Ieri, in un teatro semivuoto, ho assistito alla rappresentazione dei quattro atti profani di Antonio Tarantino.
Lo spettacolo è stato straordinariamente terribile e affascinante, una passione laica, ambientata su un Golgota-discarica, oppresso da un cielo plumbeo che a tratti si animava di colori inquietanti. Una metafora della vita umana, di questo calvario senza sogni e senza speranza che tutti noi viventi attraversiamo.
I personaggi erano emarginati: un pazzo, una prostituta, mendicanti ed omosessuali. Tutti sconfitti, feriti, schiacciati dalla vita stessa.
La sala era quasi vuota, per forza: le signore in pelliccia non gradiscono questo genere di teatro, meglio Goldoni o magari anche Pirandello. Le pellicce ce le ho anche io ma non me le metto, sono terribilmente scomode ed impaccianti ma io ieri all’ Eliseo ci sono andata e l’ opera di Tarantino mi ha coinvolto, dolorosamente.
Anche la FG ha apprezzato, anche se ha fatto fatica ha comprendere, nell’intervallo le ho dato qualche chiave di lettura per capire meglio.
Ci siamo entrambe riconosciute in quell’umanità oppressa, certo noi non siamo povere ed emarginate come i personaggi, la nostra emarginazione è diversa: è quella di chi vorrebbe un mondo giusto, una vita dove poter realizzare i propri ideali, concretizzare le proprie aspirazioni, avere sogni e speranze.
Invece io e la FG siamo dolorosamente consapevoli che la nostra esistenza si svolge nell’impossibilità di attuare progetti di giustizia, basta guardarsi intorno, sentire un notiziari, sfogliare un giornale.
La battuta finale di Maria, la prostituta alla quale hanno arrestato il figlio, è emblematica: “Io non aspetto la resurrezione” dice mentre sta andando dal giudice per ottenere un colloquio con il figlio “Io aspetto l’autobus”. Atrocemente disperata.
Quindici giorni fa, Euripide, nell’Ecuba, ci ha mostrato la stessa realtà. In 2500 anni non è cambiato assolutamente niente!
E allora? Che ci resta?
Per me, combattere, continuare a battermi contro i mulini a vento, come don Chisciotte, contro la menzogna, la viltà, l’opportunismo, come il mio caro Cyrano, sicuro della sconfitta e per ciò il più grande degli eroi.
Ecco, io come lui, non posso far altro che ribadire: “ Je me bats, je me bats, je me bats!”.
Lo spettacolo è stato straordinariamente terribile e affascinante, una passione laica, ambientata su un Golgota-discarica, oppresso da un cielo plumbeo che a tratti si animava di colori inquietanti. Una metafora della vita umana, di questo calvario senza sogni e senza speranza che tutti noi viventi attraversiamo.
I personaggi erano emarginati: un pazzo, una prostituta, mendicanti ed omosessuali. Tutti sconfitti, feriti, schiacciati dalla vita stessa.
La sala era quasi vuota, per forza: le signore in pelliccia non gradiscono questo genere di teatro, meglio Goldoni o magari anche Pirandello. Le pellicce ce le ho anche io ma non me le metto, sono terribilmente scomode ed impaccianti ma io ieri all’ Eliseo ci sono andata e l’ opera di Tarantino mi ha coinvolto, dolorosamente.
Anche la FG ha apprezzato, anche se ha fatto fatica ha comprendere, nell’intervallo le ho dato qualche chiave di lettura per capire meglio.
Ci siamo entrambe riconosciute in quell’umanità oppressa, certo noi non siamo povere ed emarginate come i personaggi, la nostra emarginazione è diversa: è quella di chi vorrebbe un mondo giusto, una vita dove poter realizzare i propri ideali, concretizzare le proprie aspirazioni, avere sogni e speranze.
Invece io e la FG siamo dolorosamente consapevoli che la nostra esistenza si svolge nell’impossibilità di attuare progetti di giustizia, basta guardarsi intorno, sentire un notiziari, sfogliare un giornale.
La battuta finale di Maria, la prostituta alla quale hanno arrestato il figlio, è emblematica: “Io non aspetto la resurrezione” dice mentre sta andando dal giudice per ottenere un colloquio con il figlio “Io aspetto l’autobus”. Atrocemente disperata.
Quindici giorni fa, Euripide, nell’Ecuba, ci ha mostrato la stessa realtà. In 2500 anni non è cambiato assolutamente niente!
E allora? Che ci resta?
Per me, combattere, continuare a battermi contro i mulini a vento, come don Chisciotte, contro la menzogna, la viltà, l’opportunismo, come il mio caro Cyrano, sicuro della sconfitta e per ciò il più grande degli eroi.
Ecco, io come lui, non posso far altro che ribadire: “ Je me bats, je me bats, je me bats!”.
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