sabato 27 marzo 2010
E alle otto e quaranta de la tarde… la dottoressa si addormentò.
Si festeggia, si mangia troppo e si beve un po’ (si fa per dire) e mentre tutti godono dei festeggiamenti, superiori a quelli tributati a Giulio Cesare di ritorno dalla Gallia, la FG se ne lascia subissare e si addormenta.
Per ben due volte la reazione della neodottoressa ai suoi momenti di gloria è stata un sonno profondo, comatoso, resistente a tutto.
Sono state inutili le chiamate degli amici, dei parenti e del ragazzo (martire delle circostanze), la FG ha dormito imperturbabilmente il sonno del giusto.
Dopo sette mesi di “studio matto e disperatissimo”, di giornate passate in una sorta di ritiro spirituale non nella cella di un convento bensì nel mio studio, reso inagibile dalla sua presenza e da quella di un numero imprecisato di libri e da circa venti chili (le abbiamo pesate!) di fotocopie, stampe di articoli e testi presi sul web, dal suo laptop, dopo levatacce mattutine che la FG odia quanto Agrippina odiava Tiberio, dopo patemi, inquietudini e dubbi amletici, sostenuta, finalmente, la discussione di Laurea, la FG è passata alla fase dei festeggiamenti.
Fase che è appena iniziata e che continuerà fino a Pasqua, poiché la FG ha amici e parenti sparsi per il mondo che, per vari motivi, non hanno potuto venire tutti insieme per il fausto evento.
Al momento i parenti che hanno risposto all’appello sono quelli paterni e in questi giorni sono venuti a Roma e si è proceduto, con l’abile regia di una mater orgogliosa e soddisfatta, a celebrare la neodottoressa.
Se non che, i festeggiamenti sono stati pressoché fatali.
La FG, già stremata fisicamente e psicologicamente dalla preparazione della tesi di laurea, ieri sera alle otto e quaranta della tarde, per citare l’immortale Garcìa Lorca, è crollata e si è addormentata proprio come un neonato.
Bellissima, nel suo pigiamino azzurro, non ha sentito più nulla, neppure le nostre parole di affetto e tenerezza e non si è accorta che suo zio le ha scattato una foto per immortalare il suo sonno.
Questa mattina, quando la FG ha visto la foto, ci è rimasta un po’ male.
Lei non sa che anche la sua mamma da mercoledì sera, finalmente, dopo sette mesi (tanto è durata la preparazione della tesi), dorme e con gusto il sonno del giusto.
mercoledì 24 marzo 2010
Grandi gioie
Quando nasce un figlio è una grande gioia. Poi cominciano i dolori, perché non è tanto facile crescerli i figli.
Intanto uno deve chiedersi che cosa significa “crescere”. Le risposte sono tante e diverse. Io credo che crescere significhi essere in grado di fare scelte consapevoli ed utili per sé e per gli altri, credo che significhi conoscenza, rispetto degli altri e di se stessi, dignità, capacità di agire per migliorare il mondo.
Insomma, io credo che crescere sia una cosa serissima e ho cercato di far crescere le mie figlie secondo questi principi.
Però, guardando questa umanità egoista, viziata e viziosa, spesso mi sono chiesta se facessi bene, il dubbio era che, forse, le mie figlie si sarebbero trovate svantaggiate.
Ma non sono stata in grado di educarle diversamente: io e mio marito eravamo troppo convinti della validità del nostro pensiero.
Le figlie sono cresciute così e questa è per me una grande gioia.
Stamattina la FG si è laureata. Siamo arrivate noi tre, io la FG e la FI (ma,forse, con noi c’era anche il pensiero di un padre amatissimo che non c’è più) davanti all’aula 4 della Facoltà di Lettere della Sapienza, la stessa aula dove un secolo fa mi laureai anche io.
C’erano tanti altri laureandi e laureande, tutti elegantissimi. I ragazzi in giacca e cravatta, quasi tutti, le ragazze in tailleur nero, camicetta bianca e tacco a spillo misura 12, più o meno truccate.
La FG era anche lei in tailleur, color vinaccia, camicetta bianca e…ballerine col tacco misura 1! Senza trucco.
La FG sembrava una liceale finita, per caso, nel posto sbagliato. Faceva tanta tenerezza. Nervosissima finché non sono arrivati il suo boy friend e un po’ di amici.
Quando siamo entrati nell’aula i membri della commissione hanno avuto un attimo di perplessità, devono aver pensato che la FG fosse minorenne e non un’ universitaria!
Comunque tutto è andato bene, anche se io sono dovuta correre a casa a prendere il CD con il testo della tesi che nessuno ci aveva detto di portare.
Dopo siamo andati tutti nella sede di Mirafiori per festeggiare Guido, un amico che si è laureato oggi in filosofia. La FG aveva sulla testa la coroncina di alloro con i nastri rossi, Guido aveva lo spumante, tutti eravamo felici, c’erano tanti loro amici, tutti ragazzi simpatici ed intelligenti, è arrivato anche il cugino Riccardo, grande anglista, che lavora nella Facoltà di Lingue.
Domani festa con i parenti che arriveranno dalla Sicilia e poi…ancora festeggiamenti.
La FG, finalmente rilassata, felice e contenta, ha dato a sua madre una gioia grandissima..soprattutto perché, finalmente, non dovrò più ascoltarla mentre mi ripete, fino allo sfinimento, l’abstract della sua tesi, come ha fatto in questi ultimi giorni.
Intanto uno deve chiedersi che cosa significa “crescere”. Le risposte sono tante e diverse. Io credo che crescere significhi essere in grado di fare scelte consapevoli ed utili per sé e per gli altri, credo che significhi conoscenza, rispetto degli altri e di se stessi, dignità, capacità di agire per migliorare il mondo.
Insomma, io credo che crescere sia una cosa serissima e ho cercato di far crescere le mie figlie secondo questi principi.
Però, guardando questa umanità egoista, viziata e viziosa, spesso mi sono chiesta se facessi bene, il dubbio era che, forse, le mie figlie si sarebbero trovate svantaggiate.
Ma non sono stata in grado di educarle diversamente: io e mio marito eravamo troppo convinti della validità del nostro pensiero.
Le figlie sono cresciute così e questa è per me una grande gioia.
Stamattina la FG si è laureata. Siamo arrivate noi tre, io la FG e la FI (ma,forse, con noi c’era anche il pensiero di un padre amatissimo che non c’è più) davanti all’aula 4 della Facoltà di Lettere della Sapienza, la stessa aula dove un secolo fa mi laureai anche io.
C’erano tanti altri laureandi e laureande, tutti elegantissimi. I ragazzi in giacca e cravatta, quasi tutti, le ragazze in tailleur nero, camicetta bianca e tacco a spillo misura 12, più o meno truccate.
La FG era anche lei in tailleur, color vinaccia, camicetta bianca e…ballerine col tacco misura 1! Senza trucco.
La FG sembrava una liceale finita, per caso, nel posto sbagliato. Faceva tanta tenerezza. Nervosissima finché non sono arrivati il suo boy friend e un po’ di amici.
Quando siamo entrati nell’aula i membri della commissione hanno avuto un attimo di perplessità, devono aver pensato che la FG fosse minorenne e non un’ universitaria!
Comunque tutto è andato bene, anche se io sono dovuta correre a casa a prendere il CD con il testo della tesi che nessuno ci aveva detto di portare.
Dopo siamo andati tutti nella sede di Mirafiori per festeggiare Guido, un amico che si è laureato oggi in filosofia. La FG aveva sulla testa la coroncina di alloro con i nastri rossi, Guido aveva lo spumante, tutti eravamo felici, c’erano tanti loro amici, tutti ragazzi simpatici ed intelligenti, è arrivato anche il cugino Riccardo, grande anglista, che lavora nella Facoltà di Lingue.
Domani festa con i parenti che arriveranno dalla Sicilia e poi…ancora festeggiamenti.
La FG, finalmente rilassata, felice e contenta, ha dato a sua madre una gioia grandissima..soprattutto perché, finalmente, non dovrò più ascoltarla mentre mi ripete, fino allo sfinimento, l’abstract della sua tesi, come ha fatto in questi ultimi giorni.
sabato 20 marzo 2010
Mirandolina
Ieri sera, con la FG ed eccezionalmente anche con la FI, sono andata all’ Eliseo a vedere la Locandiera di Goldoni.
Una messa in scena rigorosamente filologica, testo integrale, costumi perfetti, scena essenziale ed efficacissima, recitazione quasi perfetta nei ritmi, nelle sfumature, insomma, una rappresentazione come, ormai, non se ne fanno molte.
Ero un po’ preoccupata mentre andavo a teatro: oggi le compagnie, per lo più, interpretano i classici a modo loro, così uno va a teatro pensando di vedere Pirandello, Shakespeare o Goldoni e in vece vede tutt’altra cosa. Il che magari può anche essere stimolante ma talvolta è frustrante e fastidioso.
Ieri sera, per fortuna, ho visto proprio Goldoni, il mio caro siòr Carlin, con la sua bonomia, la sua grazia e la sua intelligenza. Che bellezza! Dopo una settimana alienante e stravolgente, fatta di lavoro, riunioni pomeridiane, impegni domestici ed FG isterica a causa della laurea imminente, mi sono rilassata abbandonandomi il puro divertimento, al piacere di un linguaggio fluente e delizioso come quello goldoniano.
La Locandiera è una commedia in lingua italiana che ben si colloca nella dimensione pre-illuministica dell’ affermazione della borghesia lavoratrice in contrapposizione al parassitismo della nobiltà settecentesca.
Mirandolina, la protagonista, tiene testa, nella sua locanda, alle avances degli aristocratici, ricchi e spiantati ma tutti ugualmente arroganti e si diverte (e ci fa divertire) a conquistare un cavaliere spregiatore delle donne, usando le stesse armi di sempre: la seduzione e l’intelligenza.
Però, io ieri non sono stata a fare l’analisi dei contenuti o del linguaggio, mi sono lasciata andare, mi sono fatta trasportare nel magico mondo della fantasia, proprio come quando, da ragazzina, per la prima volta vidi quest’opera in televisione.
Ieri ho ritrovato la magia vera del teatro: la possibilità di entrare in una fabula, divertendomi in completo relax a vivere la storia dei personaggi. Era tanto tempo che non mi succedeva, sono stata proprio felice.
Grazie Mirandolina e grazie signor Goldoni!
Una messa in scena rigorosamente filologica, testo integrale, costumi perfetti, scena essenziale ed efficacissima, recitazione quasi perfetta nei ritmi, nelle sfumature, insomma, una rappresentazione come, ormai, non se ne fanno molte.
Ero un po’ preoccupata mentre andavo a teatro: oggi le compagnie, per lo più, interpretano i classici a modo loro, così uno va a teatro pensando di vedere Pirandello, Shakespeare o Goldoni e in vece vede tutt’altra cosa. Il che magari può anche essere stimolante ma talvolta è frustrante e fastidioso.
Ieri sera, per fortuna, ho visto proprio Goldoni, il mio caro siòr Carlin, con la sua bonomia, la sua grazia e la sua intelligenza. Che bellezza! Dopo una settimana alienante e stravolgente, fatta di lavoro, riunioni pomeridiane, impegni domestici ed FG isterica a causa della laurea imminente, mi sono rilassata abbandonandomi il puro divertimento, al piacere di un linguaggio fluente e delizioso come quello goldoniano.
La Locandiera è una commedia in lingua italiana che ben si colloca nella dimensione pre-illuministica dell’ affermazione della borghesia lavoratrice in contrapposizione al parassitismo della nobiltà settecentesca.
Mirandolina, la protagonista, tiene testa, nella sua locanda, alle avances degli aristocratici, ricchi e spiantati ma tutti ugualmente arroganti e si diverte (e ci fa divertire) a conquistare un cavaliere spregiatore delle donne, usando le stesse armi di sempre: la seduzione e l’intelligenza.
Però, io ieri non sono stata a fare l’analisi dei contenuti o del linguaggio, mi sono lasciata andare, mi sono fatta trasportare nel magico mondo della fantasia, proprio come quando, da ragazzina, per la prima volta vidi quest’opera in televisione.
Ieri ho ritrovato la magia vera del teatro: la possibilità di entrare in una fabula, divertendomi in completo relax a vivere la storia dei personaggi. Era tanto tempo che non mi succedeva, sono stata proprio felice.
Grazie Mirandolina e grazie signor Goldoni!
sabato 13 marzo 2010
Le signore della palestra
Dallo scorso maggio frequento una nuova palestra, più vicina a casa mia, più economica e, soprattutto, meno sporca di quella dove andavo prima.
Frequento un corso di ginnastica, si fa per dire, dolce.
Quando sono andata alla prima lezione ho visto che eravamo tutte donne e che le altre signore erano tutte della mia età o anche più anziane.
Mi sono detta che sarebbe stato facile e poco faticoso allenarmi perché pensavo che, per persone non più tanto giovani, le maestre facessero un programma leggero.
Invece no. Si fatica eccome!
Le maestre, che sono giovanissime e simpatiche, ci fanno lavorare sodo, su tutta la muscolatura.
Io la prima volta, e anche dopo, mi sentivo stanchissima e la tentazione di fermarmi e di non completare qualche esercizio ce l’avevo ma poi vedevo le mie compagne che lavoravano duro e mi vergognavo, così, stringendo i denti, continuavo fino alla fine.
Adesso va decisamente meglio, sono allenata e riesco a stare alla pari con loro.
Le signore della palestra sono tipi tosti, zampettano, saltellano, fanno addominali, gag e stretching senza fermarsi, un vero esempio per molti ragazzetti moderni che vivono praticamente seduti.
E sono anche simpatiche. Spesso scambiamo qualche parola mentre ci prepariamo per la lezione oppure all’ uscita, sono gentili e cortesi.
Ci capita di lamentarci per la cervicale o per l’artrosi che quasi tutte, chi più chi meno, abbiamo ma non ci facciamo sconfiggere dagli acciacchi e allegramente eseguiamo i nostri esercizi su ritmi non troppo blandi, scanditi da una musica che non mi piace troppo ma che ci aiuta ad andare a tempo.
Mi diverto un mondo con le signore della palestra.
Frequento un corso di ginnastica, si fa per dire, dolce.
Quando sono andata alla prima lezione ho visto che eravamo tutte donne e che le altre signore erano tutte della mia età o anche più anziane.
Mi sono detta che sarebbe stato facile e poco faticoso allenarmi perché pensavo che, per persone non più tanto giovani, le maestre facessero un programma leggero.
Invece no. Si fatica eccome!
Le maestre, che sono giovanissime e simpatiche, ci fanno lavorare sodo, su tutta la muscolatura.
Io la prima volta, e anche dopo, mi sentivo stanchissima e la tentazione di fermarmi e di non completare qualche esercizio ce l’avevo ma poi vedevo le mie compagne che lavoravano duro e mi vergognavo, così, stringendo i denti, continuavo fino alla fine.
Adesso va decisamente meglio, sono allenata e riesco a stare alla pari con loro.
Le signore della palestra sono tipi tosti, zampettano, saltellano, fanno addominali, gag e stretching senza fermarsi, un vero esempio per molti ragazzetti moderni che vivono praticamente seduti.
E sono anche simpatiche. Spesso scambiamo qualche parola mentre ci prepariamo per la lezione oppure all’ uscita, sono gentili e cortesi.
Ci capita di lamentarci per la cervicale o per l’artrosi che quasi tutte, chi più chi meno, abbiamo ma non ci facciamo sconfiggere dagli acciacchi e allegramente eseguiamo i nostri esercizi su ritmi non troppo blandi, scanditi da una musica che non mi piace troppo ma che ci aiuta ad andare a tempo.
Mi diverto un mondo con le signore della palestra.
sabato 6 marzo 2010
Niente cambia
Ieri, in un teatro semivuoto, ho assistito alla rappresentazione dei quattro atti profani di Antonio Tarantino.
Lo spettacolo è stato straordinariamente terribile e affascinante, una passione laica, ambientata su un Golgota-discarica, oppresso da un cielo plumbeo che a tratti si animava di colori inquietanti. Una metafora della vita umana, di questo calvario senza sogni e senza speranza che tutti noi viventi attraversiamo.
I personaggi erano emarginati: un pazzo, una prostituta, mendicanti ed omosessuali. Tutti sconfitti, feriti, schiacciati dalla vita stessa.
La sala era quasi vuota, per forza: le signore in pelliccia non gradiscono questo genere di teatro, meglio Goldoni o magari anche Pirandello. Le pellicce ce le ho anche io ma non me le metto, sono terribilmente scomode ed impaccianti ma io ieri all’ Eliseo ci sono andata e l’ opera di Tarantino mi ha coinvolto, dolorosamente.
Anche la FG ha apprezzato, anche se ha fatto fatica ha comprendere, nell’intervallo le ho dato qualche chiave di lettura per capire meglio.
Ci siamo entrambe riconosciute in quell’umanità oppressa, certo noi non siamo povere ed emarginate come i personaggi, la nostra emarginazione è diversa: è quella di chi vorrebbe un mondo giusto, una vita dove poter realizzare i propri ideali, concretizzare le proprie aspirazioni, avere sogni e speranze.
Invece io e la FG siamo dolorosamente consapevoli che la nostra esistenza si svolge nell’impossibilità di attuare progetti di giustizia, basta guardarsi intorno, sentire un notiziari, sfogliare un giornale.
La battuta finale di Maria, la prostituta alla quale hanno arrestato il figlio, è emblematica: “Io non aspetto la resurrezione” dice mentre sta andando dal giudice per ottenere un colloquio con il figlio “Io aspetto l’autobus”. Atrocemente disperata.
Quindici giorni fa, Euripide, nell’Ecuba, ci ha mostrato la stessa realtà. In 2500 anni non è cambiato assolutamente niente!
E allora? Che ci resta?
Per me, combattere, continuare a battermi contro i mulini a vento, come don Chisciotte, contro la menzogna, la viltà, l’opportunismo, come il mio caro Cyrano, sicuro della sconfitta e per ciò il più grande degli eroi.
Ecco, io come lui, non posso far altro che ribadire: “ Je me bats, je me bats, je me bats!”.
Lo spettacolo è stato straordinariamente terribile e affascinante, una passione laica, ambientata su un Golgota-discarica, oppresso da un cielo plumbeo che a tratti si animava di colori inquietanti. Una metafora della vita umana, di questo calvario senza sogni e senza speranza che tutti noi viventi attraversiamo.
I personaggi erano emarginati: un pazzo, una prostituta, mendicanti ed omosessuali. Tutti sconfitti, feriti, schiacciati dalla vita stessa.
La sala era quasi vuota, per forza: le signore in pelliccia non gradiscono questo genere di teatro, meglio Goldoni o magari anche Pirandello. Le pellicce ce le ho anche io ma non me le metto, sono terribilmente scomode ed impaccianti ma io ieri all’ Eliseo ci sono andata e l’ opera di Tarantino mi ha coinvolto, dolorosamente.
Anche la FG ha apprezzato, anche se ha fatto fatica ha comprendere, nell’intervallo le ho dato qualche chiave di lettura per capire meglio.
Ci siamo entrambe riconosciute in quell’umanità oppressa, certo noi non siamo povere ed emarginate come i personaggi, la nostra emarginazione è diversa: è quella di chi vorrebbe un mondo giusto, una vita dove poter realizzare i propri ideali, concretizzare le proprie aspirazioni, avere sogni e speranze.
Invece io e la FG siamo dolorosamente consapevoli che la nostra esistenza si svolge nell’impossibilità di attuare progetti di giustizia, basta guardarsi intorno, sentire un notiziari, sfogliare un giornale.
La battuta finale di Maria, la prostituta alla quale hanno arrestato il figlio, è emblematica: “Io non aspetto la resurrezione” dice mentre sta andando dal giudice per ottenere un colloquio con il figlio “Io aspetto l’autobus”. Atrocemente disperata.
Quindici giorni fa, Euripide, nell’Ecuba, ci ha mostrato la stessa realtà. In 2500 anni non è cambiato assolutamente niente!
E allora? Che ci resta?
Per me, combattere, continuare a battermi contro i mulini a vento, come don Chisciotte, contro la menzogna, la viltà, l’opportunismo, come il mio caro Cyrano, sicuro della sconfitta e per ciò il più grande degli eroi.
Ecco, io come lui, non posso far altro che ribadire: “ Je me bats, je me bats, je me bats!”.
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