In questi giorni su Facebook mi è capitato di leggere
dei commenti, più o meno scoperti, di stampo inequivocabilmente razzista. Un
razzismo generato in parte dall’ignoranza e dal populismo più smaccato e in
parte dalla crisi che, colpendo le tasche degli italiani in vari modi e misure,
li rende intolleranti verso gli stranieri che vengono in Italia.
Ora, premesso che sono convinta che il bene e il male
non stanno da una parte sola, vorrei fare alcune considerazioni, semplici,
semplici.
Se gli stranieri vengono in Europa è certo perché
nelle loro patrie non possono vivere dignitosamente, il che è un diritto di
tutti. Che poi in Italia riescano ad avere una vita dignitosa è tutto da
dimostrare ma loro sembrano crederlo.
Gli stranieri che vengono da noi, in genere, si
dedicano a tre attività: chiedono, talvolta con insistenza, l’elemosina, si
danno ad attività di stampo criminale e, naturalmente, io non posso che
biasimare questi comportamenti che sono anche reati.
Oppure lavorano.
Lavorano sodo ed onestamente, andando ad occupare
quelle nicchie di lavoro che gli italiani hanno abbandonato; badano agli
anziani, vendono frutta al mercato, lavorano nei campi, in fabbrica,
nell’edilizia.
Io, ormai da anni, ho nelle mie classi i figli di
questi lavoratori e conosco un po’, perché loro me li raccontano, i problemi e
i sacrifici che affrontano: spesso più persone dividono un appartamento
affittato a prezzi impossibili, subiscono varie forme di ricatto dai datori di
lavoro, soffrono per la lontananza (talvolta per la preoccupazione) dei
famigliari rimasti in patria. Insomma: fanno una brutta vita, spesso per dare
un futuro ai loro figli.
I loro figli frequentano la scuola pubblica italiana
perché la nostra meravigliosa Costituzione garantisce a tutti, senza
distinzione, il diritto fondamentale all’Istruzione.
Anche tra i ragazzi e le ragazze straniere, come per
i loro coetanei italiani, i comportamenti, riguardo allo studio, sono vari:
alcuni non hanno voglia di far nulla, altri cercano di studiare ma si lasciano
scoraggiare dalle difficoltà, non solo linguistiche, e da insegnanti che non
sanno o non vogliono aiutarli nel loro percorso di formazione; molti
(percentualmente, più degli italiani) capiscono quanto sia importante la scuola
e studiano sodo, si impegnano per imparare il prima possibile l’italiano e per
capire gli argomenti che si fanno a scuola.
L’atteggiamento dei ragazzi italiani nei confronti
degli studenti stranieri è vario: c’è chi li rifiuta in base a pregiudizi
(nelle mie classi ne ho avuti pochissimi), chi li accoglie, diventa loro amico
e collabora con loro, chi instaura vere e proprie amicizie, se trova nel
coetaneo straniero elementi di condivisione.
In genere, quando ho in classe degli stranieri, tutti
lavoriamo meglio: è come se ci fosse una sfida in più da superare: arrivare
alla fine dell’anno scolastico tutti ben preparati, “tutti”.
La collaborazione tra studenti italiani e stranieri
arricchisce “tutti”: gli studenti che allargano il loro orizzonte di conoscenza
ed anche gli insegnanti (anche se alcuni di loro non riescono a capirlo) che,
cercando nuovi modi di far lezione, migliorano il proprio metodo.
Queste le mie considerazioni e le
motivazioni del tremendo disagio che provo quando osservo comportamenti
discriminanti o leggo frasi stupidamente
razziste.
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