Il naso di Cyrano: 2009

mercoledì 30 dicembre 2009

Shakespeare?

Romeo e Giulietta è, tra le tragedie del bardo immortale, la più noiosa, la più squallida, la più improbabile, la più brutta di tutte.
Ormai lo sapete, io e la FG stravediamo per il vecchio Will, non ci perdiamo una messa in scena a disposizione (a parte, naturalmente, quelle dell’osceno Lavia e, semmai dovesse accadere, quelle dell’innominabile Albertazzi) ma entrambe non ci sogniamo proprio di andare a teatro per assistere a quella lagna che narra dei due sfigatissimi innamorati veronesi.
E allora, perché stasera, coinvolgendo anche l’ignara Cat, siamo andate a teatro a vedere “Romeo e Giulietta s’amavano eccome!”?
Semplice, perché non era Romeo e Giulietta. Lo so, non ci state capendo niente, forse pensate che io abbia bevuto troppi cocktails, tranquilli, ne ho bevuto uno solo, dopo lo spettacolo e dopo aver messo Cat, che è astemia, su un taxi che l’ha riportata a casa di mamma.
Adesso vi spiego: stasera siamo andate a vedere una parodia o qualcosa di simile.
Immaginate: una scuola in autogestione, un attore disoccupato tiene un corso di teatro, all’inizio gli allievi, romani e soprattutto romanisti, non se lo filano per niente e pensano solo a giocare a pallone in classe (il sogno di ogni alunno). Piano piano, però, gli alunni sono coinvolti, loro malgrado, nell’impresa di mettere in scena Romeo e Giulietta. Come dire che la partita Shakespeare-Studenti finisce 1 a 0.
Veramente la partita finisce 1 a 1, perché è vero che gli allievi gradualmente rinunciano al pallone e alle canne ma è anche vero che non accettano il tragicissimo finale e se ne reinventano uno più allegro facendo vivere Giulietta e resuscitando Romeo che possono così coronare il loro sogno d’amore.
Il tutto è condito da una bizzarra ironia e da un umorismo che, per una volta tanto, rispetta il mondo dei ragazzi, con i suoi sogni, le sue delusioni, il suo gergo, la sua chiusura agli adulti, pronta però, ad aprirsi quando i vecchi sanno trovare la chiave dialettica (e dialettale) per entrarvi.
Mi sono divertita e una volta di più ho capito quanto è bello il mio lavoro quando riesco a trovare quella benedetta chiave che è, di solito, ben nascosta nella sofferta introversione degli adolescenti.

domenica 27 dicembre 2009

Cronache di una vacanza influenzata 1


Le mie vacanze natalizie sono iniziate malissimo: con l’influenza. Tosse, raffreddore, mal di testa fortissimi mi hanno perseguitato per tutto il mese di Dicembre, a tal punto che ho dovuto prendermi due giorni di malattia perché non sono riuscita ad andare a scuola.
Meno male che avevo comperato la carne per il ragù prima di mettermi a letto. Il resto della spesa l’hanno fatto le figlie.
Mercoledì, anche se stavo ancora male, sono andata alla stazione ad accogliere Cat che è riuscita ad arrivare nonostante il mal tempo, ha ritardato due ore ma almeno è arrivata. L’ho accompagnata da mamma e poi sono tornata a casa e mi sono rimessa a letto perché non mi reggevo in piedi e il mal di testa non mi dava tregua.
Giovedì ho cucinato mentre le figlie mi sistemavano il nuovo cellulare, brontolando contro una madre che pretende come suonerie musiche classiche, come sfondo un dipinto di Magritte e le foto dei parenti.
Comunque, adesso il mio nuovo cellulare mi piace.
Intanto io, praticamente in barella, in cucina spignattavo a tutto spiano: ho preparato una simpatica insalata russa, il sugo di pesce per la sera della vigilia e il mio mitico ragù, per la gioia della FG che è ragù dipendente ma che, soffrendo di colesterolemia alta, se lo può mangiare solo a Natale.
Viste le mie condizioni di salute è praticamente un miracolo che tutto sia riuscito alla perfezione. Entrambe le figlie hanno fatto onore alla mia cucina, io ho mangiato ma, visto che i sapori non li sentivo, causa raffreddore, non posso dare un giudizio personale e devo fidarmi dei complimenti della mia prole che di solito è alquanto parca nel settore.
Ieri siamo andate a casa di mamma per scambiarci i regali; c’erano anche mio fratello e mia cognata. Ho ricevuto dei doni molto carini ma ero ancora notevolmente a pezzi e mi sono stancata parecchio, anche perché la notte mi riesce difficile dormire.
Stamattina, miracolo! Mi sono svegliata senza mal di testa, con poco raffreddore, in compenso ho un bel po’ di tosse.
Così, poiché io sono un’impunita, io, la FG e Cat abbiamo realizzato il programma che avevamo progettato da lungo tempo.
Siamo andate al Palazzo delle Esposizioni a vedere una mostra sullo Spazio e una su Calder, il creatore dei Mobiles, le istallazioni mobili; due mostre diversissime ed affascinanti che ci sono piaciute tantissimo.
Abbiamo pranzato al ristorante situato sul tetto del Palazzo, un posto ipermoderno e minimalista carinissimo, Cat ne è rimasta affascinata.
Nel pomeriggio, dopo una passeggiatina digestiva, siamo andate al Cinema a vedere Sherlock Holmes, film divertentissimo anche per chi non ama i polizieschi. Per chi, come me, li adora è imperdibile: affascinante, ironico, trascinante. Mi sono divertita nonostante la tosse persistente.
Mentre andavamo a prendere l’autobus abbiamo fatto anche un po’ di shopping. Non è mica colpa mia se anche oggi che è domenica i negozi erano aperti! Ho visto un golfino azzurro troooppo carino, non potevo non prenderlo, la FG si è innamorata di un paio di scarpine deliziose e gliele ho regalate. Cat invece non ha trovato le scarpe che sta cercando da mesi, questa volta il modello c’era ma la misura giusta no.
Siamo tornate a casa su un autobus affollatissimo, tra la gente un nonnetto maleducatissimo che spintonava la FG, me ne sono accorta, ho spostato delicatamente la FG e, alla prima curva, sono “caduta” addosso al nonnetto, per la serie “mamma vendicatrix”. Io adoro i nonnetti e ho il massimo rispetto per le persone anziane…educate. Io i maleducati, giovani o anziani, non li sopporto, il nonnetto in questione si è girato ma, visto che la tipa che gli era cascata addosso era “quasi” una nonnetta anche lei, non ha osato protestare.
Insomma, finalmente una bella giornata di vacanza, era pure ora!

domenica 20 dicembre 2009

Mali di stagione


Ho ancora il raffreddore. Da venti giorni mi accompagna giorno e notte, a casa e a scuola e, quel che è peggio anche a teatro. Io odio far rumore a teatro e ancor più ai concerti, ora, quando uno è raffreddato tossisce e starnutisce, quindi fa rumore,. Qualcuno sa insegnarmi come si può trattenere un colpo di tosse? Io non ci riesco e mi odio per questo.
Comunque, questo week end sono andata a teatro a vedere “Il dio della carneficina”di Yasmina Reza. Mi aspettavo una cosa drammaticissima, visto il titolo truce. Invece abbiamo riso dall’ inizio alla fine. Non che il dramma non facesse pensare: in sintesi, due coppie di genitori si incontrano per tentare una riconciliazione dei loro due figli che si sono pestati; all’inizio i genitori si comportano abbastanza civilmente ma poi si scatenano in una serie di recriminazioni che destano l’ilarità degli spettatori. Lo spettacolo mi ha insegnato un concetto fondamentale: quando certi genitori vengono a parlare con me per difendere i loro figli monelli, è molto meglio ridere che indignarsi, almeno non mi faccio cattivo sangue!
I quattro attori sono stati assai bravi, soprattutto Silvio Orlando, ci ha fatto sbellicare dal ridere con le sue battute fulminanti e con il suo inconfondibile stile.
Durante lo spettacolo, ovviamente, ho tossito, ho cercato di farlo il meno possibile ma non è stato facile.
Ieri pomeriggio sono andata all’ Auditorium ad ascoltare un bellissimo concerto di Rachmaninoff. E’ bellissimo starsene sedute nella sala calda e accogliente tutta di legno ed abbandonarsi alla musica. Ho passato due ore fantastiche. La sala era strapiena, nonostante il costo elevato dei biglietti, il pubblico dei concerti è sempre folto. Certo i giovani sono davvero pochi, più che altro siamo persone anziane.
Ieri molti spettatori erano raffreddati ma, stranamente, durante l’esecuzione dell’orchestra non si sentivano molti colpi di tosse. Alla fine di ogni movimento musicale, però, quando per pochi secondi i musicisti tacciono, noi poveri raffreddati eseguivamo un mini concerto per gola e naso.
La FG, che era con me e che non ha il raffreddore, ha notato la faccenda e si è divertita parecchio.

sabato 12 dicembre 2009

Prodigalità e avarizia

Oggi pomeriggio la FG è uscita trascinandosi dietro una madre amletica e anche vagamente machbettiana.
Per la spiegazione lascio la parola alla FG:
Come se non bastasse vivere inseguendo il giorno della laurea, al rientro dall’Università la mia esausta persona, ampiamente stressata da un relatore flocculante, si è ritrovata a combattere con una belva di formato esiguo ma di ferocia notevole: la Mater Natalitia.
Codesta Mater non è placidamente vestita di rosso e fornita di barba e pancione, non canta Jingle Bells o Silent Night, au contraire!
Racchiusa da un maglioncino a collo alto (anti nevralgia), azzurro petrolio (ma reso nero dal suo spirito esistenzialista), l’esimia genitrice è alle prese con la fatica domanda: “che regalare?”.
Domanda che si trasforma rapidamente in un pirandelliano“regalo o non regalo?” ovviamente “regalo” non è possibile infatti un Natale senza regali. L’ovvia conclusione porta, fatalmente, alla nevrosi.
Infatti, cosa si può regalare a chi ha già tutto?
Risposta ovvia di una figlia squattrinata: “qualsiasi cosa poiché basta il pensiero”.
Risposta, molto meno ovvia, di una madre in piena sindrome omicida: “D’accordo ma il pensiero deve appunto essere pensato, deve quindi tener conto dei gusti e degli interessi del ricevente, deve essere originale, nel senso di non ripetitivo, deve dimostrare che si vuol bene alla persona alla quale si fa il dono. Ergo, più che un acquisto è un problema filosofico. ”
Come ben si sa, io, FG, evito accuratamente la filosofia (infatti frequento assiduamente filosofi), quanto meno tento di creare una filosofia spicciola per ricondurre alla calma la genitrice presa dal furor e dalla disperazione: dopo un’ora di tiritere e dubbi, l’amletica donna che mi diede i natali ha abbandonato ogni coraggio e ogni pazienza inveendo contro il Natale e le sue usanze.
Quello che è meno noto è che, in quanto FG ed in quanto figlia e sopportatrice di cotanta madre, conosco un paio di trucchi per ammansirla: giunte che fummo in piazza Navona, folgorante illuminazione, i miei occhi colsero e carpirono, l’immagine di una delizuosa bancarella di frutta candita ricoperta di cioccolato fondente. Quella era la ricetta magica: timidamente proposi il delitto (di lesa dieta naturalmente) alla piccola ma dannosa complice dei miei venerdì, ci siamo comperate e mangiate una decina di squisitissimi cioccolatini.
Sarà che la cioccolata dà buon umore, sarà che questa famiglia si compone di donne lunatiche ma l’accozzaglia di pessimismo che avevo trascinata da piazza Bologna a piazza Navona si è trasformata in una brillante saetta dello shopping: ho risvegliato un mostro.
Assolutamente certa di quanto doveva comprare, la Mater Natalitia ha sfoderato la sua carta di credito e si è lanciata, con entusiasmo, nei negozi del centro.
Felicissima dei suoi acquisti (naturalmente oltre ai doni per i parenti aveva pensato anche a sé stessa), completamente dimentica delle passioni Shakespeariane, dopo una lauta cena, è venuta docilmente con me a teatro.
Abbiamo visto una rivisitazione dell’Aulularia di Plauto, magistralmente interpretata dal grandissimo Gianrico Tedeschi.
Divertentissima. Gli attori erano tutti bravi, la scena coloratissima, le musiche e le luci gradevoli.
La Mater Teatralis si è goduta lo spettacolo ridendo di gusto.
Ed io, che mi sono divertita quanto lei, pensavo che nello stesso pomeriggio avevo visto e toccato due estremi: l’estrema prodigalità di mamma e l’avarizia estrema del vecchio Euclione, il protagonista dell’Aulularia.
E ad esser sinceri, benché la prodigalità di mammina logori i miei nervi e le mie gambe, essa è assai più riposante e più aulica dell’avarizia mediocre criticata dal teatro di Plauto.

domenica 6 dicembre 2009

Beethoven e il raffreddore

Ho il raffreddore: naso chiuso, orecchie dolenti, gola infiammata, tosse.
Forse ho anche la febbre ma non me la misuro perché la febbre, se non te la misuri, ufficialmente non ce l’hai.
È da venerdì che sto così ma, poiché mia mamma ci ha educati alla spartana, venerdì sono andata a scuola e ho fatto le mie quattro ore di lezione.
Ieri sera all’Auditorium c’era un concerto di Beethoven e, per la verità, anche di Richard Strauss ma di Strauss non mi importava molto: è un decadente, la sua musica è alquanto noiosa, la tipica “musica infinita” nel senso che vorresti che finisse presto e ti sembra che stia sempre per finire ma non finisce mai: sulla penultima battuta di un tema, che sembra conclusivo, ne parte un altro e poi un altro e un altro e così via fino a che si perde ogni speranza. Solo allora un botto finale ti sveglia (perché ovviamente uno si addormenta) e se ne torna a casa.
Beethoven è diverso, la sua musica, tutta, è appassionante e io non volevo rinunciare ad ascoltarla.
Così mi sono organizzata: per evitare che il mio trigemino, già infiammato dal raffreddore, scatenasse una riedizione della rivoluzione francese, l’ho placato con una dose massiccia di analgesico e il carognone si è messo tranquillo.
Di solito, quando vado a teatro, mi metto in “alta uniforme”, mi vesto con abiti eleganti adatti alla circostanza. Abiti che, però, non sono particolarmente caldi.
Ieri sera, quindi, non ho potuto vestirmi elegante, mi sono vestita alla parigina, nel senso che mi sono vestita secondo il clima parigino. Forse qualcuno di voi ricorda le straordinarie performances di Maman Pingouin. Insomma, indossavo: calze pesanti, calzettoni, scarpe chiuse impermeabili, pantaloni di velluto, maglione a collo alto, cappottone con cappuccio, ampia sciarpa di lana, immancabile cappellino.
Ho ingentilito il tutto con una bellissima parure di labradorite ma l’effetto finale era piuttosto quello di un caporale della Grande Armée Napoleonica durante la spedizione in Russia piuttosto che quello di una gentile signora diretta ad un concerto.
Però in un certo senso ero in tema: infatti il concerto di Beethoven era quello chiamato Imperatore che il musicista scrisse mentre Napoleone conquistava l’Austria. Concerto bellissimo, dolce e forte nello stesso tempo e ben eseguito sia dall’orchestra di Santa Cecilia che da Mitsuko Uchida, la bravissima pianista che ha eseguito gli assolo in modo magistrale.
Alla fine del concerto stavo decisamente meglio, che la musica di Beethoven abbia anche effetti terapeutici?

sabato 28 novembre 2009

Magia.

A casa mia in questo periodo stanno accadendo strani fenomeni.
La notte scorsa abbiamo spento la televisione e siamo andate a riposare, verso l’una e mezza, però, la televisione si è riaccesa, mi sono alzata e l’ho spenta di nuovo dopo aver accusato del tutto ingiustamente le mie, per una volta, innocenti figlie.
Non ho saputo spiegarmi il fenomeno che si è riprodotto anche alle 4.30 del mattino.
Alquanto infuriata (la parola è un gentile eufemismo, poiché quando io dormo e vengo svegliata nel cuor della notte sono mooolto più che infuriata) sono andata in soggiorno ho nuovamente spento la televisione e, per evitare nuove alzate, ho proprio tirato via la spina dalla corrente e me ne sono tornata a letto, attribuendo il fenomeno piuttosto insolito al passaggio dall’analogico al digitale e tirando una sequela di accidenti alle menti geniali che hanno progettato tale passaggio.
Stamattina mi sono alzata e, dopo opportuno caffè, mi sono messa in moto, nel senso di movimento non di motocicletta.
La FG si è alzata meno zombeggiante del solito poiché aveva un paio di scarpe nuove da sfoggiare, infatti le ha indossate pavoneggiandosi alquanto. Ad un certo punto la mia ineffabile figlia ha unito i talloni ed è rimasta bloccata poiché, per un altro inspiegabile fenomeno, le due scarpe si sono incollate una all’altra.
Io la mattina non ho voglia di ridere. Mai. Ma stamattina sono scoppiata in una risata omerica: la scena era surreale: la FG in posizione di danza, incollata che non sapeva cosa fare.
Ho passato il mio indice tra le due scarpe e l’ho liberata spiegandole che la para delle scarpe aveva fatto presa e l’ho invitata a non unire i talloni. Ovviamente cinque minuti dopo era di nuovo incollata ma stavolta si è liberata da sola.
Sono uscita e sono andata a scuola dove di magico non c’è nulla e ho trascorso una mattinata normale.
Stasera io e la FG siamo andate a teatro a vedere la Tempesta di Shakespeare, opera nella quale la magia riveste un ruolo primario.
Ma, purtroppo, di magia stasera ne abbiamo vista ben poca: Prospero, il protagonista, era una versione sadica di regista impazzito che tormentava gli altri personaggi nei modi più spietati, la figlia Miranda, che normalmente non è poi tanto intelligente, era una perfetta idiota forse perché il padre aveva la malaugurata tendenza a svegliarla con un agghiacciante grido (accompagnato da un tuono in sottofondo che immancabilmente faceva decollare la FG dalla sua poltrona) che avrebbe portato, a detta della FG, il più placido dei figli al parricidio.
Il povero ma perfido Calibano era il ritratto di Smeagle del signore degli anelli, solo più indifeso e più viscido.
Il giovane Ferdinando dimostrava inequivocabilmente che l’uomo discende dalla scimmia e che non si è MAI evoluto.
Ariel, leggiadro spirito dell’aria, era interpretato da un vecchietto che chiunque potrebbe incontrare sull’autobus in orario scolastico.
Magia zero: l’uomo, sogno di un’ombra, era piuttosto l’ombra di un sogno.
Non ho capito bene perché il regista abbia preso un’opera che è la quint’essenza della poesia e ne abbia fatto uno spettacolo aspro e stridente.
Però a me questo spettacolo è piaciuto: il fatto è che, alla fine, quello che emergeva era che la vera magia non è il soprannaturale ma l’agire stesso dell’uomo, il suo progresso, la sua intelligenza.
Alla FG, invece, lo spettacolo non è piaciuto: lei ha studiato quest’opera nella assolutamente perfetta messa in scena Strehleriana del Piccolo di Milano. Non poteva gradire questa versione, nonostante mi fossi rifornita di dolcetti che le ho propinato per tentare di tenerla tranquilla (ovviamente anche io ne ho fatto largo uso) si è agitata per tutto lo spettacolo e, all’uscita e per tutto il tragitto fino a casa, mi ha tenuto una interessantissima lezione su come deve essere rappresentata la Tempesta.
In effetti mi ha tempestato di informazioni, indubbiamente affascinanti ma che io, di venerdì sera, avrei volentieri evitato. Per consolarla (e per mettere fine alle recriminazioni) le ho offerto un salutare e consolatorio cocktail che se non l’ha riconciliata con il regista le ha almeno migliorato l’umore, infatti adesso è qui accanto a me che digita questo post che io le sto dettando.

sabato 21 novembre 2009

Il clandestino

Tornavo dalla spesa, accaldata e con due buste piuttosto pesanti quando mi sono accorta che un capannello di persone stazionava, con aria piuttosto preoccupata, presso l’ automobile della FG.
La FG possiede una vetturetta che non usa praticamente mai poiché vive praticamente sempre all’Università e, quando deve spostarsi, lo fa con i mezzi pubblici.
Ho pensato che qualche mariuolo gliel’avesse aperta per rubare e mi sono avvicinata. Ho chiesto che cosa fosse successo e uno dei presenti mi ha spiegato che dentro la macchina c’era…un gatto! Io il gatto non lo vedevo nell’abitacolo, che era chiuso a chiave, però, in effetti, lo sentivo miagolare, ho chiesto dove fosse e gli altri, preoccupatissimi, mi hanno risposto che la bestiola si era infilata nel vano motore. Li ho guardati perplessa, hanno capito che stavo chiedendomi come diavolo avesse fatto lo sconsiderato animale a cacciarsi là dentro e mi hanno chiarito che l’avventuroso felino era passato nello spazio tra gli pneumatici e la carrozzeria.
A questo punto ho smesso di farmi domande e sono andata a casa a prendere le chiavi della macchina.
Certo che i gatti sono proprio strani! Posso capire che d’inverno, quando fa freddo, cerchino un po’ di calore presso un motore appena spento ma d’estate e in una vettura che non cammina da mesi!
Sono tornata in strada e ho consegnato le chiavi ad una signorina pregandola di aprire lei il cofano, io non ho idea di come si faccia. La signorina ha proceduto all’operazione e dal vano motore è partito a razzo un micetto dal pelo tigrato bianco e rossiccio che viaggiava più o meno alla velocità della luce.
Il gattino ha sorpreso tutti gli astanti, che infatti non sono riusciti ad acchiapparlo, è schizzato via andando ad infilarsi…nel vano motore di un’altra vettura parcheggiata poco distante da quella della FG!
Di chi fosse l’automobile nessuno lo sapeva, la gente ha provato a stanare il diabolico felino piazzando nelle vicinanze un vasetto di cibo per gatti, lui ha sentito il profumo e si è messo a miagolare come un forsennato ma non è uscito fuori.
Non so come sia finita, dovevo preparare il pranzo e me ne sono tornata a casa. Ma perché le madri gatte non controllano quello che combinano i figli?

sabato 14 novembre 2009

Il giuoco delle parti.

Nella vita ognuno riveste una o più parti.
L’importante è interpretarle bene queste benedette parti. Io cerco di fare del mio meglio, se ci riesco sta agli altri dirlo, quel che è certo è che spesso sono circondata da pessimi attori.
Così, per sopravvivere a questo brutto spettacolo che è la vita, il venerdì sera me ne vado a teatro. Con la FG che la parte di figlia la interpreta a meraviglia.
Stasera, dopo la solita devastante settimana, sono andata al Quirino a vedere il “giuoco delle parti” di Luigi Pirandello.
Io il giuoco delle parti l’avevo già visto, con la regia del divino Giorgio De Lullo e l’interpretazione, mostruosamente perfetta, dei mitici Romolo Valli, Rossella Falk e Carlo Giuffré. Perciò, stasera, pensavo che sarei rimasta oltremodo delusa.
Vi chiederete: “ Ma allora perché ci sei andata?”
Ci sonno andata perché è sempre bene sperimentare e provare nuove esperienze, anche a rischio di rimanere delusi.
Infatti non sono per niente rimasta delusa.
Intendiamoci, la rappresentazione di stasera non aveva niente a che fare con quella meravigliosa della Compagnia dei Giovani ma non era neanche da buttar via.
Pirandello c’era, il suo mondo di maschere e vita, la sua inconfondibile Weltanschaung c’era, il suo particolare linguaggio c’era. A mio giudizio.
A giudizio della FG invece… la rappresentazione (notevolmente turbata da tre carampane logorroiche sedute davanti a noi) è iniziata a singhiozzo, Silia stentava a ritrovare sé stessa, Leone bisbigliava dove si richiedeva enfatizzasse e Filippo detto Socrate era inesistente.
Il guaio è che il giuoco delle parti cojn la regia di De Lullo, in DVD, lo ha visto anche la FG e le è anche piaciuto molto.
Alle volte penso di aver creato un mostro: alle altre ventenni piacciono il Grande Fratello e la musica Pop, alla FG piacciono i drammi e Rossini, oltretutto è anche ipercritica, filologa, perfezionista.
Il risultato?
Mezz’ora di critica spietata e feroce che ho dovuto subire mentre tornavamo a casa.
Neppure il cappellino nuovo, assolutamente delizioso, che avevo acquistato prima di entrare in teatro, è riuscito a distogliermi dalle sue geremiadi, così ho pensato di ricorrere ad un metodo infallibile per restituirle il buon umore: l’ho invitata a bere un cocktail. Ovviamente ne ho bevuto uno anch’io.
Il metodo è infallibile, infatti alla FG è tornato il buon umore e siamo tornate a casa allegre e serene.

sabato 7 novembre 2009

La Notte dell’Angelo

Ieri sera a teatro ho visto un dramma di Bordon: La notte dell’Angelo.
Una storia semplice e complicata di figli che adorano i genitori, di genitori che se ne infischiano dei figli oppure li amano in modo sbagliato; la storia di tre personaggi che hanno tre storie diverse che poi sono la stessa storia. La stessa eterna storia: quella della vita. Tre figli: un vecchio, una donna, un ragazzo.
La donna è la figlia del vecchio, il vecchio è stato figlio e poi padre, il ragazzo…, beh, il ragazzo è la sintesi, rifiutato dai genitori, disperatamente innamorato di loro.
Dentro quella storia c’era anche la mia storia e, credo, quella di molti di noi, io mi ci sono trovata dentro e all’inizio stavo male, soffrivo, come i personaggi, l’assenza. Mio padre è morto quando ero molto piccola e mi è sempre mancato, altre persone che ho amato non ci sono più, perciò soffrivo, per il vuoto di un abbraccio, per il silenzio di parole d’amore, per l’inutilità di chi vive amando senza essere amato, proprio come quei tre sulla scena.
Però, ad un certo punto, mi sono resa conto che avevo smesso di star male, mi sono accorta che stavo identificandomi nella figura del vecchio, un padre che è stato anche un grande attore, amato dal suo pubblico e molto, un uomo che è stato capace di filtrare con il crivello dell’ironia la tragedia della vita.
Insomma, mi sono resa conto che sono vecchia anche io. Una vecchia saggia, però, una che, come quel vecchio, ha smesso di combattere battaglie perse, non per rassegnazione. Per distacco. L’ironia è un’arma formidabile per sopravvivere alla vita: ci permette di guardare in prospettiva, di allontanarci dalla sofferenza, fa sì che possiamo uscire dal sentimento ed entrare nella ragione.
E ieri sera ho capito anche una cosa che, qualche tempo fa, mi aveva detto Cat: che io so realmente provare piacere nelle cose che faccio.
E’ vero e adesso so anche perché: perché le guardo da fuori di me, le allontano per avvicinarmele.
Magico strumento l’ironia! Distanzia persone ed esperienze, permette di scegliere: se un’ esperienza mi piace, la riavvicino, me ne riapproprio, me la gusto a poco a poco, se, invece, una realtà non mi è gradita, la tengo a distanza di sicurezza, la guardo da fuori oppure, se è possibile (e molte volte lo è), la butto via senza stare troppo a pensarci.
Davvero magico strumento, io non ce l’avevo prima, ora che sono vecchia sì’ e mi piace da matti.

sabato 31 ottobre 2009

Sotto il cielo di Roma

Sabato scorso è arrivata Cat e io, nonostante i miei numerosi impegni, ho organizzato la settimana per stare il più possibile con lei.
Domenica, insieme alla FG, siamo andate a vedere la mostra su Dada e Surrealisti. Ci siamo divertite parecchio, la FG, che sui Surrealisti ha dato un esame all’Università, si è scatenata in spiegazioni utilissime per noi che non ne sapevamo moltissimo, noi ci siamo divertite a vedere nei dipinti e nei disegni quello che ci pareva, tanto i Surrealisti dipingono sensazioni e sentimenti, così ognuno può immaginarseli a modo suo.
In settimana io e Cat siamo andate a fare shopping, un’attività che ci entusiasma (le nostre carte di credito,invece, non sono affatto contente). Cat cercava un paio di scarpe che non ha trovato, in cambio si è consolata con giacche e camicette, con DVD e calendari. Io avevo bisogno dell’ ennesimo paio di pantaloni blu, veramente non è che ne avessi proprio bisogno (ne ho un armadio stracolmo) ma quest’anno, incredibilmente, il blu è tornato di moda e dovevo approfittare dell’occasione, invero assai rara. I pantaloni li ho trovati insieme ad alcune irresistibili camicette, infatti non ho resistito e le ho acquistate!
Naturalmente, Cat ha voluto fare una passeggiata nel centro di Roma, rivedere piazza Navona, il Pantheon, piazza di Spagna e tutti i luoghi belli di questa nostra incredibile città.
Cat camminava e guardava il cielo azzurro come una terracotta di della Robbia, era felice in quella contemplazione e io pensavo che il cielo di Roma non è altro che lo sfondo azzurro sul quale scolpire il bassorilievo dei nostri sogni.
Ero felice pure io, anche perché la FG aveva appena superato con successo il suo ultimo esame universitario. La sera a cena l’abbiamo festeggiata con una mega pizza napoletana e una deliziosa torta alle fragole.
Stamattina siamo andata al cimitero con il nostro cugino G.
Dopo aver portato i fiori nella cappella della famiglia di mio marito, siamo andati alla ricerca della tomba dove sono sepolti i miei nonni, il cugino G. ricordava all’incirca dove fosse ma non siamo riusciti a trovarla, abbiamo camminato parecchio e alla fine l’unica che non era stanca ero io! Eppure sono la più vecchia!
Per consolarci siamo andati a mangiare il pesce in un ristorante che lo cucina benissimo. Mi ha fatto piacere rivedere il cugino G. e stare insieme a Cat.
Domani Cat riparte e dovrò aspettare le vacanze di Natale per rivederla, naturalmente ci sentiremo al telefono e scambieremo informazioni e pettegolezzi via e-mail ma non è la stessa cosa che stare insieme.
Cat mi manca molto quando sta a Torino, certo ci sono le mie amiche e la FG con le quali parlare e ridere ma con mia sorella ho un rapporto davvero speciale, condividiamo una visione del mondo molto simile, abbiamo interessi comuni, viviamo le medesime delusioni ed aspirazioni, insomma ci comprendiamo assai bene. E pensare che, quando eravamo ragazzine, eravamo così diverse!
Le vacanze di Natale mi sembrano lontanissime ma in realtà non è così, mancano soltanto una cinquantina di giorni che passeranno in fretta, anche perché le mie giornate sono talmente piene di impegni che il tempo mi vola via. E quando arriveranno le vacanze arriverà anche Cat e ci divertiremo di nuovo, con mille attività piacevoli sotto il cielo azzurro di Roma.

sabato 24 ottobre 2009

Gli odori

Uno dei motivi per cui questo Blog si chiama “Il naso di Cyrano” è che io sono dotata, appunto, di un naso molto grande e particolarmente sensibile agli odori.
Qualche giorno fa, mentre riponevo gli acquisti appena fatti, mi è nata nella mente una riflessione: non ci sono più i profumi delle cose.
Mi spiego:con un esempio: se aprite una confezione di lenticchie, il loro odore non lo sentite, bisogna cucinarle per ritrovarne la fragranza.
Quando io ero piccola, invece, la vita era infarcita di odori.
La mattina, quando prima di andare a scuola passavamo dal panettiere, eravamo investiti da una sinfonia di profumi: quello del pane, quelli dei diversi tipi di pizza, l’odore della mortadella, quello della pasta, che non era chiusa nella plastica ma conservata in cassetti dai quali veniva prelevata con una paletta, pesata e incartata in una spessa e profumata carta paglia. Poi c’era l’odore dei legumi secchi, quello delle olive, quello,un po’ acre ma affascinante, dei formaggi, quello esotico e un po’ inquietante delle mille spezie, importate da paesi lontanissimi. Tutti si fondevano insieme a formarne uno solo che era l’” odore del panettiere”.
Poi c’era l’ “odore della scuola”. Oggi la scuola puzza. Di sudore, di persone che curano poco l’igiene personale. Quando ero piccola la scuola profumava dell’ odore del cotone crudo delle spesse tende, di gesso, della carta dei quaderni, del cuoio delle cartelle, del legno dei banchi.
Ogni luogo aveva il suo profumo:la chiesa profumava di incenso e cera delle candele, la spiaggia profumava di alghe, di mare e di sole, casa mia odorava di cera per i mobili, di pulito, del profumo delle torte e del ragù che cucinava mia madre, la domenica mattina l’odore del ragù ci svegliava piacevolmente.
C’era un luogo, in particolare, che mi affascinava, per il suo profumo: la tabaccheria. Non ci andavo per le sigarette, allora ero troppo piccola per fumare, ci compravo le “Giuggiole”, mitiche caramelline che costavano una lira l’una, ovviamente all’epoca la moneta più piccola erano le cinque lire e, quindi, si potevano comprare minimo 5 giuggiole.
La tabaccheria profumava di tabacco, quello delle sigarette, quello dei sigari, dello zolfo dei fiammiferi, di liquirizia, che veniva venduta sfusa in vari formati o grezza in bastoncelli che chiamavamo “zeppetti”, profumava dei cento odori dello zucchero, quello di canna, quello caramellato, profumava di sale, che allora si comprava in tabaccheria. Anche qui, tutti i diversi aromi diventavano uno solo l’ “odore della tabaccheria”.
Quegli odori io non li sento più. Forse non ci faccio più caso, mi sono detta e ho provato a cercarli ma quasi inutilmente.
La mia casa odora di pulito e qualche volta, quando ho il tempo di cucinare, di pomodori col riso o di ragù ma nei negozi non c’è odore. Sarà perché oggi tutto è impacchettato e sigillato, il che è igienicamente corretto ma gli aromi sono spariti in una generica puzza da inquinamento.
Anche al mercato, dove la frutta e la verdura non sono imballate, è difficilissimo ritrovare i profumi delle pesche o dei pomodori.
Ora, io non sono Proust che dal profumo di un biscotto spugnoso scrive sette infernali volumi per tornare alla sua infanzia e alla sua mamma, io all’infanzia mia non ci voglio proprio tornare ma mi piacerebbe, ogni tanto, ritrovare uno di quegli odori, perché erano piacevoli, perché condivano la vita, perché mi rendevano felice.

sabato 17 ottobre 2009

La vita in scena.

A me Rossella Falk è sempre piaciuta tantissimo. Da giovane ha recitato con Romolo Valli e Giorgio De Lullo, ha interpretato magistralmente i personaggi di Luigi Pirandello e di tanti altri autori, una su tutte: Silia nel Giuoco delle parti. Un personaggio difficile, antipatico, ambiguo, affascinante. Lei ne ha fatto un capolavoro, tant’è che la FG, vedendo il dramma in videocassetta, ne è rimasta affascinata, come me, del resto.
Ieri sera, al teatro Eliseo, Rossella Falk ci ha regalato un altro capolavoro: il personaggio di Letizia in un dramma di Cristina Comencini che si intitola Est-Ovest.
Letizia è anziana, ricca e strana, anche un po’ noiosa, se vogliamo, brontola in continuazione e se la prende con tutti: figli, nipoti, fratello e soprattutto con la sua pazientissima badante, Oxana,interpretata dalla bravissima Merita Xhani.
Letizia si sente sola, si sente vecchia, si sente impotente a combattere contro un mondo che le sfugge, insomma si sente come tante persone anziane e non.
Il dramma è tutto qui e non è poco. Quando non si ha più la forza (fisica e morale) di lottare cosa rimane?
La rassegnazione!? Letizia, però, non sembra in grado di rassegnarsi, di accettare di non poter essere più l’ arbitro della propria vita…e allora?
Allora l’aiuto sembra venirle proprio da Oxana, la badante ucraina che, per lavorare, ha dovuto lasciare nel suo Paese le figlie che ama, Oxana che non ha mai potuto essere padrona della sua vita, che ha dovuto rassegnarsi ad un destino che non si è scelta, nel finale Letizia dice di non poter riuscire a sopportare la sua sorte e Oxana le risponde: “Io posso aiutarti, Signora, a fare questo”.
Ecco, a me sono venuti i brividi su quella battuta. E’ difficile spiegare perché ma ci provo.
Oxana è il simbolo di tante donne e uomini che non possono scegliere, che amano e soffrono, proprio come me ma loro non possono sognare, non possono sperare e questo è atroce, amano i loro figli e, per questo amore, sono costretti a stare lontani per dare loro un futuro che sperano migliore.
Io, che ieri sera avevo accanto la mia adorata FG, ho pensato a tutti quei genitori che non hanno la mia fortuna e ho anche pensato a mia madre, che è anziana, che brontola proprio come Letizia perché si sente sola. Ho provato anche un po’ di vergogna perché mi sono resa conto che io ho la mia famiglia vicino, ho un lavoro che ho scelto, ho potuto prendere decisioni ed essere libera mentre tanti altri tutto questo non ce l’hanno.
Il dramma scritto da Cristina Comencini mi ha coinvolto totalmente, non era una storia, magari affascinante ma inventata, era la vita, dura, cruda e crudele di uomini e donne in balia di un destino che loro non hanno potuto scegliersi.

sabato 10 ottobre 2009

Cyrano è sempre Cyrano.

Stasera è cominciata ufficialmente la nostra stagione di prosa, ricca di molti titoli interessanti. Resta da vedere se le messe in scena saranno all’altezza degli autori, speriamo di non dover assistere a scempi quale quello perpetrato da Lavia nei confronti di Shakespeare la scorsa stagione.
Stasera, dunque, siamo andate al teatro Argentina, la FG ed io, ad assistere al dramma di Rostand ma prima…
… alla FG serviva una giacca (e nient’altro che quella N.d.FG) da mezza stagione, a cagione di ciò (lo so che è arcaico ma Rostand mi ha ispirato N.d.A.) siamo uscite prima del tempo e siamo andate in centro.
Mi sono resa conto che sarebbe anche stato utile comprare delle calze alla FG e, poiché lei ne distrugge un quantitativo industriale e poiché c’era un’offerta ne ho comprate cinque paia più due paia di scaldamuscoli.
Abbiamo trovato anche una graziosa giacca che ha soddisfatto le difficilissime aspettative della FG, costava quanto un collier di diamanti ma gliel’ho presa comunque.
A questo punto mi è vennuto in mente che anche io avevo bisogno di una giacchina, ovviamente blu.
Pertanto siamo andate in un altro negozio nonostante la mia carta di credito gemesse lamentosamente nella mia borsetta.
Ora, voi potete anche non credere che la mia carta di credito gema ma vi assicuro che oggi ha pianto (e a calde lacrime N.d.FG).
Infatti siamo entrate nel negozio vestite di tutto punto e ne siamo uscite entrambe vestite completamente in un altro modo.
C’erano troppe cose carine in quel negozio, sembrava una scena de “Il diavolo veste Prada”, Io nella parte di Miranda Priestly e la FG nel ruolo di Andy e la commessa, anche se donna, nel ruolo Nigel.
Abbiamo comprato: due giacchine, una gonna, tre camicette deliziose e non abbiamo resistito: le abbiamo indossate immediatamente.
Rivestite a nuovo come il celebre Valentino di Pascoli (ma noi le scarpe ce l’avevamo) ci siamo avviate, ridendo follemente ma cercando di contenerci per darci un tono, verso il teatro dove abbiamo assistito ad uno spettacolo tutto sommato piacevole.
Io e la FG sappiamo il testo a memoria (la FG anche in francese) e temevamo di dover vedere un tradimento perpetrato ai danni di un personaggio che adoriamo entrambe invece la traduzione, la ritmica e la metrica corrispondevano abbastanza all’originale. Gli attori hanno saputo interpretare i loro ruoli rispettando i caratteri dei personaggi, in verità Roxane era un po’ troppo intelligente ma non si può pretendere tutto dalla vita.
La regia ci ha lasciate un po’ perplesse: perché ambientare un’opera ai tempi nostri quando la storia originale si svolge nel XVII secolo? Perché fare indossare a Cyrano un cappello a cilindro quando la sua caratteristica, oltre al famoso naso, è l’altrettanto famoso cappello corredato da opportuno pennacchio? Perché tagliare a metà tutti i meravigliosi monologhi del protagonista? Perché?
Nonostante tutto è stata una bellissima serata. E lo spettacolo era accettabile, anche se io e la FG abbiamo convenuto che il regista era da prendere ad accettate.

sabato 3 ottobre 2009

Cantare

Stamattina la FG canta.
Ha finito la sua sessione di esami, con successo quasi pieno e allora canta.
Mentre io svolgevo i consueti lavori domestici, lei riordinava, su mio inderogabile ordine, la sua stanza ormai inabitabile a causa dei libri che hanno invaso ogni spazio. Quando la FG studia avviene sempre, è come un fiume che straripa: libri, appunti, fotocopie si moltiplicano sui tavoli, sulle sedie, persino nel suo letto. Ovviamente quando la FG è sotto esami è piuttosto tesa ed è meglio lasciarla stare, chiederle di ordinare la stanza provoca inevitabilmente una crisi nervosa.
Naturalmente, quando la FG è sotto esame non canta. Lei canta soltanto quando è felice.
Alle elementari faceva dannare la sua maestra perché, mentre lavorava in classe, cantava sempre. Io la rimproveravo ma lei mi rispondeva che cantava perché a scuola era felice. Non riusciva a capire perché non dovesse cantare. Io ho provato a spiegarglielo ma, francamente, non credo di averla convinta. Comunque, si adeguò alle direttive di madre e maestra ma appena usciva da scuola cantava, la gente per strada la guardava e sorrideva, io mi vergognavo ma solo un po’.
Stamattina la FG canta ed io sono felice, e tanto, perché canta le vecchie canzoni che entrambe amiamo: le canzoni dei film Disney, My fair Lady, le canzoni toscane e quelle della Vedova allegra e di altre operette. Io sono felice perché la FG ha una bella vocina e fa piacere ascoltarla ma soprattutto sono contenta perché, se la FG canta, vuol dire che è felice e serena.
Sono felice anche perché tra poco, quando avrà finito di sistemare i suoi libri, sarà di nuovo possibile entrare nella sua stanza senza farsi venire un accidente alla vista del disordine!

sabato 26 settembre 2009

Joyce

Quest’estate mi sono decisa. Ho letto quello che viene, talvolta, definito il libro illeggibile: l’ Ulisse di Joyce.
Veramente ho letto anche Dedalus e Gente di Dublino, già che ci sono, mi sono detta, facciamo l’ en plein.
Ci ho impiegato parecchio perché Joyce è tosto, va letto lentamente. Mi è piaciuto parecchio. Devo ringraziare la mia amica L. che mi ha dato una dritta fenomenale, mi ha detto di leggere senza tentare di capire, io l’ ho fatto e credo di aver capito molto.
Quelli che adesso non capiscono sono i miei lettori, credo ma adesso vi spiego il paradosso.
Dunque, Joyce è uno di quegli autori che adottano lo “Stream of consciounness” o come diavolo si scrive (non ho sottomano la FG per chiederglielo), insomma sarebbe il cosiddetto “flusso di coscienza”, l’autore scrive i suoi pensieri, apparentemente, così come gli vengono, senza uno sviluppo logico o temporale facilmente percepibile. Più o meno come quando io, mentre cuocio i fagiolini o spazzo i pavimenti, costruisco i miei post.
Ovviamente la logica c’è, lo sviluppo anche ma, come dire, non è scientifico bensì psicologico, estetico.
Per farvela breve: per capire Joyce non si deve tentare di capirlo! Uno legge, si lascia portare dal fiume in piena di un linguaggio sempre diverso e sempre incredibile ed affascinante, arriva alla fine delle quasi mille pagine dell’Ulisse ed è contento.
Perché? Forse perché ha capito quello che Joyce voleva dire, forse perché invece non ha capito nulla se non che Joyce forse proprio non voleva far capire nulla oppure perché è riuscito ad arrivare fino in fondo.
Non lo so, quello che so è che io, dopo aver letto quel lagnoso di Proust, mi sono divertita con Leo Bloom, l’apparente protagonista dell’ Ulisse, ad esplorare i mille personaggi, gli ambienti, i tanti vizi e le rare virtù di un’ umanità antipatica, viziosa e viziata, dura, superficiale, misera, senza speranza che somiglia tanto a quella che mi circonda nel mio vivere quotidiano.-
Poi, per ritrovare un po’ di poesia e di speranza, sono corsa a rileggermi il Cyrano de Bergerac. Ma quella è un’altra storia.

venerdì 18 settembre 2009

Una splendida soirée

La settimana è stata micidiale. I primi giorni di scuola sono praticamente un girone dantesco, non per gli alunni che mi sembrano simpatici (se sono anche studiosi ancora non posso dirlo), il fatto è che riprendere la routine non è semplice. Inoltre la FG è in piena crisi isterica da esami e pre-tesi e aggrava la mia tendenza al suicidio. Scherzo, sono troppo vigliacca per suicidarmi io! E poi ci sono talmente tante cose belle e interessanti nella vita che vale proprio la pena di viverla.
Tra le cose belle della vita c’è anche la febbre Rossiniana, ossia la passione smodata (dalla quale io sono affetta sin da quando ero bambina) per la musica dell’immortale compositore pesarese. Io sono cresciuta a pane e Rossini nel senso che, quando ero piccola, mia mamma, che aveva una splendida voce, deliziava noi bambini cantandoci le arie del Barbiere di Siviglia.
Quindi stasera, per riprendermi dalla diabolica settimana e per inaugurare la stagione di spettacoli 2009/2010 io e la FG ci siamo tuffate in una soirée rossiniana nella splendida sala Sinopoli dell’Auditorium. Si esibiva Michele Pertusi, un bravissimo basso che, accompagnato dal talentuoso Raffaele Cortesi, ci ha allietato con una serie di brani piacevolissimi e magistralmente 9nterpretati.
È stato un vero godimento ascoltare le arie dalla Cenerentola, dal viaggio a Reims, dalla Gazza Ladra e dallle tante opere musicate da quel genio di Rossini.
Mi è piaciuto tutto ma quando, nell’ultimo bis, Pertusi si è lanciato nella cavatina di Don Basilio: “La calunnia è un venticello” sono arrivata all’estasi: interpretazione perfetta di un pezzo perfetto.
Una splendida soirée, un modo meraviglioso per chiudere la settimana, una maniera meravigliosa di aprire una ricca stagione di spettacoli e musica.

sabato 12 settembre 2009

Proust

Marcel Proust ha scritto un’opera monumentale, in sette volumi, si intitola la Ricerca del tempo perduto.
Qualche anno fa io l’ho letta tutta. Credo che non siamo in molti nel mondo ad averlo fatto, mi decisi dopo aver letto che Umberto Eco lo considerava un testo fondamentale.
Ebbene, Sapete quale è, almeno a mio giudizio, il concetto fondamentale dell’opera? Sapete cosa ci dice il buon Proust?
Che lui vuole…la Mamma! La sua Mamma adorata, che cerca di ritrovare in tutte le donne che incontra, nei sapori, nei colori e negli odori che lo colpiscono. In sette volumi! Scritti in un linguaggio micidiale. Con una sintassi diabolica (anche nella traduzione italiana). Mentre leggevo, dovevo continuamente andarmi a ritrovare soggetti e predicati che scappavano da tutte le parti, al termine di un periodo mi chiedevo con angoscia dove si fosse cacciata la principale, le espansioni prendevano il sopravvento e spazzavano come un uragano l’enunciato.
Voi mi chiederete:” Ma leggevi un libro o facevi l’analisi logica?”
Io “volevo” leggere un libro ma l’unico modo per capire il dannato Proust era di procedere con l’analisi sintattica!
Oltre tutto, nel testo non c’è un solo personaggio simpatico (a parte la mamma), tutti sono odiosi, superbi o superficiali, egoisti, stupidi, arrivisti, meschini…
Mi ci sono voluti dieci mesi per portare a termine la lettura ma, alla fine, ce l’ho fatta.
Adesso voi mi chiederete:”Ma, se non ti piaceva, perché non l’hai lasciato lì?”
Per vari motivi: 1)tutti parlano di Proust ma pochi l’hanno letto, io volevo essere una dei pochi, 2)a quel tempo la FG seguiva un corso su Proust all’Università e volevo maturare le conoscenze necessarie minime per sostenere una conversazione con lei, 3)odio lasciare i libri a metà (l’unica volta è stato con la “Montagna incantata” di Tomas Mann, a due pagine dalla fine non ce l’ho fatta e ho mollato), 4)era una sfida tra me e l’odioso Marcel e alla fine ho vinto io! 5)Mi sono fidata di Umberto Eco, se Lui dice che un’opera è da leggere, io gli credo ciecamente.
Caro signor Eco, io continuo a fidarmi del suo giudizio di lettore e di critico, se la Ricerca del tempo perduto non mi è piaciuta, probabilmente,è perché non ho saputo trovarci quello che Lei ci ha visto ma non posso farci nulla. Scrivere sette infernali volumi, partendo dal ricordo di un dolcetto per arrivare al nulla mi risulta difficile da capire. Sarò superficiale, sarò sciocca ma, se devo leggere un romanzo,…preferisco I tre moschettieri!

sabato 5 settembre 2009

Una giornata da dimenticare (quasi)

Una giornata come quella che ho vissuto io oggi, non la si augura nemmeno ai propri peggiori nemici.
Anzi, ai propri peggiori nemici la si augura eccome.
La mattina è iniziata con una FG isterica, come da regolamento, per incombente esame di filologia romanza ed è continuata con regolamentare orrido, alienante, collegio dei docenti a scuola.
All’una ero così stressata, nervosa, depressa che sono andata direttamente a spalmarmi sul letto dove sono caduta in quello che Camilleri definirebbe un “sonno piombigno” e mi sono risvegliata alle 16.00 con la consapevolezza che la FG non era ancora ritornata a casa.
Ragionevolmente preoccupata, ho provato a chiamarla sul cellulare, che risultava libero ma lei non rispondeva. Quando finalmente la FG mi ha richiamato e con calma olimpica mi ha detto di essere ancora in facoltà dove doveva incontrare il suo relatore per la tesi, mi sono inquietata: sapeva la FG che stasera avremmo avuto teatro! Comunque è tornata a casa in tempo e siamo andate all Globe dove, dopo un’ora e mezza di fila siamo entrate e abbiamo assistito alla rappresentazione della “Bisbetica domata” di Shakespeare.
È stata la peggiore rappresentazione della Bisbetica che abbia mai visto: scelte registiche assurde, recitazione da guitti di infima categoria, scene e costumi praticamente inesistenti.
Io volevo andar via dopo la fine del primo atto, la FG è voluta restare fino alla fine.
Insomma, una schifezza in tema con la mattinata.
Dovevamo fare qualcosa perché questa giornata non fosse completamente da buttare…
…l’abbiamo fatto!
Arrivate nelle vicinanze di casa nostra ci siamo prese, in un bar della zona, una piadina con una birra buonissima, consigliata dalla FG, e anche un cocktail.
Magari non sarà stata una grande giornata, ad essere sinceri è stata una giornata proprio da schifo, ma , indovinate perché, stasera siamo decisamente allegre.
Messaggio per i minori che mi leggono: non imitateci!!!

sabato 29 agosto 2009

Finale di vacanze

Purtroppo le vacanze finiscono. E non venite a dirmi che il bello è proprio che non durano in eterno, che se ci abituassimo non ci sembrerebbero così belle, che anche lavorare ha i suoi lati positivi…perché tutte queste bugie me le sono già dette mille volte da sola ma non valgono un accidente. Le vacanze sono piacevoli e lavorare stanca, logora, distrugge, questa è la dannata, diabolica verità.
Comunque, ho passato due piacevolissimi mesi, pieni di nuoto, letture, teatro, passeggiate, relax.
La settimana più divertente ma anche la più faticosa è stata l’ultima: è arrivata Cat e anche un nipote dalla Sicilia con la sua prossima sposa, una giovane milanese che però tifa per la Juve (sigh!) quindi ho dovuto organizzarmi per riuscire a fare tutto: cucina (veloce: pomodori con riso, caprese, insalatone, pizza), piscina, teatro (Otello al Globe, niente male, Iago soprattutto, sufficientemente diabolico), musei (con Cat siamo andate a rivederci la Cappella Sistina, sempre strepitosa e la Galleria Borghese con gli incredibili gruppi marmorei di quel genio fatato del Bernini), passeggiate romane sotto il sole e la luna per il nipote e la sua futura moglie che è un architetto amante dell’ arte.
Ormai sono un mostro organizzativo, tutto è filato alla perfezione con piacere degli ospiti e soddisfazione mia.
Naturalmente ho illustrato le bellezze romane agli ospiti e ho raccontato loro le tante leggende e storie sui monumenti e sugli artisti, ho raccontato Roma, quella del passato, grande e bello, felice di vedere negli occhi dei nipoti l’ammirazione affascinata per una città che amo e che cattura l’interesse di chi sa guardare.
Abbiamo anche scattato tante fotografie. O meglio: Cat e i nipoti hanno scattato le foto e io mi sono fatta dare i files, a me piace conservare e rivedere le foto ma mi annoia farle, così approfitto degli scatti altrui, cosa che con le fotocamere digitali è semplice, pratica ed assolutamente economica.

domenica 23 agosto 2009

Lo stipendio

Insegnavo in una scuola all’estrema periferia di Roma.
Ambiente difficilissimo, alunni con famiglie difficili, disoccupazione e malavita diffuse, droga venduta agli angoli della strada, ordine pubblico inesistente.
Eppure dovevo aver fatto un buon lavoro se i miei alunni un giorno mi dissero:”A professore’, ce stai simpatica, a te le gomme della machina nun te le tajamo.”
Ringraziai della gentile attenzione ma spiegai che io non avevo l’automobile e che venivo a scuola in autobus. Gli alunni trasecolarono, poi uno disse:”Ma tu sei una professoressa, sei ricca, perché nun c’hai la machina?”
Dissi loro sinceramente quanto prendevo di stipendio e li vidi perplessi, una ragazza, il cui genitore faceva un mestiere poco raccomandabile, esclamò:”Ammazza, professore’, mi’ padre in una notte arza de più de quello che te danno ar mese! E tu c’hai studiato pure tant’anni! Ma chi te lo fa fa’ de arzatte all’arba e de venì qua a insegnà a noi?”
Già, chi me lo fa fare? Risposi che a me piaceva insegnare ma non capirono, non potevano.
Quella domanda, quel “Chi te lo fa fa’?” mi ha accompagnato per tutti questi anni e, tutte le volte che insegnare diventa più difficile, tutte le volte che mi prende lo scoramento, tutte le volte che non mi diverto più, mi risuona nella testa quel “Chi te lo fa fa’?” Ma il fatto è che io non so fare niente altro.

sabato 15 agosto 2009

L’arma letale

Oggi, giorno di Ferragosto, con le figlie abbiamo deciso di andare a pranzo in un ristorante del centro di Roma.
Niente dieta,oggi, tanto ormai sono più magra di Audrey Hepburn e posso mangiare qualunque cosa, anche perché lunedì tornerò in piscina e, nuotando, smaltirò quello che ho accumulato oggi. Dunque, eravamo sedute al tavolo, sotto la pergola, ci stavamo gustando un bell’antipasto alla marinara, quando accanto a noi è arrivata una famiglia di americani.
A me piace osservare la gente, perciò, mentre le figlie chiacchieravano, io ho cominciato a studiare i nuovi arrivati.
Erano in quattro: la madre, robusta e bianchiccia, una figlia sui vent’anni, decisamente grassa e biondiccia, un figlio adolescente, grasso e rossiccio e il padre, un tipo alla Swarzenneger, tutto muscoli e mascellona. Tutti e quattro serissimi, quasi lugubri, non hanno praticamente parlato se non per ordinare il cibo; sembrava che fossero appena tornati dal funerale di Giulio Cesare (eravamo nei pressi del foro romano) con tanto di discorsi di Bruto ed Antonio, avete presente:”Cittadini, Romani, Compatrioti…”.
Mentre noi attaccavamo il primo piatto, loro hanno ricevuto parmigiana di melanzane per la madre e bruschetta di pomodoro per gli altri tre.
La madre con la parmigiana non ha avuto problemi, i due figli inseguivano pezzi di pomodoro che schizzavano da tutte le parti! Ora, dico io, la parmigiana è facile da mangiare, la bruschetta invece no! E voi, americani, che sapete solo addentare panini e patate, proprio la bruschetta dovevate scegliere!
E’ stato uno spettacolo degno di Stanlio e Ollio, me lo sono gustato anche perché ero fuori portata dei proiettili untuosi e rossi.
Il padre-marine, invece, si è pappato la bruschetta senza far danni, anche perché dotato di una apertura buccale notevole che gli consentiva di mordere la vivanda senza far cadere il pomodoro.
Noi eravamo al secondo piatto e, mentre mi gustavo dei polipetti alle olive divini, al Rambo-genitore hanno servito un piatto di spaghetti.
La mia attenzione era formidabile, lo spettacolo si annunciava interessantissimo: metti un americano vicino ad un piatto di spaghetti e può succedere di tutto.
Infatti. Il marine ha preso la forchetta, ha catturato uno spaghetto e ha cominciato a ruotare il polso per avvolgere lo spaghetto.
Devo dire che aveva cominciato proprio bene, stavo per smettere la mia osservazione, un po’ delusa, quando lui ha avuto un colpo di genio, tipicamente made in USA: ha alzato la forchetta dal piatto e ha continuato ad avvolgere lo spaghetto a mezz’aria. Il viscido (anche perché ben condito) spaghetto a questo punto, forse sentendosi profondamente offeso, si è svolto ed è ricaduto nel piatto!.
L’american father, perplesso, ha studiato la situazione, ovviamente un marine non si arrende e infatti lui non si è arreso: ha eseguito di nuovo la stessa identica manovra a mezz’aria ma, un attimo prima che il nemico ricadesse nel piatto, si è chinato e, con mossa fulminea, è riuscito a catturarlo, ha masticato ed inghiottito.
Il daddy-marine ha proseguito la sua eroica lotta ma…A Roma, o almeno nel nostro ristorante, le porzioni sono generose e a metà piatto Swarzy era stremato, sudava e il polso non reggeva più al peso della forchetta. Ha ceduto le armi,con la stessa espressione smarrita e confusa che dovevano avere le truppe USA in Vietnam, lasciando nel piatto più della metà dei vittoriosi spaghetti-Vietcong e attirandosi uno sguardo di severa riprovazione dal cameriere anziano che si guarda bene dal servire ai tavoli occupati dai turisti americani, lui serve soltanto quelli che sanno mangiare e apprezzare il buon cibo italiano.

domenica 9 agosto 2009

Bruccuijetti e gaijne

Insegnavo in provincia, viaggiavo tutte le mattine all’alba per raggiungere la mia sede.
Per fortuna avevo una bella classetta, una prima media di ragazzini motivati e studiosi.
I miei alunni erano molto ligi al dovere: facevano i compiti, erano educati e arrivavano sempre puntuali. Tutti.
Tranne M. Lui arrivava immancabilmente dieci minuti dopo il suono della campanella.
Dopo qualche giorno dall’inizio dell’anno scolastico lo rimproverai e gli chiesi perché arrivasse sempre in ritardo.
Con un sorriso dolcissimo mi rispose: “Eh, prufessuré, è che iu, prima di venì alla scuola, ho da pijà l’ovi sutto alle gajine, e quann’è la stagione ho pure da pija li bruccujietti nellu campu che doppo mamma li vende a lu mercato.”
Forse è meglio qui dare una traduzione: “Eh professoressa, il fatto è che io prima di venire a scuola devo raccogliere le uova nel pollaio e, quando è stagione, devo raccogliere i broccoletti nel campo che poi mamma li vende al mercato.”
Mi vergognai, avevo pensato che M. non volesse alzarsi presto e invece, povero figlio, si alzava prima degli altri per aiutare la famiglia e me lo aveva detto con tanta tranquillità e naturalezza che mi fecero un’immensa tenerezza.
Che fare? Parlai con il Preside, il terribile Preside di quella scuola, terrore di alunni e docenti, pronta a sostenere un’epica battaglia, convinta che mai avrebbe accettato di tollerare quei ritardi.
Il Preside, incredibilmente, non solo mi disse di passare sopra i ritardi ma convocò il Consiglio di Classe e disse anche a tutti i colleghi di tollerare i ritardi di M..
Così M. poté continuare ad aiutare la sua famiglia, e riuscì anche, qualche volta, ad arrivare puntuale.

mercoledì 5 agosto 2009

Notte magica

Oggi pomeriggio sono andata con la FG e alcuni suoi amici a vedere la mostra di Hiroshige, un pittore giapponese, che mi è piaciuta parecchio, anche se non ho capito proprio tutto: Tanto per fare un esempio, ad un certo punto ho chiesto alla FG se quelle due strane cose su un dipinto che rappresentava una marina fossero due cicche di sigarette spiaccicate. La FG, piegata in due dal ridere, mi ha risposto che erano due giunche giapponesi viste di scorcio. Avrà sicuramente ragione lei, ma sembravano proprio due cicche col filtro lasciate lì per sbaglio.
A parte le battute, c’erano delle bellissime stampe di paesaggi, di fiori, di uccelli.
A seguire siamo stati al planetario, dove mi sono gustata una bellissima lezione sull’origine della terra, sotto la volta a cupola che rappresentava il cielo stellato di questo periodo dell’anno. Per me, che di astronomia so poco e nulla, è stata una serata interessante e istruttiva.
Il bello però è venuto dopo: infatti, nonostante che gli amici della FG siano tutti giovani, non si sono formalizzati e mi hanno portato nel quartiere romano di S.Lorenzo, dove ho mangiato un paio di panini buonissimi e ho bevuto birra e tre mini cocktail (SHOTTINI! N.d FI) a base di rhum, gin e vodka. L’ultimo era micidiale!
Quando io ero giovane (Paleolitico circa N.d. FI), queste cose noi non le potevamo fare: al massimo potevamo rientrare a mezzanotte, come Cenerentola, solo se andavamo a qualche festa (assolutamente in casa di qualcuno) e qualcuno ci dava un passaggio per riaccompagnarci. Stasera ho fatto qualcosa che non avevo mai fatto: sono stata in giro per un quartiere popolare insieme a tanti ragazzi e ragazze a bere e a mangiare e a chiacchierare. Pensavo a mia madre che, se sapesse, disapproverebbe, anche se io ormai ho un’età che mi consente di uscire di notte in tutta tranquillità. Per fortuna mia madre non legge il mio blog, spero solo che mia sorella Cat, che il mio blog lo legge invece, non vada a raccontarglielo; se lo facesse mi ritroverei ad ascoltare le sue reprimenda.
Sono tornata a casa alle 2 e 30. Di notte. Mai successo prima, a parte il capodanno a Parigi ovviamente.
Poco dopo di me è tornata la FI (la FG ha continuato la serata con i suoi amici). La FI mi ha chiesto se ero ubriaca ma ha potuto constatare da lei stessa che ho tutte le mie facoltà mentali integre, si è tranquillizzata e mi sta aiutando a scrivere questo post.
Mi sono divertita come poche volte in vita mia!
Domani mattina andiamo in piscina, non so se riuscirò a nuotare dopo sole quattro ore di sonno, forse.
In ogni caso è assolutamente necessario che io domani nuoti per almeno quattro ore: l’alcool ingrassa e io, che sono ormai in splendida forma, voglio mantenere intatto il mio peso, dunque domani nuoterò, forse nuoterò dormendo, ma di sicuro nuoterò!
Per la FG non posso garantire.
FI: Mi dissocio dal comportamento di mia madre, io almeno quando vado a bere dormo fuori casa!
Naturalmente, per i miei lettori minorenni, mi sento di aggiungere una postilla: alla vostra età è altamente sconsigliato bere alcolici, e, per i miei lettori maggiorenni: alla nostra età è consigliato bere con moderazione.
Meditate gente, meditate.

domenica 2 agosto 2009

L’ interrogazione di I.

Nella mia carriera scolastica ho avuto tanti alunni e ognuno ha ed è una storia unica e irripetibile. Di molti ho dimenticato i nomi ma non le facce, i comportamenti, i sogni.
Tra i miei ricordi più vividi c’è l’interrogazione che, al termine della prima media feci ad I.
Insegnavo, allora, in una cittadina in provincia di Roma.
I. non era sciocco, semplicemente non studiava, non capiva perché avrebbe dovuto e, coerentissimo con se stesso, semplicemente se ne infischiava della scuola.
Interrogare I. era una prova durissima per un insegnante, poteva fare scena muta o dire qualsiasi cosa gli passasse per la testa, tranne naturalmente quanto gli veniva richiesto.
Il fatto è che I. era ripetente, non potevamo tenerlo un terzo anno in prima media, quindi era necessario che l’interrogazione fosse almeno sufficiente.
In quella classe insegnavo Storia e Geografia, non avendo la forza per fare due interrogazioni separate, decisi di interrogarlo insieme in Storia e Geografia.
“Bene I.” dissi con poche speranze “raccontami la fondazione di Roma”.
Non parve preoccupato ed io, che sono un’ottimista, cominciai a sperare che sapesse qualcosa, poi lui cominciò: “Romulo e Remulo decisero de fonnà ‘na città, chi pijava più ucelli la fonnava. Vinse Romolo, fece er sorco, poi lo sartò e lu ‘mmazzò ”.
A questo punto metà dei miei alunni era caduto dal banco per le risate, io restavo impassibile, più che altro congelata dalla disperazione, poi chiesi : “con che cosa prendevano gli uccelli?” I. mi guardò come se fossi scema, poi rispose: “cu ‘u fucile, e come se no?”.
Tralasciai di ricordargli che al tempo dei romani le armi da fuoco non esistevano e procedetti imperterrita nell’interrogazione, mentre il resto della classe rischiava l’infarto dal troppo ridere, “Chi ammazzò chi?” chiesi ormai senza speranza.
Fece finta di pensarci (I. non pensava mai) poi,tirando a indovinare, rispose: “Romulo ammazzò Remulo”.
Gliela diedi buona e passammo a Geografia.
Il giorno prima (e lui era presente) avevo spiegato gli oleodotti e le turbine quindi chiesi: “come fa il petrolio a scorrere nell’oleodotto?”.
Mi guardò come se lo sapesse poi disse “perché i tubbi li mettono in per cuscì” e fece con la mano il gesto che indica un oggetto inclinato.
Gli alunni erano ormai blu, qualcuno aveva anche il singhiozzo, le difficoltà respiratorie stavano diventando preoccupanti, decisi di fare un’ultima domanda.
“Cos’ha di particolare Venezia che ne fa una città unica al mondo?”.
Si illuminò tutto ed esclamò: “Quista la so, Prufessoré, la so: è che l’hanno custruita sotto all’acqua!!!”.
Che potevo fare? Gli assegnai 6 sia in Storia che in Geografia e mi dedicai a soccorrere il resto della classe ormai in apnea.

domenica 26 luglio 2009

Schizzo

Io di Schizzo il nome vero non me lo ricordo. Tutti lo chiamavano così e così è rimasto nella mia memoria.
Schizzo era un ipercinetico, il che significa che non riusciva a stare fermo.
Per lui stare seduto in un banco era una vera tortura, infatti non ci stava, girava in continuazione per la classe. Il problema era che, essendo bassino, seduto o in piedi era uguale ed era difficile vederlo.
Schizzo era intelligentissimo, andava bene a scuola, era uno dei pochi non ripetenti di quella classe ma fermo non ci sapeva stare!
Avete mai provato a fare lezione con una trottola impazzita che vagola per la classe? Non è possibile e Schizzo era la mia personale trottola, perennemente in movimento.
Per la salute mentale mia e degli altri alunni dovevo fare qualcosa.
Un giorno, non ce la facevo più, gli dissi:”Schizzo, fammi un piacere, fatti le scale di scuola tre volte su e giù, di corsa!”
Mi guardò estasiato, incredulo:”Davvero, prof.?” Annuii e lui corse fuori. Tornò qualche minuto dopo, senza fiato, doveva aver corso forte, si mise seduto e ci restò fino alla fine della lezione.
Da allora tutte le volte che entravo in quella classe ordinavo:”Schizzo, vai!” e lui via di corsa per le scale e poi buono e calmo nel suo banco.
Un giorno lo “beccò il Preside” e me lo riportò in classe indignato perché il ragazzo gli aveva detto che aveva il mio permesso, il Preside pensava che Schizzo mentisse.
Mi presi le mie responsabilità e, in privato, gli spiegai la situazione e lo informai che le corse per le scale avevano dato buoni risultati.
Il Preside mi guardò perplesso (a quei tempi non esistevano neppure gli insegnanti di sostegno e gli ipercinetici erano considerati solo dei ragazzi troppo vivaci) ma si fidò di me e permise a Schizzo di continuare le sue corse per le scale.

martedì 21 luglio 2009

Un altro compleanno

Oggi è stato il mio compleanno, quanti anni sono non ve lo dico, sono comunque parecchi, trascorsi nel bene e nel male, ricchi di esperienze, nel complesso direi che il bilancio è positivo.
Quello che mi piace di più del mio tempo trascorso è che da ogni evento ho imparato qualcosa e non è cosa da poco.
Stamattina ho ricevuto dei doni dalle figlie e gli auguri da mia madre, da parenti e fratelli.
Poi sono uscita con le figlie. Dopo una capatina in libreria per ordinare dei libri per la FG che deve studiarli per i prossimi esami e per la tesi, siamo andate a Palazzo delle Esposizioni per vedere la mostra su Bulgari, il famoso gioielliere romano.
I gioielli erano esposti in ordine cronologico: dai più antichi, molto belli, soprattutto quelli del periodo Decò, ai più moderni che non ci sono piaciuti, troppo grossi e talvolta volgari, roba da star holliwudiane, c’era anche la collezione della Liz Taylor, le figlie hanno iniziato a fare commenti al vetriolo e la FI, con la “erre moscia” rifaceva il verso alle “signore bene” criticando impietosamente i pezzi esposti.
Io ho fatto una fatica improba per non scoppiare a ridere ma dovevo fare la persona seria, tra l’altro ero anche vestita da persona seria, con pantaloni bianchi, polo blu, bijou discreti e abbronzatura dorata che mi sta proprio bene. Sono riuscita a mantenere un tono serio ma dentro di me ridevo ed ero assai contenta nel verificare che le mie figlie hanno sviluppato un senso estetico conforme al mio.
Poi abbiamo visitato la mostra fotografica di Gina Lollobrigida, ci è assai piaciuta, c’erano foto scattate in tutto il mondo, alcune molto affascinanti, altre molto tristi ma tutte molto belle.
Abbiamo pranzato al ristorante che c’è sul terrazzo del Palazzo delle Esposizioni, un posto molto carino e dove si mangiano cose gradevoli, quindi siamo tornate a casa.
Oggi pomeriggio ho ricevuto altre telefonate e mail di augurio.
E’ stata una giornata decisamente piacevole.

domenica 19 luglio 2009

Al Globe

Ieri sera, con la FG ed alcune amiche, siamo andate al Globe, il teatro in legno di villa Borghese che riproduce esattamente o quasi il mitico teatro di Shakespeare.
Siamo andate nel parterre, dove non ci sono poltrone, infatti, proprio come nei tempi antichi ci si siede per terra.
Naturalmente eravamo attrezzate con tappetini e cuscinotti e siamo state comode, molto meglio che sulle gradinate, durissime e altissime, l’anno scorso dopo una rappresentazione mi facevano male le gambe perché non toccavo con i piedi per terra.
Insomma, sedute comodamente , abbiamo visto “Molto rumore per nulla”, recitata benissimo. In siciliano stretto!
Eh già, era una produzione curata da Andrea Camilleri, il creatore del commissario Montalbano, che ha tradotto con grande cura il testo shakespeariano.
Io ho capito praticamente tutto, la FG e le mie amiche molto meno. Ora, non è che io parli il dialetto messinese ma sono un’appassionata lettrice di Camilleri, ho tutte le opere che ha scritto e sono tutte in dialetto. Inoltre, “Molto rumore per nulla” è una delle commedie di Shakespeare che io e la FG preferiamo e poche sere fa la FG ha voluto rivedere il DVD interpretato dal bellissimo Kennet Branagh e io l’ho rivisto insieme a lei, praticamente so tutte le battute a memoria.
Mi sono divertita, gli attori sono stati bravissimi, effervescenti e comici, Benedetto, il protagonista era simpatrico, Beatrice decisamente “tosta”, gli altri ben interpretati, soprattutto gli uomini della ronda con il loro linguaggio assurdo e forsennato. Scena e costumi coloratissimi hanno contribuito a rendere piacevolissimo lo spettacolo. La FG, sempre esigentissima quando si tratta del beneamato Shakespeare, ha dato un bel Dieci e Lode che mi ha trovata assolutamente concorde.

sabato 11 luglio 2009

Il Cardinale.


Nella prima scuola dove ho insegnato c’erano due dirigenti: il Preside, una persona seria e gentile che aveva lavorato nella Scuola pubblica per molti anni e arrotondava la pensione con quell’incarico nella scuola privata e il Direttore amministrativo che era un ex generale in pensione che pretendeva di dirigere la scuola come se fosse una caserma: conosceva una sola parola (per lo meno la ripeteva 100 volte al giorno): DISCIPLINA. Dubitava di tutti gli alunni, per lui erano potenziali delinquenti da raddrizzare prima che finissero in galera (qualcuno ce n’era ma non erano poi molti). Diffidava anche dei docenti, li riteneva dei buoni a nulla o dei fannulloni che rubavano lo stipendio, soprattutto guardava con sospetto gli insegnanti giovani, forse temeva una loro alleanza con gli alunni a fini eversivi, non nel senso politico, nel senso che temeva per se stesso!
Insomma il clima non era tanto rilassante, meno male che gli alunni erano dei simpaticissimi delinquenti e, nonostante non fosse facile insegnare, io mi divertivo.
Era Carnevale e, si sa, a Carnevale i ragazzi sono eccitati, la sera vanno a ballare, partecipano a feste mascherate, insomma si divertono.
Una mattina un ragazzo portò in classe un bellissimo costume da Cardinale, completo di croce dorata e zucchetto color porpora; lo aveva affittato perché la sera sarebbe andato ad una festa in maschera. Mi chiese se poteva indossarlo a ricreazione (che si faceva tutti insieme nell’ androne sorvegliati a vista dal direttore). Risposi affermativamente, il costume era molto bello ed era Carnevale, non mi sembrava una cosa da proibire.
A ricreazione scesi con gli altri mentre il mio alunno andava a vestirsi.
Dopo poco scese, con una compostezza che mai gli avevo vista, benedicendo con mosse ieratiche molto cardinalizie. Tutti rimasero ammirati ad osservarlo, stupiti ed affascinati. Tutti. Il generale (così chiamavamo unanimi il direttore) invece no: il generale divenne verde, rosso, violetto ed infine blu (me lo ricordo benissimo), la furia montava dentro di lui producendo velocissimi cambi di colore e fece per slanciarsi contro il “Cardinale”, probabilmente per sopprimerlo con le proprie mani. Per fortuna il Preside era presente e fu più veloce del generale, il che è una bella rivincita della cultura sulla forza. Il Preside placcò il generale con una mossa degna degli Old Blacks e se lo portò via per placarlo. Dopo qualche minuto tornò e autorevolmente ingiunse al “Cardinale” di togliersi l’abito…quando fosse terminata la ricreazione!

domenica 5 luglio 2009

Finalmente in vacanza!

Giugno, quando ci sono gli esami, è per me un mese infernale.
Intanto non ci sono spettacoli teatrali, poi non posso andare in palestra perché sto a scuola mattina e pomeriggio, non riesco a uscire con le mie amiche, sono anche troppo stanca per leggere la sera, insomma un incubo!
Grazie al cielo anche giugno, come tutto, è finito e io posso ricominciare a vivere e a divertirmi, gli esami sono terminati, gli alunni sono andati discretamente e per due mesi posso dimenticare la scuola, ammessi e connessi.
Resta la FG che sta facendo esami a mitraglia ed è alquanto nervosetta ma non importa, tutto sommato, i suoi esami sono anche un’occasione per discutere insieme argomenti interessanti con una persona dotata di una non comune intelligenza e parla re con lei di Bernini o di Racine è sempre piacevole.
Ho già ripreso i contatti con le mie amiche, progettato alcune visite a mostre e musei e stabilito un calendario per la piscina,dove siamo già state due volte e io ho anche nuotato, dopo essermi ricoperta di crema solare protezione massima, ovviamente.
Iinsomma, sto organizzando una vacanza gratificante e assolutamente necessaria per cancellare lo stress e la fatica di un anno scolastico che non mi ha regalato molte soddisfazioni.
In agosto arriverà anche Cat e ci divertiremo insieme a fare shopping e a girare per Roma, sotto il suo cielo azzurro unico al mondo. Abbiamo anche deciso di andarci a rivedere la Cappella Sistina e la Galleria Borghese per ripassarci un po’ Michelangelo e Bernini.
Ieri è cominciato il tour de France e lo vedrò in televisione, spero che sia appassionante e ci proponga grandi sfide, poi ci saranno i mondiali di nuoto che vale la pena di vedere.
Sul fronte teatro, il Globe mette in cartellone alcuni spettacoli di Shakespeare interessanti e andremo a vederli anche se io non ho ancora capito se il genio di Stratford upon Avon mi piace oppure no: nello stesso spettacolo alcune scene mi affascinano altre mi annoiano mortalmente.
Ho anche alcuni libri interessanti da leggere e ho deciso che quest’ estate affronterò l’Ulisse di Joyce, chissà se ce la farò, è uno dei libri più difficili che siano mai stati scritti e fino ad ora non ho mai avuto il coraggio di leggerlo ma, dopo aver letto tutta la Recherche di Proust, forse ce la farò.
La cosa più bella di tutto, comunque, sarà che finalmente potrò stare un po’ sola con me stessa per fantasticare liberamente e per tutto il tempo che voglio senza dover pensare al Dovere. Fatta la spesa e le pulizie, per due mesi non avrò altre incombenze noiose e alienanti.
Paccato che le vacanze durano troppo poco!

domenica 28 giugno 2009

Confederation’s cup 3


In questo torneo ne abbiamo viste davvero di tutti i colori, la cosa più assurda è a mio parere vedere gli USA, che in campo sanno solo fare catenaccio e della peggior specie, andare in finale.
Comunque, oggi pomeriggio la finale per il terzo e quarto posto se la sono giocata spagnoli e sudafricani.
Partita tutta da vedere e non solo per il gioco che c’è stato ma…
La squadra sudafricana, i Bafana Bafana, è composta da dieci neri e da un solo bianco, altissimo, che si chiama Booth, la cosa deliziosa è che non appena Booth tocca palla gli spettatori, praticamente tutti neri, ne invocano il nome urlando, per incoraggiarlo. Troooppo carini!
Gli spagnoli sono tutti bellissimi, una gioia per gli occhi, anche se all’inizio giocano maluccio.
I sudafricani ce la mettono tutta: corrono come velocisti giamaicani, palleggiano che sembra di vedere un gigantesco flipper, si scambiano i ruoli ma quando arrivano ad un metro dall’area avversaria non capiscono più niente e tirano alla “come viene viene”. Gli spagnoli stanno a guardare e io guardo gli spagnoli che sono sempre bellissimi anche se ormai un po’ sudati.
Ci sono un po’ di cambi, qualcuno va in panchina e qualcuno entra in campo.
All’ 88° il sudafricano Mphela non subisce il panico da area avversaria e porta in vantaggio i Bafana Bafana.
Risposta immediata della Spagna: Guiza in un minuto e mezzo segna due gol, uno bellissimo l’altro da Dio, nel senso che il Dio degli spagnoli, che nella semifinale contro gli USA dormiva, qui è sveglissimo e fa finire in porta un tiraccio che non si sa cosa fosse.
La partita sembra finita ma al 92° Mphela compie il miracolo e segna di nuovo. Stadio in delirio e si va ai supplementari nel corso dei quali la Spagna segna il gol della vittoria.
Insomma tra fusti in campo, belle giocate e colpi di scena mi sono proprio divertita, la Spagna ha più tecnica e meritava di vincere ma il Sudafrica ci ha messo tanto impegno ed entusiasmo che uno alla fine rimpiange che non si possa dare l’ex aequo.
Stasera il Brasile ha rimesso a posto il football: ha vinto la finale contro gli USA. Gli americani hanno fatto il prevedibile catenaccio, con due sortite hanno segnato due gol ma poi i verdeoro gli hanno fatto vedere come si gioca a calcio e hanno segnato gol nonostante i varchi stretti, loro continuavano a correre anche quando gli yankees non ce la facevano più e alla fine si sono assicurati il torneo.
Durante la premiazione i carioca ballavano e i gringos piangevano, davvero, oppure erano infuriati neri, perché gli americani non solo non sanno giocare a calcio ma, ed è anche più grave, credo, non sanno neppure perdere.

domenica 21 giugno 2009

Confederations Cup 2

Il Brasile non è certo più quello siderale del ’70 a Mexico e neppure quello stratosferico dell’ ’82 in Spagna ma è pur sempre una bella squadra. Quando poi gioca contro l’Italia-Estrella polar non può che vincere 3 a 0. Infatti è così che ha vinto.
Insomma a Roma piove a dirotto e a Pretoria diluviano gol verdeoro.
La superiorità dei Carioca stasera era così evidente che persino i due parolai che facevano la telecronaca hanno dovuto riconoscerlo.
Il fatto è che i brasiliani corrono, non tantissimo ma sempre più degli azzurri, inoltre sono sempre al posto giusto nel momento giusto, fraseggiano col pallone, dialogano palla al piede e ubriacano gli avversari che se li ritrovano sempre sulla traiettoria di tiro. Questo è il Brasile e stasera io ho tifato per loro, perché mi hanno divertito, perché è questo il gioco che mi piace, non l’arrancare da vecchio tram degli azzurri, anche di quelli meno vecchi, mi piace vedere una squadra, che vince e con largo margine, continuare a giocare in attacco e in contropiede fino al novantatreesimo minuto, senza fare calcoli.
Se ci pensate bene, a loro conveniva farci segnare un gol, ci saremmo qualificati noi e non gli odiosissimi USA che nella semifinale contro la Spagna non faranno gran danno.
In una prevedibile finale Brasile –Spagna sarebbe convenuto al Brasile giocare contro gli Iberici reduci da una semifinale contro l’Italia: sarebbero stati più stanchi.
Ma i Carioca sono così: loro giocano e basta. E vincono. Tanto, tantissimo, come la Spagna del resto.
Gli azzurri se ne tornano a casa e io spero di vedere la finale tra Spagnoli e Carioca!

giovedì 18 giugno 2009

Confederation Cup 1

In queste giornate micidiali, passate in un caldo torrido a fare esami, uno dice:”Meno male che c’è il Calcio”. E invece no, almeno per noi italiani. Ragazzi, come giocano male gli azzurri!
Neppure la consolazione di una bella partita! Su Italia–USA meglio stendere un velo pietoso, su Egitto-Ialia, invece, qualche parola vale la pena di spenderla.
Stasera sembrava di veder giocare la Estrella polar contro il Deportivo Belgrano e se non sapete di che cosa parlo andatevi a leggere l’immortale racconto di Osvaldo Soriano che si intitola “Il rigore più lungo del mondo”. In campo ho visto solo lentezza e pressappochismo, non c’era un’ idea, una strategia, un guizzo di intelligenza, niente.
Alla fine mi sono ritrovata a fare il tifo per gli egiziani che, se non altro, un po’ di buona volontà loro ce l’hanno messa, soprattutto dopo il gol, fortunoso forse ma Buffon è rimasto più immobile di una statua.
L’ unica cosa rimarchevole di tutta la partita è stato il fatto che Gattuso si è perso le braghe in diretta e l’ intero mondo ha potuto ammirare i suoi slip bianchi!
I telecronisti non sapevano cosa dire e, come sempre in questi casi, hanno detto parecchie sciocchezze, la faccia di Lippi era un poema allo scoramento ma in campo la gente che non corre ce l’ ha mandata lui, quando ha fatto entrare giocatori più giovani e forse più motivati, che correvano, era troppo tardi e comunque mancava un qualsiasi tipo di regia.
Eppure gli atleti italiani sono pagati per giocare e anche bene credo, stasera però la paga non se la sono tanto guadagnata.
Domenica ci tocca il Brasile che, a quanto pare, gioca bene; staremo a vedere. Io sarò un po’ bastarda ma, se contro i Carioca continuiamo a giocare così, il tifo lo farò per i verde-oro, ho deciso: io tifo per chi gioca!

sabato 13 giugno 2009

La partita di scopa

Ero laureata da due mesi quando fui chiamata ad insegnare per la prima volta. Era una di quelle scuole private dove si iscrivono alunni che sono stati bocciati più o meno dunque, gli allievi, in genere, hanno parecchi anni più del normale e sono anche belli grossi! Infatti, in quarta ce n’erano alcuni più vecchi di me.
Io sono formato bonsai, lo sapete e dalla cattedra non riuscivo a vedere i banchi in fondo. Sospettavo che, mentre io mi dilettavo in accurate spiegazioni letterarie, i miei alunni si dessero a varie attività illecite e facessero tutto meno che ascoltare me.
Un giorno mi avvicinai piano piano e scoprii, inorridita, che negli ultimi banchi si svolgeva tutti i giorni, nelle mie ore, un torneo di Scopa, il noto gioco di carte. Gli alunni, tranquillissimi, non fecero una piega, non si preoccuparono affatto che io potessi segnalarli al Preside o mettere una nota: la scuola era veramente l’ultimo dei loro pensieri.
Cosa avrei dovuto fare? Mi tornò in mente il celebre racconto di Giovanni Mosca “Alla conquista della 5^ B” e, con tutta l’incoscienza della gioventù, concepii un folle piano.
Con voce tranquilla feci la mia proposta e questo spiazzò i miei alunni, si erano aspettati, forse, urli e reprimende, di certo non avevano affatto pensato che le cose andassero come andarono.
La mia proposta era questa: a ricreazione avrei giocato contro i migliori di loro, se avessi vinto loro non avrebbero più giocato nelle ore di lezione ma solo a ricreazione. Mi fissarono increduli e mi chiesero se sapessi giocare. Dissi che ero una campionessa, mentivo naturalmente, io gioco malissimo a carte ma ero giovane, incosciente e disperata. Gli alunni accettarono e a ricreazione cominciò la sfida. Loro giocavano scientificamente, contavano le carte che uscivano, insomma erano davvero bravi, io giocavo a casaccio, mai riuscita a contare le carte, le dimentico subito. Loro non riuscivano a capire il mio metodo ( sfido, visto che io non avevo un metodo!) e questo li perse, abituati al gioco scientifico, quando si accorsero che giocavo come un bambino di sei anni era troppo tardi: avevo già accumulato un punteggio che mi permise di vincere nettamente! Pensavo che mi mandassero a quel paese, invece, il fatto che avessi bluffato mi fece guadagnare la loro stima!
Questa storia è verissima, anche se a voi può sembrare incredibile; la cosa più incredibile, però, è che i miei disonesti alunni onestissimamente rispettarono il patto e non solo da allora prestarono attenzione ma cominciarono anche a fare domande e ad interessarsi, a modo loro, alle lezioni di Letteratura.

sabato 6 giugno 2009

Supplì e Yogurt

Non è un post alimentare, nonostante il titolo, questo. Riguarda, invece, come spesso accade, il ricordo di una delle tante malefatte della FG.
La FG, a scuola è sempre stata brava ma aveva qualche problema, soprattutto alle elementari a ricordare i nomi difficili dei luoghi o dei personaggi storici.
Quelli scientifici se li ricordava benissimo, al contrario di me che non me ne ricordo uno.
In terza elementare incontrò gli Hittiti che le riuscirono simpatici, dopo i noiosi Sumeri e i noiosissimi Egiziani, questi le piacquero.
I guai cominciarono quando degli Hittiti dovette studiare il re Suppiluliuma.
Non aveva tutti i torti, uno con un nome così! Io ho ancora qualche problema a pronunciarlo, dopo tanti anni, figuratevi lei, a sette anni, per ricordarselo, infatti non se lo ricordava.
Il padre le insegnò ad usare il metodo delle associazioni di idee: sceglier un nome facile e usuale ed associarlo al nome difficile per ricordare.
Poiché già da allora la figlia era una gourmand, l’associazione fu: Suppiluliuma/Supplì.
La FG riusciva a ricordare e quando fu interrogata dalla sua maestra, l’inflessibile Signorina P, ebbe soltanto un attimo di esitazione e disse:”Suppliluliuma”.
L’ insegnante non notò l’inserimento di quella “L” in più e la figlia tornò al banco soddisfatta.
Da allora l’uso delle associazioni di idee divenne prassi nel suo metodo di studio. Fino a Giugurta.
Ovviamente, l’associazione tra questo re non poteva che essere Yogurt e tale fu.
All’ interrogazione, però, qualcosa non funzionò a dovere e la severissima ed esterrefatta Signorina P si sentì dire che le truppe romane avevano combattuto contro…Yogurt!
L’eroica Signorina P riuscì a non sorridere (ma la FG giura ancor oggi che un angolo delle sue labbra era rivolto in su) e corresse la FG che arrossì, colta in flagranza di reato.
La Fg non ricorda che voto le venne assegnato per quella interrogazione ma, di sicuro, ancor oggi, per lei quell’ antipatico re si chiama Yogurt!

sabato 30 maggio 2009

Scrivere e dettare

La FG all’Università prende interi quaderni di appunti e questi sono fatti suoi, anche io ai miei tempi riempivo blocchi e blocchi di appunti, se si vuol superare gli esami non c’è altra via. Io, a casa, gli appunti me li rielaboravo e li riscrivevo a mano su quadernoni che conservo ancora oggi.
Anche la FG rielabora i suoi appunti, però lei lo fa usando il computer che rende tutto molto più semplice. Per lei, non per me!
Eh già! Il fatto è che la FG non ha una vista tanto buona e, soprattutto, ha una grafia demoniaca, nel senso che neppure Satana riuscirebbe a leggere quello che scrive.
Il diavolo no, invece io, con tanta buona volontà e rovinandomi ancor più gli occhi, riesco a leggere quello che mia figlia scrive, così, la sera, quando io, dopo una giornata di lavoro durissimo, avrei solo il desiderio di spalmarmi sul divano e di addormentarmi davanti ad un programma televisivo idiota, sto accanto a lei in studio e le detto i suoi appunti, dopo opportuna decodifica, mentre lei digita a velocità della luce sulla tastiera.
Poi c’è la questione delle immagini: per storia dell’ Arte è necessario inserire le riproduzioni delle pitture, allora ci lanciamo in frenetiche ricerche sul web, una vera e propria caccia all’ immagine migliore, più definita, più fedele all’ originale, quando la troviamo la posizioniamo accanto allo scritto.
Per gli appunti sul teatro francese del Seicento le figure non sono necessarie ma, per una questione estetica, noi ce le abbiamo messe ugualmente.
Tutto questo è durato fino a ieri sera, quando abbiamo stampato un quantitativo inimmaginabile di pagine, opportunamente numerate e complete di eleganti frontespizi, la stampa non è stata semplicissima: la stampante impazziva ad intervalli fissi e abbiamo dovuto interrompere l’operazione più volte per avviare la pulizia delle testine di stampa. Abbiamo terminato ad un’ ora infernale, io non ne potevo proprio più e ho tirato in sospiro di sollievo pensando che le mie serate di dettatrice erano finalmente finite!
Ma allora, perché stasera mi dispiace che la FG se ne stia sul balcone a studiare i suoi appunti, elegantemente rilegati in tela e fregi d’oro? Perché ho la malinconia al pensiero che non devo più dettarle notizie e commenti sul Beato Angelico o su Racine?
Non lo so, forse sono una pazza un po’ masochista, forse è perché lavorare insieme è bello, forse è perché, dettando alla FG i sui appunti, ho imparato un mucchio di cose bellissime. Fate voi, scegliete l’opzione che vi sembra più giusta!