Il naso di Cyrano: novembre 2010

domenica 28 novembre 2010

Mondo vecchio, sempre nuovo

Ho rubato il titolo del mio post al grande Riccardo Bacchelli ma non vi parlerò di questo scrittore che tanto amo.
Oggi voglio proporvi un brano di Cicerone che mi è capitato sottomano per caso. E’ un brano dal De Republica, a me è piaciuto tanto.
Non vi preoccupate troppo, ve ne pubblico soltanto un pezzetto, piccolo, piccolo:

Quodsi liber populus deliget quibus se committat, deligetque, si modo salvus esse vult, optimum quemque, certe in optimorum consiliis posita est civitatium salus… Verum hunc optimum statum pravis hominum opinionibus eversum esse dicunt, qui, ignoratione virtutis, quae cum in paucis est, tum a paucis indicatur et cernitur, opulentos homines et copiosos, … optimos putant. Hoc errore vulgi cum rem publicam opes paucorum, non virtutes tenere coeperunt, nomen illi principes optimatium mordicus tenent, re autem carent eo nomine. Nam divitiae, nomen, opes vacuae consilio et vivendi atque aliis imperandi modo dedecoris plenae sunt et insolentis superbiae, nec ulla deformior species est civitatis quam illa in qua opulentissimi optimi putantur. Virtute vero gubernante rem publicam, quid potest esse praeclarius? Cum is qui imperat aliis servit ipse nulli cupiditati, cum quas ad res cives instituit et vocat, eas omnes complexus est ipse, nec leges imponit populo quibus ipse non pareat, sed suam vitam ut legem praefert suis civibus. Cicerone

Tranquilli, adesso vi do la traduzione, caso mai il vostro latino fosse un po’ arrugginito.

Se un popolo libero sceglierà a chi affidarsi e , se vuole essere proprio tranquillo, sceglierà i migliori, di certo la sicurezza dello Stato è riposta nelle decisioni delle persone competenti …. D'altra parte, dicono che questa situazione ottimale sia stata sconvolta dalle erronee opinioni di quelle persone che, per ignoranza della virtù - che così come è reperibile in pochi individui, ugualmente da pochi è riconosciuta e capita - ritengono che i migliori siano i ricchi e benestanti …. A causa di questo errore della massa, dal momento in cui le ricchezze di pochi, e non le virtù, hanno cominciato a governare lo Stato, quei capi tengono con i denti il nome di ottimati ma non meritano quel titolo. Infatti, le ricchezze, la fama, il potere, privi di saggezza e di una regola di vita e di autorità sugli altri, sono pieni di disonore e di insolente arroganza e non vi è alcuna forma di società più vergognosa di quella in cui i più ricchi sono considerati i migliori. Invece, cosa può essere più illustre della virtù a guida di uno Stato?
Quando colui che comanda gli altri non è soggetto ad alcuna cupidigia, quando egli per primo si impegna in tutti quegli obbiettivi ai quali invita e chiama i suoi cittadini, e non impone al popolo leggi che personalmente non rispetta ma ai suoi concittadini offre come legge l'esempio della sua stessa onesta vita.

Che ne dite? Non è ancora straordinariamente attuale?

sabato 20 novembre 2010

Napoli o Parigi?

Napoli, ovviamente ma adesso vi racconto perché.

Ieri sera con l’inevitabile FG e la mia amica L. sono andata a teatro, a vedere”Le bugie dalle gambe lunghe” di Eduardo De Filippo.

In autobus abbiamo chiacchierato ed il discorso è finito, non so come, su Parigi. Naturalmente, tutte e tre ci siamo dedicate ad uno dei nostri passatempi preferiti: dir male dei parigini. Miei cari ed affezionati lettori, voi sapete bene quanto io reputi arroganti e pretenziosi gli abitanti della capitale francese, la FG e la mia amica L. la pensano esattamente come me, potete quindi immaginare il tono dei nostri discorsi.

Vicino a me era seduto un tale che leggeva imperterrito ma ogni tanto dava segno di essere infastidito dalle nostre chiacchiere; ho pensato che disturbassimo la sua lettura na, quando ha chiuso il libro, la mia amica si è resa conto che era un testo in francese. Piuttosto allarmata, L. ha chiesto al tizio se fosse parigino e quello ha risposto di sì e ha aggiunto, con tono piuttosto sostenuto, che capiva benissimo la lingua italiana. A questo punto ci siamo scusate ma io sono perfida e gli ho detto:” Chiedo scusa, sono convinta che ci siano anche dei parigini gentili e simpatici, anche se io non ne ho mai incontrati.”

Poi siamo scese dal bus perché eravamo arrivate e abbiamo convenuto che nella categoria “parigini odiosi” ci poteva stare benissimo anche il tipo dell’autobus.

Abbiamo cenato nel bistrot del Quirino e ci siamo godute una bellissima messinscena della commedia di Eduardo, autore che io adoro.

L’opera non è delle più famose ma è interessante per il tema che tratta: l’ipocrisia sociale ed era magistralmente interpretata da Luca De Filippo, il figlio di Eduardo e da tutti gli attori della compagnia. Una menzione speciale va ad Anna Fiorelli che nel ruolo della madre ci ha fatto ridere fino alle lacrime, con una vis comica degna di grandi applausi.

Anche la scenografia era affascinante: un interno con balcone, aperto su una fuga di palazzoni, la metafora era evidentissima: le bugie, costruite nell’ambito dei gruppi famigliari, diventano “verità” quando escono all’esterno ed entrano nel circolo sociale.

Uno spettacolo da vedere, per ridere ma anche per pensare e riflettere.

sabato 13 novembre 2010

Mio caro Sofocle

Mio caro Sofocle, il più amato dei drammaturghi greci, almeno da me, ieri sera sono andata a vedere la più bella delle tue tragedie: L’Edipo re, recitata da quel mostro di genialità che è Franco Branciaroli.

Mi aspettavo di vedere una messinscena di stampo classico, declamata con voce ed atteggiamenti impostati, alla Kean per intenderci. E invece…

Invece Branciaroli ha preso il testo dell’Edipo e ne ha dato un’interpretazione originalissima, a metà tra la lettura recitata e la messa in scena vera e propria.

Praticamente faceva tutto lui: Edipo, Tiresia e perfino Giocasta. Non ti spaventare, povero Sofocle mio, è venuta fuori una cosa da brividi, nel senso che alla fine i brividi ce li avevamo davvero, tanto l’attore è riuscito a trasmetterci la sofferenza, il dolore, l’impossibilità di opporsi ad un destino che l’uomo non può controllare e che lo colpisce ed annienta come il vento le foglie.

In una scena nuda, su un lettino vagamente da psicanalista, accanto ad un manichino, seduto su una sedia e voltato di spalle, Branciaroli ha, sommessamente raccontato la tragedia di Edipo, rivestendolo di una straordinaria umanità, il suo Edipo è diventato, ancora una volta, la metafora di tutti noi che, se anche non uccidiamo nostro padre, in balia del destino ci siamo, eccome e di drammi ce ne capitano parecchi!

L’ Edipo di Branciaroli è noi, un uomo come tanti altri, anche buono, se vogliamo, non declama, parla, cerca di comprendere gli altri, ama sua moglie, vorrebbe governare saggiamente. E invece il maledetto destino lo travolge e lui non può farci niente. Solo accecarsi per non vedere o, come Tiresia, per vedere meglio, forse.

Giocasta si uccide, Edipo no, vivendo accetta il suo fato, sconfitto, continua a lottare, quant’è bella questa storia, caro Sofocle, lo so che non l’hai inventata tu, che c’era già nei miti ma grazie a te per avercela raccontata così bene e grazie anche a Branciaroli che ieri me l’ha raccontata ancora una volta così magistralmente.

domenica 7 novembre 2010

Mostre, mostre, mostre

Nella settimana appena trascorsa, tra un compito in classe, un progetto e le solite incombenze domestiche, sono uscita spesso con Cat. Lunedì volevamo andare alla mostra su Van Gogh ma pioveva a dirotto e per di più al Vittoriano c’era una coda da delirio, così ce ne siamo tornate a casa, bagnate fradice. Ci siamo rifatte martedì: alla mostra c’era poca gente, ci siamo andate alle due del pomeriggio, quando la gente normale sta a pranzo. Io e Cat ci siamo godute in tutta tranquillità dipinti fantastici, a me Van Gogh piace da matti: colore, pennellata, soggetti, è tutto inquietantemente affascinante.
Poi, come spesso accade quando Cat è a Roma, siamo andate a fare shopping, a Cat servivano delle scarpe, non so perché ma a lei servono sempre delle scarpe. A me invece le scarpe non servivano, ne ho un armadio straripante. Cat ha trovato il modello che cercava e lo ha acquistato, anche io ho comprato un paio di scarpe, ovviamente blu, non mi servivano ma sono troppo carine e non ho saputo resistere. Cat ha comperato anche una borsetta deliziosa.
Venerdì, io e mia sorella siamo andate a visitare la mostra “Il teatro della moda”: un’esposizione di abiti di scena e da concerto, creati dai più grandi stilisti italiani. Ci siamo tuffate in un vortice di chiffon, crepe georgette, seta, raso, veli e tulle da favola. Colori, tagli, modelli e decori da impazzire, bellezza allo stato puro. Su tutti, le mie preferenze vanno agli abiti disegnati da Roberto Capucci per la mitica soprano Raina Kavaibanska.
Poi ancora shopping, la mia carta di credito gemeva ma ho fatto finta di non sentirla e mi sono comperata dei pantaloni, un paio di golf ed un soprabito, Cat si è scatenata su giacche e giacconi.
Stamattina, purtroppo, Cat è ripartita, io e la FG l’abbiamo accompagnata alla stazione. Poi, per consolarci, siamo andate al Chiostro del Bramante per vedere la mostra sui pittori veneti; anche qui dominava il colore, tutti i colori dai rosa ai verdi, dall’oro agli arancioni ma soprattutto gli azzurri ed i blu, quelli del cielo, quelli dei manti delle Madonne, quelli dei velluti e delle sete raffigurati nei dipinti. Insomma una gioia per gli occhi. La FG si è incantata davanti ad una veduta di Canaletto, io mi sono goduta dame e cavalieri del passato. Siamo uscite dalla mostra felici e rilassate, pronte per affrontare una nuova settimana di impegni e fatiche.

lunedì 1 novembre 2010

Nostalgia

Nostalgia dolcissima di un mondo piccolo, perduto ma, forse, non per sempre e non del tutto.

Ieri pomeriggio, al teatro Quirino, con Cat e le mie figlie, ho visto La vedova allegra, l’operetta di Lehar e mi sono tuffata in un passato prossimo e remoto che ho amato tanto.

Il passato remoto è la mia infanzia, scandita dal canto di mia madre che aveva una voce bellissima, cantava per noi ragazzini canzoni e romanze e noi ascoltavamo rapiti. L’amore per la musica mamma ce l’ha trasmesso così: cantando e raccontandoci le trame delle opere e delle operette. E io mi incantavo e sognavo di incontrare il mio conte Danilo, l’affascinante protagonista della vedova allegra.

Poi l’ho incontrato il mio conte Danilo, che non si chiamava così ma era ugualmente affascinante, me ne sono perdutamente innamorata e anche lui si è innamorato, ci siamo sposati ed abbiamo vissuto una meravigliosa storia d’amore .Io continuo ad amarlo, anche se ora lui non c’è più.

E questo è il mio passato prossimo:io, lui e le due figlie che vediamo in televisione la vedova allegra, un’edizione memorabile con Raina Kavaibanska e Mikael Melbye e le figlie, anche loro, si innamorano del conte Danilo e della musica, del waltzer, un ballo che” non è una danza ma un sentimento che si balla” come dice proprio Danilo.

Ieri sera, ognuna a modo suo, tutte noi abbiamo fatto una passeggiata nel nostro ieri e non solo noi. Il teatro era pieno di persone che hanno vissuto la nostra stessa esperienza, qualcuna canticchiava sottovoce le romanze (e, incredibilmente,questo non mi dava fastidio), una signora ha detto a Cat che anche la sua mamma le cantava le romanze dell’operetta. Eravamo tutti un po’ commossi ma piacevolmente, credo che il sentimento più diffuso tra il pubblico fosse una gradevole e nostalgica malinconia, temperata dal divertimento prodotto dalle parti comiche del barone Zeta e del consigliere Negus e dal godimento offerto dalla bellezza dei costumi e dei balletti: waltzer, certo ma anche l’immancabile can can del terzo atto e dal coro maschile sulle donne: “E’ scabroso le donne studiar” che è un po’ la sigla dell’opera.