Il naso di Cyrano: I ragazzini senesi

domenica 12 dicembre 2010

I ragazzini senesi

Eravamo in viaggio di nozze a Siena. Veramente il nostro viaggio stava per terminare, io e mio marito eravamo andati a salutare la bellissima piazza del Campo e stavamo per tornare in albergo a prendere le valige ma ci fermò il rullio cadenzato e tipico dei tamburi, ne seguimmo il suono, incuriositi. Non era semplice perché l’ipnotico ritmo non veniva da un’ unica direzione bensì da molte e diverse. Ci dicemmo che la cosa più saggia da farsi era tornare in piazza e avevamo ragione. In piazza, da direzioni diverse stavano arrivando dei terzetti di bambini e ragazzi. Ogni gruppo era formato da un tamburino e da due sbandieratori.

Erano bellissimi, tutti vestiti con i costumi delle contrade, alla medievale, e con certe faccine senesi che sembravano usciti da un dipinto di Simone Martini o dei Lorenzetti. Bellissimi con i loro capelli tagliati a caschetto e l’aria seria e concentrata di chi sta per affrontare una prova.

Ero incantata e, quando ci dissero che stava per essere disputata una gara di sbandieratori della categoria juniores, decidemmo di ritardare la partenze per vederla . Beh, a onor del vero fui io che decisi, mio marito avrebbe preferito viaggiare prima che facesse notte(guidava lui) ma mi accontentò, del resto lo spettacolo affascinava anche lui.

La gara cominciò, i piccoli sbandieratori ce la mettevano tutta ed era come fare un tuffo in pieno Medioevo, erano bravi ma ogni tanto sbagliavano, la bandiera cadeva a terra e questo comportava delle penalità.

A Siena la competizione ce l’hanno nel sangue da quando nascono e per i senesi conta solo vincere!

Così, quando quei bellissimi fanciulli dalle faccine angelicate sbagliavano e la bandiera cadeva a terra, tiravano, con i dolcissimi accenti della parlata senese, modernissime parolacce e sempiterne e terrificanti bestemmie a tutto il Pantheon cristiano.

Un contrasto da far rabbrividire, anche perché i genitori, che assistevano alla gara, non facevano una piega e anzi davano il loro personale contributo di colorite espressioni.

Guardai di sottecchi mio marito, sapevo che odiava quanto me le parolacce e la bestemmie, ero imbarazzata ma lui era apparentemente tranquillo e tifava per la sua contrada, quella della Lupa che alla fine risultò vincitrice.

Quando partimmo gli chiesi se non gli avessero dato fastidio le parole micidiali che erano uscite da quelle tenere boccucce. Mi rispose che a Siena anche i santi sono contradaioli e che quei ragazzini non intendevano offenderli ma soltanto manifestare il loro disappunto per quella che consideravano una disdicevole mancanza di protezione dei loro patroni.

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