Lo spettacolo è finito a mezzanotte ed ero finita anche io!
Intendiamoci, sono stata contenta di esserci andata: Brecht è un drammaturgo che offre sempre interessanti spunti di riflessione, gli attori hanno lavorato benissimo e la scenografia era affascinante. Il problema è che io arrivo al venerdì sera in stato di trance.
Infatti le mie riflessioni le ho fatte stamattina, a mente fresca, ieri sera era proprio impossibile.
L’opera è un tentativi brechtiano di spiegare il nazismo agli americani. Il drammaturgo tedesco, forse poco fiducioso circa le capacità intellettuali degli statunitensi, traspone la storia nell’ambiente dei gangester di Chicago e ce lo spiega pure, nella prima scena gli attori chiariscono che la storia non è che la metafora del nazismo, o meglio della sua nascita, in un intreccio di loschi affari, intimidazioni, uso distorto della giustizia e dei mass media, corruzione a barili e opportunismo del più vile. Insomma, la metafora di come va il mondo, più o meno da sempre.
Uno spettacolo affascinante ma tanto triste e non credo che i numerosi e maleducati studenti che ieri erano in teatro abbiano capito molto.
Io, stamattina, riflettendoci, ho capito che la Giustizia e l’Onestà, sono utopie di pochi in un mondo di gentaglia. Ho capito anche che è meglio terminare la mia settimana con qualche piacevole commedia e infatti domani andrò a vedere “L’importanza di chiamarsi Ernesto” di Oscar Wilde che non è proprio una favoletta ma almeno è piacevole.
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