Ieri sera, con la FG ed eccezionalmente anche con la FI, sono andata all’ Eliseo a vedere la Locandiera di Goldoni.
Una messa in scena rigorosamente filologica, testo integrale, costumi perfetti, scena essenziale ed efficacissima, recitazione quasi perfetta nei ritmi, nelle sfumature, insomma, una rappresentazione come, ormai, non se ne fanno molte.
Ero un po’ preoccupata mentre andavo a teatro: oggi le compagnie, per lo più, interpretano i classici a modo loro, così uno va a teatro pensando di vedere Pirandello, Shakespeare o Goldoni e in vece vede tutt’altra cosa. Il che magari può anche essere stimolante ma talvolta è frustrante e fastidioso.
Ieri sera, per fortuna, ho visto proprio Goldoni, il mio caro siòr Carlin, con la sua bonomia, la sua grazia e la sua intelligenza. Che bellezza! Dopo una settimana alienante e stravolgente, fatta di lavoro, riunioni pomeridiane, impegni domestici ed FG isterica a causa della laurea imminente, mi sono rilassata abbandonandomi il puro divertimento, al piacere di un linguaggio fluente e delizioso come quello goldoniano.
La Locandiera è una commedia in lingua italiana che ben si colloca nella dimensione pre-illuministica dell’ affermazione della borghesia lavoratrice in contrapposizione al parassitismo della nobiltà settecentesca.
Mirandolina, la protagonista, tiene testa, nella sua locanda, alle avances degli aristocratici, ricchi e spiantati ma tutti ugualmente arroganti e si diverte (e ci fa divertire) a conquistare un cavaliere spregiatore delle donne, usando le stesse armi di sempre: la seduzione e l’intelligenza.
Però, io ieri non sono stata a fare l’analisi dei contenuti o del linguaggio, mi sono lasciata andare, mi sono fatta trasportare nel magico mondo della fantasia, proprio come quando, da ragazzina, per la prima volta vidi quest’opera in televisione.
Ieri ho ritrovato la magia vera del teatro: la possibilità di entrare in una fabula, divertendomi in completo relax a vivere la storia dei personaggi. Era tanto tempo che non mi succedeva, sono stata proprio felice.
Grazie Mirandolina e grazie signor Goldoni!
Una messa in scena rigorosamente filologica, testo integrale, costumi perfetti, scena essenziale ed efficacissima, recitazione quasi perfetta nei ritmi, nelle sfumature, insomma, una rappresentazione come, ormai, non se ne fanno molte.
Ero un po’ preoccupata mentre andavo a teatro: oggi le compagnie, per lo più, interpretano i classici a modo loro, così uno va a teatro pensando di vedere Pirandello, Shakespeare o Goldoni e in vece vede tutt’altra cosa. Il che magari può anche essere stimolante ma talvolta è frustrante e fastidioso.
Ieri sera, per fortuna, ho visto proprio Goldoni, il mio caro siòr Carlin, con la sua bonomia, la sua grazia e la sua intelligenza. Che bellezza! Dopo una settimana alienante e stravolgente, fatta di lavoro, riunioni pomeridiane, impegni domestici ed FG isterica a causa della laurea imminente, mi sono rilassata abbandonandomi il puro divertimento, al piacere di un linguaggio fluente e delizioso come quello goldoniano.
La Locandiera è una commedia in lingua italiana che ben si colloca nella dimensione pre-illuministica dell’ affermazione della borghesia lavoratrice in contrapposizione al parassitismo della nobiltà settecentesca.
Mirandolina, la protagonista, tiene testa, nella sua locanda, alle avances degli aristocratici, ricchi e spiantati ma tutti ugualmente arroganti e si diverte (e ci fa divertire) a conquistare un cavaliere spregiatore delle donne, usando le stesse armi di sempre: la seduzione e l’intelligenza.
Però, io ieri non sono stata a fare l’analisi dei contenuti o del linguaggio, mi sono lasciata andare, mi sono fatta trasportare nel magico mondo della fantasia, proprio come quando, da ragazzina, per la prima volta vidi quest’opera in televisione.
Ieri ho ritrovato la magia vera del teatro: la possibilità di entrare in una fabula, divertendomi in completo relax a vivere la storia dei personaggi. Era tanto tempo che non mi succedeva, sono stata proprio felice.
Grazie Mirandolina e grazie signor Goldoni!
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