Il naso di Cyrano: maggio 2010

venerdì 28 maggio 2010

Oggi il teatro l’abbiamo fatto noi

Eh, sì. Oggi i miei alunni hanno presentato gli spettacoli di fine anno scolastico e sono stati bravissimi.

Gli alunni di prima media hanno messo in scena una Biancaneve demenziale, recitando follemente e offrendo uno spettacolo di comicità gradevolissima.

Gli allievi di seconda media ci hanno deliziato con “La scoperta dell’America” di Cesare Pascarella, in versi romaneschi. Un testo un po’ difficile ma loro hanno saputo interpretarlo magistralmente e hanno anche cantato una serenata romana e un rock allegro e travolgente.

Uno spettacolo da dieci e lode! Bravissimi, ragazzi e ragazze, grazie per il vostro impegno, per la vostra disponibilità, per la vostra allegria. Mi sono divertita tanto a lavorare con voi, è questa la scuola che piace a me, quella che fate voi e della quale dovete essere orgogliosi. Vi abbraccio tutti con tanto affetto.

sabato 22 maggio 2010

Il football è solo un gioco…ma…

Non mi piacciono gli eccessi e stasera ne ho sentite davvero di tutti i colori!

La frase più ripetuta e più stupida pronunciata da commentatori ed opinionisti è questa:” E’ una vittoria storica, l’ Inter entra nella storia!”

Ma, andiamo, la storia è una cosa seria, nella storia ci entrano gli eroi, quelli che fanno grandi cose, possibilmente utili all’ umanità, oppure quelli che tutti i giorni fanno il loro dovere, con serietà e fatica.

Nella storia io ci metto gli artisti, gli scienziati, insomma quelli che fanno cose serie.

Il calcio, invece, è solo un gioco ma che gioco!

Io la vittoria dell’ Inter in Coppa dei Campioni la aspettavo da quarantacinque anni!! Da quella sera che vidi l’Inter di capitan Picchi, di Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso, allenata da Helenio Herrera, vincere. Fu allora che decisi che avrei tifato per i nerazzurri. E non ho mai smesso, neppure quando vennero gli anni bui, quando l’Inter non vinceva più, un po’ perché i grandi campioni non è che se ne trovino a bizzeffe e un po’ perché la mia squadra, in genere, gioca pulito, anche quando altre squadre contaminano il gioco con sporchi trucchi. Per questo mi piace la mia squadra, certo tifare per loro ti fa soffrire e non poco ma poi, quando vinciamo sono soddisfazioni, allora siamo felici noi interisti e possiamo anche prendere un po’ in giro gli avversari, come stasera ha fatto Materazzi che sulla maglietta aveva scritto:” Rivolete anche questa?”, evidentemente rivolto ad una società, che tutti conosciamo che, privata di uno scudetto perché impelagata in azioni alquanto losche, ora lo rivendica per sé.

“Questa” e la Coppa dei Campioni e stasera l’abbiamo vinta noi, cioè loro, i giocatori, dopo aver vinto, nell’arco di venti giorni, la Coppa Italia e il diciottesimo scudetto.

Stasera sono felice e basta, l’Inter non sarà entrata certo nella storia ma ha realizzato un’ impresa; come ha detto Cambiasso:” Ha fatto di un sogno una realtà” e non è poco.

Grazie Inter per aver realizzato un sogno lungo quarantacinque anni!

venerdì 14 maggio 2010

Copenaghen

Quando la FG era al liceo, tornò a casa un brutto giorno sostenendo che l’insegnante d’Inglese le aveva assegnato per la lezione successiva trenta pagine di traduzione del testo teatrale “Copenaghen” di Frayn.

L’insegnante d’Inglese della FG al liceo non era una persona molto intelligente, tuttavia a me venne il dubbio che la FG avesse frainteso ma, alle mie obiezioni, la sciaguratissima fanciulla rispose tra urli e lacrime che trenta pagine doveva tradurre dall’Inglese in italiano.

Ora, pur essendo la FG notevolmente preparata in lingua Inglese, trenta pagine sono sempre trenta pagine: troppe! Perciò io fui precettata dalla diabolica ragazza a fare da vocabolario, nel senso che dovevo cercarle sul dizionario i termini che lei non conosceva.

Ci lavorammo due giorni ed una notte, io finii per odiare quel testo, poi odiai la figlia quando seppi che non trenta pagine doveva tradurre ma soltanto tre.

Tre pagine soltanto, circa mezz’ora di lavoro ma la FG è distratta, lo è sempre stata e a scuola non ascoltava mai quello che le sue insegnanti dicevano, tanto aveva sempre voti bellissimi e in caso d’emergenza sapeva di poter contare sull’aiuto di una madre idiota.

Stasera, con la criminale, sono andata all’Eliseo a vedere Copenaghen, magistralmente interpretato da Giuliana Lojodice, Massimo Popolizio ed Umberto Orsini.

Copenaghen è un testo difficile, affronta il tema dell’etica nella scienza, propone la contraddizione di due scienziati:il danese Bohr e il tedesco Heisenberg alle prese con la nuova fisica e con il dilemma della bomba nucleare.

Heisenberg sembra il cattivo, è ambiguo, tedesco, sconvolto dalla crisi della Germania dopo la prima guerra mondiale, non rinnega il nazismo nel quale vede, forse, il riscatto della sua patria.

Bohr e sua moglie, danesi che vivono il dramma dell’invasione nazista, sembrano i buoni ma ala fine è proprio Bohr a darci una chiave di lettura: Heisenberg non costruì la bomba, non fu responsabile della morte di nessuno, Bohr, emigrato in America, concorse con tanti altri alla tragedia di Hiroshima e Nagasaki.

Detta così la faccenda può sembrare micidialmente pesante, invece il testo,che tratta di un tema serissimo, è sviluppato con un’ironia così fine e liberatoria che risulta gradevolissimo.

Soprattutto il personaggio di Margarethe, la moglie di Bohr, interpreta da una Lojodice eccezionale, ha il compito di razionalizzare, con sottile umorismo e severo rigore, i sentimenti, le angosce e le passioni dei due scienziati.

È stato uno spettacolo affascinante, un bel modo di concludere una stagione teatrale ricca di eventi e di spettacoli coinvolgenti.

domenica 9 maggio 2010

Fantasia

Oggi vi regalo un bellissimo aforisma di Albert Einstein:

“L’immaginazione è più importante della Conoscenza”

E’ una bella frase che uno non si aspetterebbe da uno scienziato ma Einstein era un genio e, io credo giustamente, riteneva che non può esserci Conoscenza senza immaginazione. Voglio dire che, davanti a qualsiasi fenomeno sconosciuto, l’uomo prima immagina poi verifica e astrae la legge.

Alla fin dei conti le parole di Einstein non sono altro che un modo geniale di definire il metodo scientifico.

L’immaginazione permette la creatività dell’artista e dello scienziato, fa la differenza tra il creatore e l’esecutore, è il motore del progresso.

Se mi guardo intorno, di Immaginazione ne vedo proprio poca e questo è triste.

Prendiamo ad esempio lo sport: ho l’impressione che l’Immaginazione serva soltanto a trovare nuovi modi di doparsi, ad escogitare trucchi per vincere, a trovare la maniera di pestare l’avversario. Ormai capita di rado di vedere una bella gara, con azioni mozzafiato, con atleti corretti e creativi.

A me questo tipo di sport non piace, è noioso: uno guarda la gara e sa già cosa succederà.

Ho citato lo sport ma la situazione è la stessa in molti altri campi: nella politica, nel lavoro, nella vita quotidiana, insomma è proprio una noia.

E allora? Cosa possiamo fare?

Voi non so, io continuo ad immaginare mondi possibili, strategie fantastiche, sistemi nuovi. Anche quando sono così stanca che sembrerebbe impossibile inventare una vita diversa, mi ritrovo a costruire qualcosa di nuovo e più bello.

Non lo faccio di proposito, succede e basta. Io credo di sapere il perché: ho cominciato a leggere libri quando ero piccola e non mi sono più fermata e i libri sono l’alimento più nutriente di quella meravigliosa facoltà umana che è l’Immaginazione.

domenica 2 maggio 2010

A pranzo da Babette

Babette non è un ristorante, è la protagonista dello spettacolo teatrale che ho visto qualche giorno fa al teatro Vittoria.

Uno spettacolo di rara eleganza, raffinatissimo, come, purtroppo, non se ne vedono molti oggi.

Mi è piaciuto tutto: le luci affascinanti che sottolineavano la recitazione, la musica, bellissima, classica, delicatissima.

La scenografia, in legno dal caldo colore di ciliegio, era affascinante nella sua essenzialità.

Gli attori hanno recitato con grande maestria sia quelli già esperti che i più giovani.

Claudia Balboni ha disegnato una Babette magistrale: la mitica cuoca del café Anglais trapiantata nella gelida Norvegia, fuggitiva dalla Parigi post-comunarda, al servizio di due anziane signorine protestanti che decide di cucinare “un vero pranzo francese”, ci ha trasmesso tutto l’orgoglio di una suprema artista dei fornelli.

Lydia Biondi ha saputo dare alla sua Martina la svagatezza un po’ sognante di un’anziana signorina che ritrova nei ricordi la dolcezza dimenticata della vita.

Cristina Noci ci ha offerto una Filippa che passa dalla durezza puritana nella quale si è corazzata alla lievità del canto e della musica ai quali aveva rinunciato in una giovinezza così lontana da sembrare fantastica.

Nicola d’Eramo è stato un generale perfetto: le esperienze della vita militare e mondana emergono come tratti ormai codificati del suo carattere.

Le ambiguità del cantante lirico Papin sono state sottolineate con grazia un po’ fané da Alessio Caruso.

Francesca Romana de Berardis ci ha proposto una Charlotte, cameriera e aiuto cuoca, ingenua, un po’ pettegola e tanto tenera.

Anche Giulia Adami e Daniele Grassetti, nelle parti di Filippa Giovane e del generale giovane sono stati decisamente convincenti.

L’apparato scenico, soprattutto la tavola apparecchiata, e i costumi erano perfetti, la regia di Riccardo Cavallo accuratissima e frutto di una attenzione quasi maniacale per i dettagli.

È stato uno spettacolo “all’antica” nel senso di una messa in scena filologica, precisa, puntuale, una messa in scena insomma di quelle che a me piacciono tanto.