Il naso di Cyrano: ottobre 2020

domenica 25 ottobre 2020

Il Mattatore

 In questi giorni ho rivisto le otto puntate superstiti del “Mattatore”, programma
televisivo degli inizi della televisione italiana, è del 1959, con un giovanissimo Vittorio Gassman.

Il sottotitolo era: “Programma di intrattenimento” e viene da sorridere (se non fosse da piangere) al pensiero dei programmi di intrattenimento attuali.
Nel Mattatore, Gassman ci intrattiene, solo per citarne alcuni, con Sofocle, Garcia Lorca, Tirso da Molina e Shakespeare, tanto Shakespeare.
Tutto è proposto con leggerezza ironica, con un sorriso critico e attentissimo ai dettagli; gli autori, tra i quali Flaiano e Zardi, per citarne solo due, si rivolgono ad un pubblico composito di persone colte e no. Certo, nel 1959, in pochi possedevano un apparecchio televisivo e, presumo, i telespettatori appartenevano alla classe dei benestanti, istruiti e magari anche colti; il “grande pubblico”, composto da persone di scarsa o nulla istruzione venne dopo.
Resta il fatto che quel “programma di intrattenimento” è uno Zibaldone fantastico di pagine immortali, interpretata da attori che, venendo dal teatro, sapevano recitare meravigliosamente e, soprattutto, interpretati da uno che aveva una personalità fortissima, capace di imprimere al personaggio un’allure originalissima, evidente, sottolineata, talvolta fino all’eccesso istrionico ma mai, assolutamente mai, volgare.
Gassman è giovane ma talmente sicuro di sé e delle sue capacità recitative da fare il verso anche a sé stesso: tutta la recitazione del Mattatore è un’ironica autocritica dell’attore “mattatore” della “primadonna teatrale”, del divo cinematografico di stampo Hollywoodiano.
Il programma riscosse critiche ferocissime dai maggiori intellettuali dell’epoca e Gassman non si sottrae al confronto, non lo fa urlando e sbraitando, come fanno oggi quelli della televisione, lui lo fa a modo suo: con l’uso di un’ ironia affilatissima, tutta cerebrale, arriva persino a farsi un processo in cui interpreta il doppio ruolo di avvocato difensore e di pubblico accusatore, con un humor al vetriolo di un’eleganza ormai sparita da tempo.
E’ stata un’esperienza piacevolissima rivedere lo spettacolo, ho passato due serate di raro godimento, tuffata in un tempo passato che mi è appartenuto ed ancora mi appartiene, assai più del volgare presente.

domenica 18 ottobre 2020

Viaggi e scoperte

In questi giorni ho letto un libro sul navigatore Alvise Ca’ da Mosto che mi è piaciuto tanto. Si intitola Andar per mare ed è stato scritto dalla professoressa Anna Unali.
Alvise era un veneziano, rampollo di una famiglia di mercanti che, fin da giovanissimo, praticò la mercatura sulle rotte mediterranee.
All’inizio del Quattrocento, epoca in cui visse lui, la conoscenza dell’orbe terraqueo era limitatissima: si conoscevano le terre che affacciavano sul Mediterraneo e quelle percorse dalla famosa “via della seta” descritte da Marco Polo e da altri mercanti.
Dell’Africa si sapeva ben poco, a parte il Magreb, si sapeva che c’era un grande deserto e, in generale, la Terra era ritenuta molto più piccola di quel che è.
Il giovane Alvise capitò in Portogallo, per i suoi affari, proprio quando questo piccolo Paese atlantico, guidato da don Enrique, detto il Navigatore, iniziava le esplorazioni del Mare Oceano, l’Atlantico, appunto.
La spinta motivazionale principe delle imprese portoghesi non era la “sete di conoscenza”, ovviamente: era il desiderio di trovare oro, spezie e schiavi in abbondanza da rivendere a prezzo concorrenziale agli altri Paesi europei.
Alvise conobbe don Enrique che lo fece partecipare a due spedizioni atlantiche. Il giovane ne fu entusiasta: all’occasione di arricchirsi, si congiungeva in lui il profondo desiderio di esplorare luoghi mai visti, di conoscere genti sconosciute, di vedere piante, animali, fiumi, isole tutte da scoprire. Egli, con le sue caravelle, oltrepassò i limiti conosciuti e si avventurò fino all’allora sconosciuto golfo di Guinea, alle foci del fiume Gambia.
Durante i suoi lunghi e, talvolta, difficili viaggi nell’ignoto, però, Alvise compì un altro viaggio: come l’Ulisse di Joyce, egli esplorò sé stesso, analizzò i sentimenti e le sensazioni che il mondo altro suscitava in lui e ce li raccontò in un memoriale che scrisse quando tornò a Venezia, riordinando i tanti appunti che aveva preso durante la navigazione.
Egli ci racconta l’entusiasmo per le ricchezze che gli europei trovarono e depredarono in Africa (del resto, Alvise era uomo del suo tempo e mercante) ma, anche, descrive il suo stupore davanti a luoghi bellissimi e per lui insoliti, esprime la sua meraviglia per la vita semplice e serena di molte delle popolazioni che incontra, ci fa vedere la bellezza delle donne e degli uomini delle tribù africane e si chiede, talvolta, se non è migliore la vita tranquilla e povera di quei popoli che non la sua, affaccendata e piena di pensieri.
La risposta non ce l’ha data esplicitamente ma essa emerge dalla narrazione: Alvise apprezza e talvolta ammira il modo di vivere dei popoli che incontra ma, da quell’uomo equilibrato, maturo e curioso di sapere che egli è, ama anche profondamente la sua di vita che gli permette di viaggiare e di fare esperienze che nessuno ha mai fatto prima di lui, di scoprire un mondo nuovo fuori e dentro di lui.


domenica 11 ottobre 2020

Cyrano

Ieri sera ho rivisto la puntata di Totem con Baricco, Vacis, Allegri e Stefania Rocca nella quale c’è la rilettura del Cyrano di Rostand. Fa sempre piacere vedere uno spettacolo intelligente e profondo, condotto con stile e humor, anche se mi è venuta un po’ di malinconia perché ho ricordato le volte che l’ho visto insieme alla Fg; anche a lei piaceva tanto ed era bello condividere un momento felice.
Nella parte sul Cyrano, Allegri recita la tirata del “No, grazie” e poi Baricco racconta per sommi capi la storia e legge il finale, commentandolo da par suo.
Alla fine si domanda:” Perché, sul punto di morire, L’eroico spadaccino non bacia la donna che ha amato, in silenzio, per tanti anni e che solo allora ha scoperto l’amore sublime dell’eroe? Baricco non riesce a comprendere, se lo spiega pensando che Cyrano ama la Libertà, per la quale si è battuto per tutta la sua vita, assai più di Rossana. E questa può essere una spiegazione.
Io, invece, ne ho un’altra: Cyrano non è solo l’eroico spadaccino, lui è anche “Astronomo, filosofo eccellente. Musico, spadaccino, rimatore, del ciel viaggiatore. Gran maestro di tic-tac. Amante – non per sé- molto eloquente …Cirano Ercole Saviniano Signor di Bergerac, Che in vita sua fu tutto e non fu niente!”.
Cioè, Lui è una persona colta e sensibile, un uomo capace di cogliere la bellezza in tutte le sue declinazioni e capace di esprimerla in versi di somma eleganza. Capace di comprendere la bellezza, Cyrano si innamora di Rossana, che è, fisicamente una bella donna. Non è però, Rossana una “donna bella”.
Nel senso che, nonostante sia una “preziosa”, o forse proprio per questo, Rossana è frivola, superficiale, egoista e, anche, diciamo la verità, un bel po’ cretina. Si invaghisce di Cristiano, che è caruccio ma ignorante peggio di una capra, tanto che si fa scrivere le lettere da Cyrano, il che, se vogliamo, è anche un tantino disonesto. E lei non se ne accorge. Dico: se sei un po’ in intimità con un’altra persona, come fai a non accorgerti che quello è troppo ignorante per scrivere lettere alate come quelle che Cyrano scrive per te?! Ma lei non se ne accorge.
Cyrano, invece, è intelligente, molto intelligente e, nei lunghi anni che trascorrono dalla morte di Cristiano alla sua, se ne sarà accorto che la donna che amava non meritava il suo amore!! La bellezza esteriore, a parte che appassisce, non basta a nascondere la pochezza intellettuale di una persona. Sì, lo so che Cyrano, tutti i sabati va a trovare Rossana in convento, il che può far pensare ad un amore tenace e solerte ma, poi, solerte mica tanto: una volta a settimana, visitina in convento; non mi sembra una grande dimostrazione d’amore. No, secondo me, alla fine, quella visitina diventa un’abitudine, Cyrano ha altro a cui pensare: ha tanti nemici, deve guardarsi dagli agguati dei vigliacchi, ha i suoi studi e la sua poesia.
Ecco perché, nel momento della morte, invece di abbracciare la cretinetta, si alza in piedi e rivendica, orgogliosamente, la sua integrità di uomo libero simboleggiata dal pennacchio del suo cappello.
Eh no, Rossana, tu il bacio di Cyrano proprio non te lo meritavi!



domenica 4 ottobre 2020

Cervicale

Una settimana con la cervicale è una faccenda che si può augurare solo al proprio peggior nemico.
Il medico mi ha prescritto una terapia fisiatrica ma, se non ci danno l’orario definitivo a scuola, non posso prenotare le sedute. E intanto la testa mi fa male, tanto, dovunque: sulla fronte, sulla nuca, dietro le orecchie, alle tempie. Vado avanti ad antidolorifici ma, nonostante le dosi elevate, il dolore resta, al massimo si ottunde un po’. Notte e giorno, spesso la notte sto sul divano perché a letto il dolore si acuisce, dormicchio e le fitte mi svegliano, allora mi metto a leggere ma è difficile concentrarsi. A scuola, al mattino, sono deconcentrata, ho sonno e dolore insieme, se continua così, dovrò chiedere altri giorni di malattia e mi dispiace perché la maggior parte degli alunni mi segue, è interessata, fa domande pertinenti ed intelligenti e vale la pena di lavorare con e per questi ragazzini che, nonostante il rientro a scuola, in condizioni di pericolosità estrema, con la ricreazione fatta da seduti, con le mascherine sulla faccia, con gli occhi tristi di chi sa che la situazione è orrenda, pure, si impegnano e seguono le mie povere, dolorose e doloranti spiegazioni.