Ieri sera a teatro ho visto un dramma di Bordon: La notte dell’Angelo.
Una storia semplice e complicata di figli che adorano i genitori, di genitori che se ne infischiano dei figli oppure li amano in modo sbagliato; la storia di tre personaggi che hanno tre storie diverse che poi sono la stessa storia. La stessa eterna storia: quella della vita. Tre figli: un vecchio, una donna, un ragazzo.
La donna è la figlia del vecchio, il vecchio è stato figlio e poi padre, il ragazzo…, beh, il ragazzo è la sintesi, rifiutato dai genitori, disperatamente innamorato di loro.
Dentro quella storia c’era anche la mia storia e, credo, quella di molti di noi, io mi ci sono trovata dentro e all’inizio stavo male, soffrivo, come i personaggi, l’assenza. Mio padre è morto quando ero molto piccola e mi è sempre mancato, altre persone che ho amato non ci sono più, perciò soffrivo, per il vuoto di un abbraccio, per il silenzio di parole d’amore, per l’inutilità di chi vive amando senza essere amato, proprio come quei tre sulla scena.
Però, ad un certo punto, mi sono resa conto che avevo smesso di star male, mi sono accorta che stavo identificandomi nella figura del vecchio, un padre che è stato anche un grande attore, amato dal suo pubblico e molto, un uomo che è stato capace di filtrare con il crivello dell’ironia la tragedia della vita.
Insomma, mi sono resa conto che sono vecchia anche io. Una vecchia saggia, però, una che, come quel vecchio, ha smesso di combattere battaglie perse, non per rassegnazione. Per distacco. L’ironia è un’arma formidabile per sopravvivere alla vita: ci permette di guardare in prospettiva, di allontanarci dalla sofferenza, fa sì che possiamo uscire dal sentimento ed entrare nella ragione.
E ieri sera ho capito anche una cosa che, qualche tempo fa, mi aveva detto Cat: che io so realmente provare piacere nelle cose che faccio.
E’ vero e adesso so anche perché: perché le guardo da fuori di me, le allontano per avvicinarmele.
Magico strumento l’ironia! Distanzia persone ed esperienze, permette di scegliere: se un’ esperienza mi piace, la riavvicino, me ne riapproprio, me la gusto a poco a poco, se, invece, una realtà non mi è gradita, la tengo a distanza di sicurezza, la guardo da fuori oppure, se è possibile (e molte volte lo è), la butto via senza stare troppo a pensarci.
Davvero magico strumento, io non ce l’avevo prima, ora che sono vecchia sì’ e mi piace da matti.
Una storia semplice e complicata di figli che adorano i genitori, di genitori che se ne infischiano dei figli oppure li amano in modo sbagliato; la storia di tre personaggi che hanno tre storie diverse che poi sono la stessa storia. La stessa eterna storia: quella della vita. Tre figli: un vecchio, una donna, un ragazzo.
La donna è la figlia del vecchio, il vecchio è stato figlio e poi padre, il ragazzo…, beh, il ragazzo è la sintesi, rifiutato dai genitori, disperatamente innamorato di loro.
Dentro quella storia c’era anche la mia storia e, credo, quella di molti di noi, io mi ci sono trovata dentro e all’inizio stavo male, soffrivo, come i personaggi, l’assenza. Mio padre è morto quando ero molto piccola e mi è sempre mancato, altre persone che ho amato non ci sono più, perciò soffrivo, per il vuoto di un abbraccio, per il silenzio di parole d’amore, per l’inutilità di chi vive amando senza essere amato, proprio come quei tre sulla scena.
Però, ad un certo punto, mi sono resa conto che avevo smesso di star male, mi sono accorta che stavo identificandomi nella figura del vecchio, un padre che è stato anche un grande attore, amato dal suo pubblico e molto, un uomo che è stato capace di filtrare con il crivello dell’ironia la tragedia della vita.
Insomma, mi sono resa conto che sono vecchia anche io. Una vecchia saggia, però, una che, come quel vecchio, ha smesso di combattere battaglie perse, non per rassegnazione. Per distacco. L’ironia è un’arma formidabile per sopravvivere alla vita: ci permette di guardare in prospettiva, di allontanarci dalla sofferenza, fa sì che possiamo uscire dal sentimento ed entrare nella ragione.
E ieri sera ho capito anche una cosa che, qualche tempo fa, mi aveva detto Cat: che io so realmente provare piacere nelle cose che faccio.
E’ vero e adesso so anche perché: perché le guardo da fuori di me, le allontano per avvicinarmele.
Magico strumento l’ironia! Distanzia persone ed esperienze, permette di scegliere: se un’ esperienza mi piace, la riavvicino, me ne riapproprio, me la gusto a poco a poco, se, invece, una realtà non mi è gradita, la tengo a distanza di sicurezza, la guardo da fuori oppure, se è possibile (e molte volte lo è), la butto via senza stare troppo a pensarci.
Davvero magico strumento, io non ce l’avevo prima, ora che sono vecchia sì’ e mi piace da matti.
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