Insegnavo in una scuola all’estrema periferia di Roma.
Ambiente difficilissimo, alunni con famiglie difficili, disoccupazione e malavita diffuse, droga venduta agli angoli della strada, ordine pubblico inesistente.
Eppure dovevo aver fatto un buon lavoro se i miei alunni un giorno mi dissero:”A professore’, ce stai simpatica, a te le gomme della machina nun te le tajamo.”
Ringraziai della gentile attenzione ma spiegai che io non avevo l’automobile e che venivo a scuola in autobus. Gli alunni trasecolarono, poi uno disse:”Ma tu sei una professoressa, sei ricca, perché nun c’hai la machina?”
Dissi loro sinceramente quanto prendevo di stipendio e li vidi perplessi, una ragazza, il cui genitore faceva un mestiere poco raccomandabile, esclamò:”Ammazza, professore’, mi’ padre in una notte arza de più de quello che te danno ar mese! E tu c’hai studiato pure tant’anni! Ma chi te lo fa fa’ de arzatte all’arba e de venì qua a insegnà a noi?”
Già, chi me lo fa fare? Risposi che a me piaceva insegnare ma non capirono, non potevano.
Quella domanda, quel “Chi te lo fa fa’?” mi ha accompagnato per tutti questi anni e, tutte le volte che insegnare diventa più difficile, tutte le volte che mi prende lo scoramento, tutte le volte che non mi diverto più, mi risuona nella testa quel “Chi te lo fa fa’?” Ma il fatto è che io non so fare niente altro.
Ambiente difficilissimo, alunni con famiglie difficili, disoccupazione e malavita diffuse, droga venduta agli angoli della strada, ordine pubblico inesistente.
Eppure dovevo aver fatto un buon lavoro se i miei alunni un giorno mi dissero:”A professore’, ce stai simpatica, a te le gomme della machina nun te le tajamo.”
Ringraziai della gentile attenzione ma spiegai che io non avevo l’automobile e che venivo a scuola in autobus. Gli alunni trasecolarono, poi uno disse:”Ma tu sei una professoressa, sei ricca, perché nun c’hai la machina?”
Dissi loro sinceramente quanto prendevo di stipendio e li vidi perplessi, una ragazza, il cui genitore faceva un mestiere poco raccomandabile, esclamò:”Ammazza, professore’, mi’ padre in una notte arza de più de quello che te danno ar mese! E tu c’hai studiato pure tant’anni! Ma chi te lo fa fa’ de arzatte all’arba e de venì qua a insegnà a noi?”
Già, chi me lo fa fare? Risposi che a me piaceva insegnare ma non capirono, non potevano.
Quella domanda, quel “Chi te lo fa fa’?” mi ha accompagnato per tutti questi anni e, tutte le volte che insegnare diventa più difficile, tutte le volte che mi prende lo scoramento, tutte le volte che non mi diverto più, mi risuona nella testa quel “Chi te lo fa fa’?” Ma il fatto è che io non so fare niente altro.
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