i giorni, compatibilmente con il lavoro. Periodicamente, però, mi trasformo. Non è a causa di una formula chimica, come per il dottor Jeckill che diventava Mr. Hyde, la colpa è della mia mamma che tra i suoi obiettivi educativi aveva anche quello di farmi diventare una perfetta padrona di casa, lei diceva sempre:” Chi non sa fare non sa comandare” e a me e a Cat ha insegnato a far di tutto, anche le pulizie approfondite.
Così, ogni tre, quattro mesi, mi scatta il complesso di Cesira: comincio a considerare con occhi critico i vetri delle mie finestre, i lampadari e tutte quelle parti della mia casa che non pulisco proprio sempre.
E allora divento Cesira: mi armo di pezze, scopettoni, scopettoni, detersivi e comincio le grandi manovre. Che durano circa una settimana e che sono una faccenda infernale.
Il mio aiutante di campo nella lotta contro lo sporco e la polvere è Cettina, cioè la FG che, anche se preferirebbe evitarlo, mi dà una mano.
Ora vi chiederete: ma perché non fai fare le pulizie ad una colf?
Per due motivi: il primo è che oggi una colf ha un onorario superiore a quello di un primario ospedaliero e io non posso permettermelo, il secondo è che, ogni volta che mi sono avvalsa della collaborazione di una colf ho dovuto pulire di nuovo perché non ero soddisfatta del suo lavoro.
Io sono una dannata perfezionista, lo so, se le cose non sono fatte a regola d’ arte non posso accontentarmi e nessuna colf al mondo potrà fare le pulizie come dico io, così periodicamente parto all’ attacco dello sporco.
Quello che proprio non sopporto è che, per qualche misteriosa ragione, Giove Pluvi ce l’ha con me, infatti tutte ma proprio TUTTE le volte che faccio le grandi manovre, appena ho finito di lavare le finestre, viene giù il finimondo e i vetri sono di nuovo pieni di schizzi.
Caro Giove, non potresti ogni tanto dimenticarti di me?
Cesira/Tess

domenica 18 marzo 2007

Rossana




Che le caramelle mi piacciono ve l’ ho già detto.
Ora, parliamo un po’ di come si mangia una caramella.
Innanzi tutto, una considerazione fondamentale: una caramella non si mangia, si ASSAPORA. C’ è una bella differenza, non vi sembra?
Detto questo, resta da dire che le caramelle si assaporano più o meno tutte allo stesso modo: si mettono in bocca, si succhiano un po’ e poi si mordono, specialmente quelle con il ripieno.
Tutte, tranne una: la meravigliosa, incomparabile, divina Rossana.
Per la Rossana la tecnica fin qui descritta, che chiameremo “Tecnica dei due tempi” (succhia e mordi), non è assolutamente adeguata, per la regina delle caramelle ci vuole la “Tecnica dei TRE tempi”.
Eccola qui: inserire, dopo averla scartata, la caramella in bocca, lasciarla un po’ a sciogliersi e gustarne il sapore, quando i due lati corti saranno un po’ sciolti, succhiare il ripieno e abbandonarsi alla sua sinfonia di gusto, infine mordere la caramella, il ripieno restante e il guscio si fonderanno in un’ ultima impennata di aromi e sapori.
Poi, se vi va e se non avete problemi ai denti, scartatene un’ altra e ripetete l’ operazione ma, ATTENZIONE, se lo fate troppo spesso potreste diventare Rossana dipendenti. Come me!

mercoledì 14 marzo 2007

Omaggio floreale


Questo bellissimo disegno lo ha fatto Anna, una mia collega gentile e io lo voglio mettere sul mio blog perché mi piace tanto.

Grazie Anna, a proposito, quello che vedi è in formato jpeg, non ho avuto alcun problema a salvarlo con questo formato.

ciao e grazie

Tess

lunedì 12 marzo 2007

Letture d' infanzia


Quando io ero una ragazzina i figli si allevavano spartanamente. Se desideravamo qualcosa, io, mio fratello ( da ora in poi GS ) e Cat dovevamo guadagnarcelo, nel senso che dovevamo studiare e fare il nostro dovere.
Regali ne avevamo, a Natale e per il compleanno. Io e GS, in genere, chiedevamo libri, eravamo e siamo rimasti appassionati lettori.
Cat, invece, non leggeva, è un piacere, quello di leggere, che ha scoperto più tardi, a lei regalavano peluches, ne aveva una collezione.
Io e GS eravamo letteralmente affamati di libri.
Io ho cominciato a sette anni. Babbo Natale mi portò il libro Cuore di De Amicis e me lo lessi facendoci su tanti di quei bei pianti che mi piacque da morire, già da allora mi piacevano i libri tristi! Mi è andata bene, a pensarci, il libro Cuore, letto da un ragazzino moderno, gli leverebbe per sempre la voglia di leggere.
Mio fratello partì con l’ edizione originale dei Tre moschettieri di Dumas, a sette anni, pure lui.
Da allora non abbiamo più smesso.
Il problema era che leggevamo troppo velocemente in rapporto all’ acquisto e alla donazione di libri.
C’ era la bibliotechina di classe e noi la utilizzavamo, eccome! Solo che a Novembre avevamo già letto tutti i libri disponibili.
Allora ci scambiavamo le letture. A quell’ epoca c’erano libri da maschi e libri da femmine, nel senso che a mia madre non sarebbe MAI passato per la testa di regalare a me un libro sui corsari e a mio fratello Piccole donne. Lui riceveva volumi di Salgari, Verne, Conrad e altri autori di avventure, io avevo lo scaffale pieno di Burnet, Alcott, Anguissola ecc:
Così, leggevamo di tutto, aggirando la differenza di sesso, lui, dopo Sandokan, si leggeva il Piccolo lord e io, dopo Priscilla, partivo per il Giro del mondo in 80 giorni con Mr Fogg.
Leggevamo e rileggevamo, sì, rileggevamo più volte i nostri libri quando non ne avevamo di nuovi.
Poi c’ erano le malattie, per noi erano una manna e non perché non si andava a scuola ma perché mia madre, per farci stare tranquilli, quando ci ammalavamo ci regalava libri!
Era bello starsene a letto, sia pure con la febbre, immersi in una storia nuova.
Il morbillo fu una festa per noi, era una malattia che richiedeva una lunga degenza e di libri in quell’ occasione ne avemmo tanti e ci dispiacque parecchio quando guarimmo!
E’ sicuramente per questo che, se oggi io devo risparmiare, posso privarmi di tutto, anche del cibo, ma a casa mia troverete sempre un libro che non ho ancora letto.
Il che è bello e istruttivo

domenica 11 marzo 2007

Paperi 1



E qua è difficile! Sì, parlare dei arcifamosi Paperino&Co è dura, dopo aver letto il magistrale saggio di Baricco su Paperone, qualsiasi lettore troverà le mie parole povere e banali ma scriverò lo stesso, intanto perché magari non tutti avete letto lo scritto del Maestro e poi perché io sono cresciuta a “pane e paperi”. Voglio dire, quando ero piccola io non era come adesso che ci sono centinaia di fumetti ( e alcuni decisamente inadatti ai ragazzini, vigilate, genitori! ), ai miei tempi c’ era poco da scegliere: Corriere dei Piccoli, bellissimo ma lo compravano a mio fratello, Tiramolla che non ci piaceva un granché e Topolino. A me mamma comprava Topolino. Ovviamente poi io e mio fratello ce li scambiavamo da leggere ma questa è un’ altra storia che prima o poi vi racconterò, ora torniamo ai paperi e in particolare al mio preferito: PAPEROGA. Ricordate Paperoga?
La FI dice che è il cugino scemo di Paperino ma io la penso diversamente, io credo che il nostro abbia una sua filosofia di vita che pressappoco deve suonare così:” Io vado avanti per la mia strada, se il resto del mondo non è d’ accordo affari suoi”
Paperoga è completamente pazzo, nel senso che non pensa come gli altri, non agisce come gli altri, non vuole le cose che gli altri vogliono. Cosa vuole? Vivere tranquillo, senza lavorare (ma non è quello che la maggior parte degli uomini vuole, senza osare dirlo?), lui lo fa, con il suo gatto Malachia ( che è un bellissimo nome per un gatto ) vive alla giornata, è una specie di hippy ( nacque, se non sbaglio, proprio nel periodo dei “figli dei fiori” e se non sapete di che sto parlando, ragazzini, chiedetelo ai vostri nonni ), imperturbabile, compare di quando in quando, a casa del cugino e ci si installa, sempre seguito dall’inseparabile gatto, mettendogliela, con olimpica calma a soqquadro (che soddisfazione, avevo sempre desiderato scrivere “soqquadro” in un mio testo ma non mi era mai capitato!).
Ora, cari lettori, che mi conoscete e sapete che io sono una maniaca dell’ ordine, sicuramente vi starete chiedendo:” Ma come fa a piacergli Paperoga, che è un “casinaro” pazzesco?
Forse mi sta simpatico perché gli opposti si attraggono e, poi, Paperoga mette in disordine la casa di Paperino mica la mia!

giovedì 8 marzo 2007

Pepé le pew


Ovvero: Pepé la puzzola. Francese, anzi parigina. E maschio.
Ora che ci faccia una puzzola a Parigi io proprio non lo so ma tant’è Pepé vive a Parigi ed è un latin lover per di più.
Con inequivocabile accento francese parte alla conquista di quelle che egli crede puzzole femmine, convinto che nessuna potrà resistere al suo fascino.
Solo che quelle non sono puzzole ma gatte e sentono la puzza che Pepé, essendo puzzola, emana! E scappano, lo evitano, fanno di tutto per stare alla larga da lui.
Ma lui non demorde. E’ un inguaribile ottimista Pepé, è convinto che la sua preda sia innamoratissima ma che per timidezza o per civetteria, si faccia desiderare.
E’ perseverante Pepé, il suo corteggiamento è pressante e continuo, quando gli va bene, lui è tutto contento, lei molto meno, se invece fallisce e la vittima riesce a sfuggirgli non si mette mai in discussione, è assolutamente e ingenuamente convinto di essere irresistibile, non si agita più di tanto e riparte verso una nuova conquista.
Mi è simpatico Pepé proprio per la sua perseveranza ma talvolta penso che qualcuno dovrebbe spiegargli la differenza che passa tra una puzzola femmina e una gatta!

mercoledì 7 marzo 2007

Scrivere


A me è sempre piaciuto scrivere ma non ho mai pensato che a qualcuno potesse piacere leggere quello che scrivo.In realtà molto spesso quello che scrivo non mi convince molto. Sarà la deformazione professionale a correggere, sarà insicurezza, non so.Invece (lo so che non si comincia un periodo con invece ma qui ci sta tutto) da quando ho cominciato a scrivere il blog, tanta gente mi fa sapere che si diverte a leggermi e questo mi fa piacere.Non solo mia figlia ( che mi ha pure dedicato una lusinghiera recensione sul suo blog ) e mia sorella dicono che scrivo bene, il loro giudizio potrebbe essere inquinato dal fatto che mi vogliono bene ma anche tante persone che conosco appena o che non conosco affatto.Poi ci sono degli alunni che si sono affezionati e leggono i miei pensieri. Mi fa piacere per due motivi: perché mi piace condividere le mie idee con loro e perché,comunque leggono.Così, un po' per migliorare la mia tecnica e un po' per mettermi in gioco ho mandato dei testi sul sito di Scrivere, il corso di scrittura che sta uscendo in edicola.La cosa che mi sembra un po' buffa è che ho un' età che comincia ad essere veneranda e continuo a fare cose,per me, nuove. Certe volte penso di essere un po' matta ma, poiché la mia pazzia non fa male a nessuno, penso che va bene così.

domenica 4 marzo 2007

Gatto Silvestro


E chi non fa il tifo per Gatto Silvestro?
E’ vero, di solito i gatti sono i cattivi nei cartoons, sarà perché anticamente al gatto era associata l’ idea del demonio, sarà perché c’ è un sacco di gente allergica ai gatti ma in genere è così.
Ma consideriamo chi sono gli antagonisti del micio in questione: Tweety, Speedy Gonzales e il canguro.
Analizziamoli.
Tweety: un odioso canarino dal corpo minuscolo e dalla testa enorme, un primo della classe, amatissimo dalla nonna (talvolta l’ età gioca brutti scherzi all’ intelligenza), insomma, un ruffiano di prim’ordine.
Speedy Gonzales, topo velocissimo che se la cava solo per quello, le sue uniche occupazioni sono mettere in difficoltà il nostro eroe e fare la corte alle sorelle dei suoi amici.
Ora un gatto che deve fare? Qual’ è la sua occupazione principale?
Dare la caccia a topi e uccelli. E il povero Silvestro lo fa. Senza speranza. Lui persevera ma è destinato a perdere; se Tom qualche volta riesce ad avere la meglio su Jerry, Silvestro ha davanti a sé l’ineluttabile sconfitta provocata da due arroganti e presuntuosi avversari. Anzi tre, infatti capita al povero Silvestro di avere a che fare anche con un cucciolo di canguro, misteriosamente approdato in America, che il gatto invariabilmente scambia per un topo gigantesco. Il canguro è abilissimo nel pugilato e Silvestro ce le prende sempre. Spesso davanti a suo figlio Silvestrino che per la vergogna nasconde la faccia dentro un sacchetto per il pane.

Ma, dico io, cosa potevano inventarsi gli autori di più crudele che far fare una figuraccia ad un padre davanti a suo figlio?
Ecco perché mi piacerebbe tanto vedere una volta Silvestro e il suo pargolo papparsi topo e canarino seduti sulla pancia del canguro abbattuto da un uppercut!