Il naso di Cyrano: L’angelo custode

domenica 17 gennaio 2021

L’angelo custode

Quando ero piccola mi parlavano sempre dell’angelo custode. Mi si diceva che ognuno di noi ha dietro di sé un angelo che lo protegge e che controlla che il suo assistito si comporti bene.
A me questa faccenda dell’angelo che spia tutto quello che fai non piaceva per nulla, mi sembrava una limitazione totalitarista della libertà (si vede che, prima di studiare Voltaire, io già ero Illuminista.) L’angelo non mi convinceva molto, quello che mi era stato assegnato, voglio dire; al di là del fatto che faceva la spia di mestiere (ma, forse, ci era costretto), non mi sembrava che mi proteggesse troppo. Nella preghiera che dovevo dire tutte le sere c’era scritto: “Angelo di dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me.” Ebbene l’angelo cui, a sentir dire gli adulti, ero affidata non svolgeva per niente bene il suo incarico: dov’era l’angelo mentre mio papà moriva? Che stava facendo tutte le volte che mia madre mi gonfiava di botte? Perché non mi custodiva quando i miei fratelli si accanivano contro di me?
Per un certo periodo pensai che gli angeli proteggessero solo le persone belle ed intelligenti e, poiché ogni giorno mia madre mi ribadiva che ero brutta, stupida ed incapace, ritenni che l’angelo non si ritenesse obbligato ad occuparsi di me.
Spesso, visto che mi aveva abbandonato, mi chiedevo come passasse il suo tempo l’angelo che mi era stato assegnato. Non pensai mai che fosse un fannullone, gli attribuivo altre occupazioni, come occuparsi di una bambina bella ed intelligente, oppure pensavo che fosse un gran lettore o che volteggiasse in cielo con gli altri angeli dei bambini brutti e stupidi.
Pensavo anche che il suo capo non fosse così bravo come dicevano gli adulti; dicevano che era onnipotente, onnisciente, onnitutto ma a me sembrava che come Ceo del paradiso fosse scarsino: a parte la mia situazione personale, quando ero piccola io, succedeva di tutto: la frana nel Vajont, l’assassinio di Kennedy, le alluvioni, i terremoti. E allora, riflettevo: delle due, l’una: o il capo si era scelto dei collaboratori inaffidabili che non sapeva dirigere ed indirizzare oppure era proprio lui che voleva che le persone soffrissero e morissero.
In tutti e due i casi mi chiedevo perché dovessi pregare lui e l’angelo, tanto era inutile.
Poi, crescendo, arrivai alla terza soluzione: capii che ero io che dovevo costruirmi il mio futuro, con la mia volontà e il mio impegno e con le mie sole forze, perché non ero né stupida né incapace, lasciai perdere angeli e dei e, da allora, vivo felice e realizzata.

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