In questi giorni ho rivisto le otto puntate superstiti del “Mattatore”, programma televisivo degli inizi della televisione italiana, è del 1959, con un giovanissimo Vittorio Gassman.
Il sottotitolo era: “Programma di intrattenimento” e viene da sorridere (se non fosse da piangere) al pensiero dei programmi di intrattenimento attuali.
Nel Mattatore, Gassman ci intrattiene, solo per citarne alcuni, con Sofocle, Garcia Lorca, Tirso da Molina e Shakespeare, tanto Shakespeare.
Tutto è proposto con leggerezza ironica, con un sorriso critico e attentissimo ai dettagli; gli autori, tra i quali Flaiano e Zardi, per citarne solo due, si rivolgono ad un pubblico composito di persone colte e no. Certo, nel 1959, in pochi possedevano un apparecchio televisivo e, presumo, i telespettatori appartenevano alla classe dei benestanti, istruiti e magari anche colti; il “grande pubblico”, composto da persone di scarsa o nulla istruzione venne dopo.
Resta il fatto che quel “programma di intrattenimento” è uno Zibaldone fantastico di pagine immortali, interpretata da attori che, venendo dal teatro, sapevano recitare meravigliosamente e, soprattutto, interpretati da uno che aveva una personalità fortissima, capace di imprimere al personaggio un’allure originalissima, evidente, sottolineata, talvolta fino all’eccesso istrionico ma mai, assolutamente mai, volgare.
Gassman è giovane ma talmente sicuro di sé e delle sue capacità recitative da fare il verso anche a sé stesso: tutta la recitazione del Mattatore è un’ironica autocritica dell’attore “mattatore” della “primadonna teatrale”, del divo cinematografico di stampo Hollywoodiano.
Il programma riscosse critiche ferocissime dai maggiori intellettuali dell’epoca e Gassman non si sottrae al confronto, non lo fa urlando e sbraitando, come fanno oggi quelli della televisione, lui lo fa a modo suo: con l’uso di un’ ironia affilatissima, tutta cerebrale, arriva persino a farsi un processo in cui interpreta il doppio ruolo di avvocato difensore e di pubblico accusatore, con un humor al vetriolo di un’eleganza ormai sparita da tempo.
E’ stata un’esperienza piacevolissima rivedere lo spettacolo, ho passato due serate di raro godimento, tuffata in un tempo passato che mi è appartenuto ed ancora mi appartiene, assai più del volgare presente.
Il sottotitolo era: “Programma di intrattenimento” e viene da sorridere (se non fosse da piangere) al pensiero dei programmi di intrattenimento attuali.
Nel Mattatore, Gassman ci intrattiene, solo per citarne alcuni, con Sofocle, Garcia Lorca, Tirso da Molina e Shakespeare, tanto Shakespeare.
Tutto è proposto con leggerezza ironica, con un sorriso critico e attentissimo ai dettagli; gli autori, tra i quali Flaiano e Zardi, per citarne solo due, si rivolgono ad un pubblico composito di persone colte e no. Certo, nel 1959, in pochi possedevano un apparecchio televisivo e, presumo, i telespettatori appartenevano alla classe dei benestanti, istruiti e magari anche colti; il “grande pubblico”, composto da persone di scarsa o nulla istruzione venne dopo.
Resta il fatto che quel “programma di intrattenimento” è uno Zibaldone fantastico di pagine immortali, interpretata da attori che, venendo dal teatro, sapevano recitare meravigliosamente e, soprattutto, interpretati da uno che aveva una personalità fortissima, capace di imprimere al personaggio un’allure originalissima, evidente, sottolineata, talvolta fino all’eccesso istrionico ma mai, assolutamente mai, volgare.
Gassman è giovane ma talmente sicuro di sé e delle sue capacità recitative da fare il verso anche a sé stesso: tutta la recitazione del Mattatore è un’ironica autocritica dell’attore “mattatore” della “primadonna teatrale”, del divo cinematografico di stampo Hollywoodiano.
Il programma riscosse critiche ferocissime dai maggiori intellettuali dell’epoca e Gassman non si sottrae al confronto, non lo fa urlando e sbraitando, come fanno oggi quelli della televisione, lui lo fa a modo suo: con l’uso di un’ ironia affilatissima, tutta cerebrale, arriva persino a farsi un processo in cui interpreta il doppio ruolo di avvocato difensore e di pubblico accusatore, con un humor al vetriolo di un’eleganza ormai sparita da tempo.
E’ stata un’esperienza piacevolissima rivedere lo spettacolo, ho passato due serate di raro godimento, tuffata in un tempo passato che mi è appartenuto ed ancora mi appartiene, assai più del volgare presente.