Stamattina, con L., siamo andate
alla Galleria Borghese a fare il pieno di bellezza.
Avevo prenotato i biglietti
online ma abbiamo comunque fatto un po’ di fila, causa covid, abbiamo dovuto
lasciare anche le borsette all’ingresso e siamo entrate da un uscio laterale,
perché c’era un percorso obbligato.
Nelle sale, comunque, abbiamo
subito dimenticato le seccature perché le opere esposte accolgono il visitatore
con un tale potenziale di fascino e meraviglia che uno non può pensare che a
godersele in pieno.
Soprattutto, Gian Lorenzo Bernini
la fa da padrone: il ratto di Proserpina, David, la Verità, opera che
scandalizzò parecchio i suoi contemporanei, Enea con Anchise e Ascanio, Apollo
e Dafne, giganteggiano al centro delle sale e tolgono il fiato a chi le ammira,
non c’è più il marmo, c’è la carne, morbida, elastica, sensuale, ci sono le
espressioni dei volti, la torsione dei muscoli, c’è la vita pulsante degli
uomini e delle donne in quelle statue.
Poi uno si gode anche dei Caravaggio
da urlo, Tiziano, Raffaello e va a salutare la Paolina, distesa, rilassata e
rassicurante, che Canova ci ha lasciato come dono prezioso.
In più ci sono tante altre opere,
alcune dell’antichità, altre di autori cinquecenteschi e barocchi e, dalle
finestre, occhieggia la natura dei giardini della villa.
Tanta bellezza è consolante,
distende i nervi, per un po’ fa dimenticare le angosce, le preoccupazioni, i
voli che non partono, le domande angosciose quali:” Riuscirò a raggiungere la
Costa Azzurra oppure no?” e mi ha permesso di rilassarmi, dopo una settimana
durante la quale la tensione mi ha letteralmente divorata.