In questi giorni, a scuola c’è stata la Mostra del libro.
Gli alunni potevano acquistare dei volumi adatti alla loro età e a buon prezzo.
Martedì ho accompagnato la mia classe a visitarla.
Ovviamente, la maggior parte dei
ragazzi si aggirava tra gli stans con l’aria annoiata, gli occhi spenti e una
vaga apprensione nell’animo alla vista di quegli oggetti che, per loro,
rappresentano soltanto la nausea di uno studio, effettuato (quando c’è) senza
amore e senz’anima.
Gli alunni che attualmente mi
sono toccati in sorte, con pochissime eccezioni, sono così, refrattari ad ogni
forma di bellezza, gusci vuoti che saranno strumentalizzati dal primo ducetto
che se ne approprierà; è così e io non posso farci nulla.
Io, però, sono una che i libri li
ha amati sempre, sono una lettrice ossessivo-compulsiva, senza leggere vado in
crisi di astinenza da bellezza ed intelligenza, perciò la mostra me la sono
guardata con attenzione. Non c’erano molti libri che non avessi già letto e
molti erano proprio per bambini piccoli eppure ho trovato due volumetti che ho
acquistato con giubilo.
I due volumetti erano album da
completare con gli stickers allegati, uno su re e regine, l’altro sui soldati.
Ho passato due pomeriggi
deliziosi a completare le illustrazioni con mantelli, corone, ventagli, spade e
stivaloni e, mentre mi divertivo, mi è arrivata nell’anima una “botta di
Proust”!
Avete presente la famosa
madeleinette e Proust che smette di vivere per ricordare il tempo perduto e ci
scrive sopra sette libri (che io ho letti tutti!) e, quando lo ha ritrovato il
tempo, muore?
Ecco, una roba così ogni tanto
capita a me. Però io non sono Proust e, invece di scrivere sette libri, mi
accontento di scrivere un post, quando mi torna un ricordo.
Stavolta il ricordo proviene da
tempi lontanissimi, oserei dire “tempi storici”.
Quando io e Cat eravamo bambine
ci piaceva molto giocare con le “pupazze” di carta, come le chiamavamo noi, con
quelle bamboline, cioè, che si ritagliavano da giornalini o album e che avevano
tutto un corredo da tagliare anch’esso, talvolta le pupazze ce le disegnavamo
da noi insieme con i vestiti e gli accessori.
Oggi ci sono i fustellati ma noi
dovevamo usare le forbici e fare attenzione ai margini, in lavoro delicato e
difficile!
Spesso, sul Corriere dei Piccoli,
mitico giornalino che veniva comperato per nostro fratello, c’era la pagina di
Cicci Bum, con corredo adeguato.
Cicci Bum provocava sempre crisi
familiari perché la pagina era una e noi eravamo due sorelle.
L’idea di comperare due copie del
giornalino era considerata da Sant’Uffizio e mai nostra madre l’avrebbe presa
in considerazione.
Naturalmente Cicci Bum finiva
sempre nelle mani di Cat, con la motivazione materna che Cat era più piccola
(ha due anni meno di me) o che io, essendo malefica, non meritavo nulla.
Entrambe le motivazioni sono
vere: Cat è più piccola di me e io, da ragazzina, ero infernale ma la
situazione mi provocava crisi di rabbia e pianto che, peraltro, non turbavano
la mia imperturbabile madre.
Dopo aver pianto tutte le mie
lacrime,però, io, che ho ed avevo mille risorse, prendevo carta, colla, forbici
e colori, ricopiavo la Cicci Bum di turno e scatenavo la mia fantasia creando
abitini ed accessori originali che solo la “mia” pupazza aveva mentre Cat
disegnava altri vestiti per la sua. In questa meravigliosa attività creativa
passavamo ore piacevolissime. Dopo usavamo le pupazze come marionette per
inventare storie che non ricordo più ma che ci divertivano per pomeriggi
interi!
In preda alla botta di Proust, ho
fatto una passeggiata su internet e ho trovato le pagine del Corriere dei
Piccoli con Cicci Bum, proprio quelle della mia infanzia, proprio quelle che
toccavano sempre a Cat e le ho scaricate “tutte” ma proprio tutte!
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