Il naso di Cyrano: La partita di scopa

sabato 13 giugno 2009

La partita di scopa

Ero laureata da due mesi quando fui chiamata ad insegnare per la prima volta. Era una di quelle scuole private dove si iscrivono alunni che sono stati bocciati più o meno dunque, gli allievi, in genere, hanno parecchi anni più del normale e sono anche belli grossi! Infatti, in quarta ce n’erano alcuni più vecchi di me.
Io sono formato bonsai, lo sapete e dalla cattedra non riuscivo a vedere i banchi in fondo. Sospettavo che, mentre io mi dilettavo in accurate spiegazioni letterarie, i miei alunni si dessero a varie attività illecite e facessero tutto meno che ascoltare me.
Un giorno mi avvicinai piano piano e scoprii, inorridita, che negli ultimi banchi si svolgeva tutti i giorni, nelle mie ore, un torneo di Scopa, il noto gioco di carte. Gli alunni, tranquillissimi, non fecero una piega, non si preoccuparono affatto che io potessi segnalarli al Preside o mettere una nota: la scuola era veramente l’ultimo dei loro pensieri.
Cosa avrei dovuto fare? Mi tornò in mente il celebre racconto di Giovanni Mosca “Alla conquista della 5^ B” e, con tutta l’incoscienza della gioventù, concepii un folle piano.
Con voce tranquilla feci la mia proposta e questo spiazzò i miei alunni, si erano aspettati, forse, urli e reprimende, di certo non avevano affatto pensato che le cose andassero come andarono.
La mia proposta era questa: a ricreazione avrei giocato contro i migliori di loro, se avessi vinto loro non avrebbero più giocato nelle ore di lezione ma solo a ricreazione. Mi fissarono increduli e mi chiesero se sapessi giocare. Dissi che ero una campionessa, mentivo naturalmente, io gioco malissimo a carte ma ero giovane, incosciente e disperata. Gli alunni accettarono e a ricreazione cominciò la sfida. Loro giocavano scientificamente, contavano le carte che uscivano, insomma erano davvero bravi, io giocavo a casaccio, mai riuscita a contare le carte, le dimentico subito. Loro non riuscivano a capire il mio metodo ( sfido, visto che io non avevo un metodo!) e questo li perse, abituati al gioco scientifico, quando si accorsero che giocavo come un bambino di sei anni era troppo tardi: avevo già accumulato un punteggio che mi permise di vincere nettamente! Pensavo che mi mandassero a quel paese, invece, il fatto che avessi bluffato mi fece guadagnare la loro stima!
Questa storia è verissima, anche se a voi può sembrare incredibile; la cosa più incredibile, però, è che i miei disonesti alunni onestissimamente rispettarono il patto e non solo da allora prestarono attenzione ma cominciarono anche a fare domande e ad interessarsi, a modo loro, alle lezioni di Letteratura.

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