Di tutti la più felice ero io
che, non avendo mai visitato questo luogo, ero curiosissima.
Siamo arrivati dopo due ore di
viaggio in pullman, abbastanza tranquille.
La reggia è assai bella ma
piuttosto mal tenuta. C’è pochissimo controllo ed è invasa da venditori
ambulanti, stranieri e nostrani, che accerchiano i visitatori in massa, sono
insistenti e, spesso, si ha l’impressione che, più che per vendere, siano lì
per infilare le mani in zaini e borsette. Vigili e polizia, che stazionano in
loco, non fanno assolutamente nulla per disperderli.
La grande bellezza della reggia
consiste nell’armonia delle proporzioni e delle decorazioni, il che è
straordinario se si pensa che ci vollero quasi cento anni e vari architetti per
costruirla.
L’impressione che si ricava
percorrendo le sale e i giardini è quella di un’estrema eleganza, di una
raffinatezza squisita che contrasta piacevolmente con l’opulenta cafoneria di
Versailles. Carlo di Borbone volle una reggia che fosse alla pari con quella
francese, i Vanvitelli gliene costruirono una che la supera alla grande.
Mentre controllavo che gli alunni
non combinassero guai, mi riempivo gli
occhi di tanta bellezza e scattavo fotografie a raffica.
Era tutto davvero bello ed io ero
felice e cercavo di dimenticare che la maggior parte dei miei alunni, invece,
nonostante le lezioni preparatorie, non era in grado di apprezzare ciò che
vedeva.
Quasi tutti erano stanchi ancor
prima di cominciare la visita, annoiati ed assolutamente impermeabili alla
bellezza. Molti si sono meravigliati che io non fossi stanca e me lo hanno
detto. In fin dei conti, sono ormai una vecchia signora!
Non ho dato spiegazioni, come
avrei potuto far loro capire che, davanti allo splendore di quelle sale,
all’armonia di quel giardino, al genio di quegli artisti, io dimentico tutte le
schifezze della realtà, e ammiro beata la grandezza immortale dell’arte!