In questi giorni mi è capitato di
vedere in televisione delle pubblicità che mi hanno decisamente infastidito per
il messaggio, profondamente antieducativo che trasmettono.
Vedere un ragazzino che, in visita
didattica ad un mulino, si distrae, mette le mani dove non dovrebbe e si frega
pure le merende, evidentemente preparate anche per i suoi compagni, rispondendo per di più
con arrogante faccia tosta al mugnaio che sorride, quasi compiaciuto, invece di prenderlo a calci in culo,
come la bestiola meriterebbe, anche se, forse, questo non è politicamente corretto, mi dà fastidio; come
mi è insopportabile il delinquente che ne fa di tutti i colori e si permette
pure di arrivare in ritardo a tavola dove la provvida (e idiota) madre, invece
di suonargli una sinfonia di cucchiarolate sul sedere, gli ha fatto tante belle
sfiziature con un formaggio che piace tanto anche a me!
Non va meglio con la pasta, dove
vediamo una presuntuosa adolescente che arriva, tutta seccata, dal padre perché
ha perso una partita e non si sente più la “migliore”.
Il povero (babbeo) babbo, invece
di spiegarle che la sconfitta è il trampolino dal quale ripartire per
migliorare sé stessi, si affretta a cucinarle un piatto di pasta che la
fanatica mangia non seduta compostamente seduta a tavola ma, tenendo in mano il
piatto seduta malamente su un divano, insieme al genitore anche lui
semistravaccato sul divano.
E non sono che tre esempi di
pubblicità che istigano letteralmente ad essere arroganti, teppisti e cafoni.
Vedendo queste pubblicità,
capisco perché in classe, a mensa, in ogni dove, gli alunni che mi toccano in
sorte negli ultimi anni, si comportano da bestie selvatiche e non da esseri
umani: perché non lo sono più, umani, ormai sono animali da allevare e non da
educare! Tentare di educarli è come dare perle ai porci. Mai modo di dire fu
più appropriato!
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