Insegnavo in provincia, viaggiavo tutte le mattine all’alba per raggiungere la mia sede.
Per fortuna avevo una bella classetta, una prima media di ragazzini motivati e studiosi.
I miei alunni erano molto ligi al dovere: facevano i compiti, erano educati e arrivavano sempre puntuali. Tutti.
Tranne M. Lui arrivava immancabilmente dieci minuti dopo il suono della campanella.
Dopo qualche giorno dall’inizio dell’anno scolastico lo rimproverai e gli chiesi perché arrivasse sempre in ritardo.
Con un sorriso dolcissimo mi rispose: “Eh, prufessuré, è che iu, prima di venì alla scuola, ho da pijà l’ovi sutto alle gajine, e quann’è la stagione ho pure da pija li bruccujietti nellu campu che doppo mamma li vende a lu mercato.”
Forse è meglio qui dare una traduzione: “Eh professoressa, il fatto è che io prima di venire a scuola devo raccogliere le uova nel pollaio e, quando è stagione, devo raccogliere i broccoletti nel campo che poi mamma li vende al mercato.”
Mi vergognai, avevo pensato che M. non volesse alzarsi presto e invece, povero figlio, si alzava prima degli altri per aiutare la famiglia e me lo aveva detto con tanta tranquillità e naturalezza che mi fecero un’immensa tenerezza.
Che fare? Parlai con il Preside, il terribile Preside di quella scuola, terrore di alunni e docenti, pronta a sostenere un’epica battaglia, convinta che mai avrebbe accettato di tollerare quei ritardi.
Il Preside, incredibilmente, non solo mi disse di passare sopra i ritardi ma convocò il Consiglio di Classe e disse anche a tutti i colleghi di tollerare i ritardi di M..
Così M. poté continuare ad aiutare la sua famiglia, e riuscì anche, qualche volta, ad arrivare puntuale.
Per fortuna avevo una bella classetta, una prima media di ragazzini motivati e studiosi.
I miei alunni erano molto ligi al dovere: facevano i compiti, erano educati e arrivavano sempre puntuali. Tutti.
Tranne M. Lui arrivava immancabilmente dieci minuti dopo il suono della campanella.
Dopo qualche giorno dall’inizio dell’anno scolastico lo rimproverai e gli chiesi perché arrivasse sempre in ritardo.
Con un sorriso dolcissimo mi rispose: “Eh, prufessuré, è che iu, prima di venì alla scuola, ho da pijà l’ovi sutto alle gajine, e quann’è la stagione ho pure da pija li bruccujietti nellu campu che doppo mamma li vende a lu mercato.”
Forse è meglio qui dare una traduzione: “Eh professoressa, il fatto è che io prima di venire a scuola devo raccogliere le uova nel pollaio e, quando è stagione, devo raccogliere i broccoletti nel campo che poi mamma li vende al mercato.”
Mi vergognai, avevo pensato che M. non volesse alzarsi presto e invece, povero figlio, si alzava prima degli altri per aiutare la famiglia e me lo aveva detto con tanta tranquillità e naturalezza che mi fecero un’immensa tenerezza.
Che fare? Parlai con il Preside, il terribile Preside di quella scuola, terrore di alunni e docenti, pronta a sostenere un’epica battaglia, convinta che mai avrebbe accettato di tollerare quei ritardi.
Il Preside, incredibilmente, non solo mi disse di passare sopra i ritardi ma convocò il Consiglio di Classe e disse anche a tutti i colleghi di tollerare i ritardi di M..
Così M. poté continuare ad aiutare la sua famiglia, e riuscì anche, qualche volta, ad arrivare puntuale.
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