Il naso di Cyrano: dicembre 2009

mercoledì 30 dicembre 2009

Shakespeare?

Romeo e Giulietta è, tra le tragedie del bardo immortale, la più noiosa, la più squallida, la più improbabile, la più brutta di tutte.
Ormai lo sapete, io e la FG stravediamo per il vecchio Will, non ci perdiamo una messa in scena a disposizione (a parte, naturalmente, quelle dell’osceno Lavia e, semmai dovesse accadere, quelle dell’innominabile Albertazzi) ma entrambe non ci sogniamo proprio di andare a teatro per assistere a quella lagna che narra dei due sfigatissimi innamorati veronesi.
E allora, perché stasera, coinvolgendo anche l’ignara Cat, siamo andate a teatro a vedere “Romeo e Giulietta s’amavano eccome!”?
Semplice, perché non era Romeo e Giulietta. Lo so, non ci state capendo niente, forse pensate che io abbia bevuto troppi cocktails, tranquilli, ne ho bevuto uno solo, dopo lo spettacolo e dopo aver messo Cat, che è astemia, su un taxi che l’ha riportata a casa di mamma.
Adesso vi spiego: stasera siamo andate a vedere una parodia o qualcosa di simile.
Immaginate: una scuola in autogestione, un attore disoccupato tiene un corso di teatro, all’inizio gli allievi, romani e soprattutto romanisti, non se lo filano per niente e pensano solo a giocare a pallone in classe (il sogno di ogni alunno). Piano piano, però, gli alunni sono coinvolti, loro malgrado, nell’impresa di mettere in scena Romeo e Giulietta. Come dire che la partita Shakespeare-Studenti finisce 1 a 0.
Veramente la partita finisce 1 a 1, perché è vero che gli allievi gradualmente rinunciano al pallone e alle canne ma è anche vero che non accettano il tragicissimo finale e se ne reinventano uno più allegro facendo vivere Giulietta e resuscitando Romeo che possono così coronare il loro sogno d’amore.
Il tutto è condito da una bizzarra ironia e da un umorismo che, per una volta tanto, rispetta il mondo dei ragazzi, con i suoi sogni, le sue delusioni, il suo gergo, la sua chiusura agli adulti, pronta però, ad aprirsi quando i vecchi sanno trovare la chiave dialettica (e dialettale) per entrarvi.
Mi sono divertita e una volta di più ho capito quanto è bello il mio lavoro quando riesco a trovare quella benedetta chiave che è, di solito, ben nascosta nella sofferta introversione degli adolescenti.

domenica 27 dicembre 2009

Cronache di una vacanza influenzata 1


Le mie vacanze natalizie sono iniziate malissimo: con l’influenza. Tosse, raffreddore, mal di testa fortissimi mi hanno perseguitato per tutto il mese di Dicembre, a tal punto che ho dovuto prendermi due giorni di malattia perché non sono riuscita ad andare a scuola.
Meno male che avevo comperato la carne per il ragù prima di mettermi a letto. Il resto della spesa l’hanno fatto le figlie.
Mercoledì, anche se stavo ancora male, sono andata alla stazione ad accogliere Cat che è riuscita ad arrivare nonostante il mal tempo, ha ritardato due ore ma almeno è arrivata. L’ho accompagnata da mamma e poi sono tornata a casa e mi sono rimessa a letto perché non mi reggevo in piedi e il mal di testa non mi dava tregua.
Giovedì ho cucinato mentre le figlie mi sistemavano il nuovo cellulare, brontolando contro una madre che pretende come suonerie musiche classiche, come sfondo un dipinto di Magritte e le foto dei parenti.
Comunque, adesso il mio nuovo cellulare mi piace.
Intanto io, praticamente in barella, in cucina spignattavo a tutto spiano: ho preparato una simpatica insalata russa, il sugo di pesce per la sera della vigilia e il mio mitico ragù, per la gioia della FG che è ragù dipendente ma che, soffrendo di colesterolemia alta, se lo può mangiare solo a Natale.
Viste le mie condizioni di salute è praticamente un miracolo che tutto sia riuscito alla perfezione. Entrambe le figlie hanno fatto onore alla mia cucina, io ho mangiato ma, visto che i sapori non li sentivo, causa raffreddore, non posso dare un giudizio personale e devo fidarmi dei complimenti della mia prole che di solito è alquanto parca nel settore.
Ieri siamo andate a casa di mamma per scambiarci i regali; c’erano anche mio fratello e mia cognata. Ho ricevuto dei doni molto carini ma ero ancora notevolmente a pezzi e mi sono stancata parecchio, anche perché la notte mi riesce difficile dormire.
Stamattina, miracolo! Mi sono svegliata senza mal di testa, con poco raffreddore, in compenso ho un bel po’ di tosse.
Così, poiché io sono un’impunita, io, la FG e Cat abbiamo realizzato il programma che avevamo progettato da lungo tempo.
Siamo andate al Palazzo delle Esposizioni a vedere una mostra sullo Spazio e una su Calder, il creatore dei Mobiles, le istallazioni mobili; due mostre diversissime ed affascinanti che ci sono piaciute tantissimo.
Abbiamo pranzato al ristorante situato sul tetto del Palazzo, un posto ipermoderno e minimalista carinissimo, Cat ne è rimasta affascinata.
Nel pomeriggio, dopo una passeggiatina digestiva, siamo andate al Cinema a vedere Sherlock Holmes, film divertentissimo anche per chi non ama i polizieschi. Per chi, come me, li adora è imperdibile: affascinante, ironico, trascinante. Mi sono divertita nonostante la tosse persistente.
Mentre andavamo a prendere l’autobus abbiamo fatto anche un po’ di shopping. Non è mica colpa mia se anche oggi che è domenica i negozi erano aperti! Ho visto un golfino azzurro troooppo carino, non potevo non prenderlo, la FG si è innamorata di un paio di scarpine deliziose e gliele ho regalate. Cat invece non ha trovato le scarpe che sta cercando da mesi, questa volta il modello c’era ma la misura giusta no.
Siamo tornate a casa su un autobus affollatissimo, tra la gente un nonnetto maleducatissimo che spintonava la FG, me ne sono accorta, ho spostato delicatamente la FG e, alla prima curva, sono “caduta” addosso al nonnetto, per la serie “mamma vendicatrix”. Io adoro i nonnetti e ho il massimo rispetto per le persone anziane…educate. Io i maleducati, giovani o anziani, non li sopporto, il nonnetto in questione si è girato ma, visto che la tipa che gli era cascata addosso era “quasi” una nonnetta anche lei, non ha osato protestare.
Insomma, finalmente una bella giornata di vacanza, era pure ora!

domenica 20 dicembre 2009

Mali di stagione


Ho ancora il raffreddore. Da venti giorni mi accompagna giorno e notte, a casa e a scuola e, quel che è peggio anche a teatro. Io odio far rumore a teatro e ancor più ai concerti, ora, quando uno è raffreddato tossisce e starnutisce, quindi fa rumore,. Qualcuno sa insegnarmi come si può trattenere un colpo di tosse? Io non ci riesco e mi odio per questo.
Comunque, questo week end sono andata a teatro a vedere “Il dio della carneficina”di Yasmina Reza. Mi aspettavo una cosa drammaticissima, visto il titolo truce. Invece abbiamo riso dall’ inizio alla fine. Non che il dramma non facesse pensare: in sintesi, due coppie di genitori si incontrano per tentare una riconciliazione dei loro due figli che si sono pestati; all’inizio i genitori si comportano abbastanza civilmente ma poi si scatenano in una serie di recriminazioni che destano l’ilarità degli spettatori. Lo spettacolo mi ha insegnato un concetto fondamentale: quando certi genitori vengono a parlare con me per difendere i loro figli monelli, è molto meglio ridere che indignarsi, almeno non mi faccio cattivo sangue!
I quattro attori sono stati assai bravi, soprattutto Silvio Orlando, ci ha fatto sbellicare dal ridere con le sue battute fulminanti e con il suo inconfondibile stile.
Durante lo spettacolo, ovviamente, ho tossito, ho cercato di farlo il meno possibile ma non è stato facile.
Ieri pomeriggio sono andata all’ Auditorium ad ascoltare un bellissimo concerto di Rachmaninoff. E’ bellissimo starsene sedute nella sala calda e accogliente tutta di legno ed abbandonarsi alla musica. Ho passato due ore fantastiche. La sala era strapiena, nonostante il costo elevato dei biglietti, il pubblico dei concerti è sempre folto. Certo i giovani sono davvero pochi, più che altro siamo persone anziane.
Ieri molti spettatori erano raffreddati ma, stranamente, durante l’esecuzione dell’orchestra non si sentivano molti colpi di tosse. Alla fine di ogni movimento musicale, però, quando per pochi secondi i musicisti tacciono, noi poveri raffreddati eseguivamo un mini concerto per gola e naso.
La FG, che era con me e che non ha il raffreddore, ha notato la faccenda e si è divertita parecchio.

sabato 12 dicembre 2009

Prodigalità e avarizia

Oggi pomeriggio la FG è uscita trascinandosi dietro una madre amletica e anche vagamente machbettiana.
Per la spiegazione lascio la parola alla FG:
Come se non bastasse vivere inseguendo il giorno della laurea, al rientro dall’Università la mia esausta persona, ampiamente stressata da un relatore flocculante, si è ritrovata a combattere con una belva di formato esiguo ma di ferocia notevole: la Mater Natalitia.
Codesta Mater non è placidamente vestita di rosso e fornita di barba e pancione, non canta Jingle Bells o Silent Night, au contraire!
Racchiusa da un maglioncino a collo alto (anti nevralgia), azzurro petrolio (ma reso nero dal suo spirito esistenzialista), l’esimia genitrice è alle prese con la fatica domanda: “che regalare?”.
Domanda che si trasforma rapidamente in un pirandelliano“regalo o non regalo?” ovviamente “regalo” non è possibile infatti un Natale senza regali. L’ovvia conclusione porta, fatalmente, alla nevrosi.
Infatti, cosa si può regalare a chi ha già tutto?
Risposta ovvia di una figlia squattrinata: “qualsiasi cosa poiché basta il pensiero”.
Risposta, molto meno ovvia, di una madre in piena sindrome omicida: “D’accordo ma il pensiero deve appunto essere pensato, deve quindi tener conto dei gusti e degli interessi del ricevente, deve essere originale, nel senso di non ripetitivo, deve dimostrare che si vuol bene alla persona alla quale si fa il dono. Ergo, più che un acquisto è un problema filosofico. ”
Come ben si sa, io, FG, evito accuratamente la filosofia (infatti frequento assiduamente filosofi), quanto meno tento di creare una filosofia spicciola per ricondurre alla calma la genitrice presa dal furor e dalla disperazione: dopo un’ora di tiritere e dubbi, l’amletica donna che mi diede i natali ha abbandonato ogni coraggio e ogni pazienza inveendo contro il Natale e le sue usanze.
Quello che è meno noto è che, in quanto FG ed in quanto figlia e sopportatrice di cotanta madre, conosco un paio di trucchi per ammansirla: giunte che fummo in piazza Navona, folgorante illuminazione, i miei occhi colsero e carpirono, l’immagine di una delizuosa bancarella di frutta candita ricoperta di cioccolato fondente. Quella era la ricetta magica: timidamente proposi il delitto (di lesa dieta naturalmente) alla piccola ma dannosa complice dei miei venerdì, ci siamo comperate e mangiate una decina di squisitissimi cioccolatini.
Sarà che la cioccolata dà buon umore, sarà che questa famiglia si compone di donne lunatiche ma l’accozzaglia di pessimismo che avevo trascinata da piazza Bologna a piazza Navona si è trasformata in una brillante saetta dello shopping: ho risvegliato un mostro.
Assolutamente certa di quanto doveva comprare, la Mater Natalitia ha sfoderato la sua carta di credito e si è lanciata, con entusiasmo, nei negozi del centro.
Felicissima dei suoi acquisti (naturalmente oltre ai doni per i parenti aveva pensato anche a sé stessa), completamente dimentica delle passioni Shakespeariane, dopo una lauta cena, è venuta docilmente con me a teatro.
Abbiamo visto una rivisitazione dell’Aulularia di Plauto, magistralmente interpretata dal grandissimo Gianrico Tedeschi.
Divertentissima. Gli attori erano tutti bravi, la scena coloratissima, le musiche e le luci gradevoli.
La Mater Teatralis si è goduta lo spettacolo ridendo di gusto.
Ed io, che mi sono divertita quanto lei, pensavo che nello stesso pomeriggio avevo visto e toccato due estremi: l’estrema prodigalità di mamma e l’avarizia estrema del vecchio Euclione, il protagonista dell’Aulularia.
E ad esser sinceri, benché la prodigalità di mammina logori i miei nervi e le mie gambe, essa è assai più riposante e più aulica dell’avarizia mediocre criticata dal teatro di Plauto.

domenica 6 dicembre 2009

Beethoven e il raffreddore

Ho il raffreddore: naso chiuso, orecchie dolenti, gola infiammata, tosse.
Forse ho anche la febbre ma non me la misuro perché la febbre, se non te la misuri, ufficialmente non ce l’hai.
È da venerdì che sto così ma, poiché mia mamma ci ha educati alla spartana, venerdì sono andata a scuola e ho fatto le mie quattro ore di lezione.
Ieri sera all’Auditorium c’era un concerto di Beethoven e, per la verità, anche di Richard Strauss ma di Strauss non mi importava molto: è un decadente, la sua musica è alquanto noiosa, la tipica “musica infinita” nel senso che vorresti che finisse presto e ti sembra che stia sempre per finire ma non finisce mai: sulla penultima battuta di un tema, che sembra conclusivo, ne parte un altro e poi un altro e un altro e così via fino a che si perde ogni speranza. Solo allora un botto finale ti sveglia (perché ovviamente uno si addormenta) e se ne torna a casa.
Beethoven è diverso, la sua musica, tutta, è appassionante e io non volevo rinunciare ad ascoltarla.
Così mi sono organizzata: per evitare che il mio trigemino, già infiammato dal raffreddore, scatenasse una riedizione della rivoluzione francese, l’ho placato con una dose massiccia di analgesico e il carognone si è messo tranquillo.
Di solito, quando vado a teatro, mi metto in “alta uniforme”, mi vesto con abiti eleganti adatti alla circostanza. Abiti che, però, non sono particolarmente caldi.
Ieri sera, quindi, non ho potuto vestirmi elegante, mi sono vestita alla parigina, nel senso che mi sono vestita secondo il clima parigino. Forse qualcuno di voi ricorda le straordinarie performances di Maman Pingouin. Insomma, indossavo: calze pesanti, calzettoni, scarpe chiuse impermeabili, pantaloni di velluto, maglione a collo alto, cappottone con cappuccio, ampia sciarpa di lana, immancabile cappellino.
Ho ingentilito il tutto con una bellissima parure di labradorite ma l’effetto finale era piuttosto quello di un caporale della Grande Armée Napoleonica durante la spedizione in Russia piuttosto che quello di una gentile signora diretta ad un concerto.
Però in un certo senso ero in tema: infatti il concerto di Beethoven era quello chiamato Imperatore che il musicista scrisse mentre Napoleone conquistava l’Austria. Concerto bellissimo, dolce e forte nello stesso tempo e ben eseguito sia dall’orchestra di Santa Cecilia che da Mitsuko Uchida, la bravissima pianista che ha eseguito gli assolo in modo magistrale.
Alla fine del concerto stavo decisamente meglio, che la musica di Beethoven abbia anche effetti terapeutici?