Il naso di Cyrano: Copenaghen

venerdì 14 maggio 2010

Copenaghen

Quando la FG era al liceo, tornò a casa un brutto giorno sostenendo che l’insegnante d’Inglese le aveva assegnato per la lezione successiva trenta pagine di traduzione del testo teatrale “Copenaghen” di Frayn.

L’insegnante d’Inglese della FG al liceo non era una persona molto intelligente, tuttavia a me venne il dubbio che la FG avesse frainteso ma, alle mie obiezioni, la sciaguratissima fanciulla rispose tra urli e lacrime che trenta pagine doveva tradurre dall’Inglese in italiano.

Ora, pur essendo la FG notevolmente preparata in lingua Inglese, trenta pagine sono sempre trenta pagine: troppe! Perciò io fui precettata dalla diabolica ragazza a fare da vocabolario, nel senso che dovevo cercarle sul dizionario i termini che lei non conosceva.

Ci lavorammo due giorni ed una notte, io finii per odiare quel testo, poi odiai la figlia quando seppi che non trenta pagine doveva tradurre ma soltanto tre.

Tre pagine soltanto, circa mezz’ora di lavoro ma la FG è distratta, lo è sempre stata e a scuola non ascoltava mai quello che le sue insegnanti dicevano, tanto aveva sempre voti bellissimi e in caso d’emergenza sapeva di poter contare sull’aiuto di una madre idiota.

Stasera, con la criminale, sono andata all’Eliseo a vedere Copenaghen, magistralmente interpretato da Giuliana Lojodice, Massimo Popolizio ed Umberto Orsini.

Copenaghen è un testo difficile, affronta il tema dell’etica nella scienza, propone la contraddizione di due scienziati:il danese Bohr e il tedesco Heisenberg alle prese con la nuova fisica e con il dilemma della bomba nucleare.

Heisenberg sembra il cattivo, è ambiguo, tedesco, sconvolto dalla crisi della Germania dopo la prima guerra mondiale, non rinnega il nazismo nel quale vede, forse, il riscatto della sua patria.

Bohr e sua moglie, danesi che vivono il dramma dell’invasione nazista, sembrano i buoni ma ala fine è proprio Bohr a darci una chiave di lettura: Heisenberg non costruì la bomba, non fu responsabile della morte di nessuno, Bohr, emigrato in America, concorse con tanti altri alla tragedia di Hiroshima e Nagasaki.

Detta così la faccenda può sembrare micidialmente pesante, invece il testo,che tratta di un tema serissimo, è sviluppato con un’ironia così fine e liberatoria che risulta gradevolissimo.

Soprattutto il personaggio di Margarethe, la moglie di Bohr, interpreta da una Lojodice eccezionale, ha il compito di razionalizzare, con sottile umorismo e severo rigore, i sentimenti, le angosce e le passioni dei due scienziati.

È stato uno spettacolo affascinante, un bel modo di concludere una stagione teatrale ricca di eventi e di spettacoli coinvolgenti.

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