Grazie, Margherita, grazie per avermi insegnato a comprendere meglio quella bellezza, che già quando ti conobbi al liceo conoscevo, ineffabile, consolatrice dell’anima.
Margherita L. è stata la mia professoressa di storia dell’arte, se n’è andata, in silenzio, in un a giornata di fine agosto. Margherita era originaria della Sardegna ma viveva a Roma da una vita e amava questa assurda città, fatta di opere d’arte somme ed uniche al mondo, di sporcizia materiale e morale, caotica, disordinata, corrotta eppure bellissima.
Margherita amava questa città e ce la faceva amare, la domenica, per chi voleva, organizzava delle passeggiate romane, l’iniziativa si chiamava “Conosciamo Roma” e lei, instancabile spiegava, raccontava, faceva osservare e gustare, mai nozionistica, mai pedante, mai noiosa e noi scoprivamo il mondo di Bernini, Borromini, Michelangelo, il Barocco, l’arte classica e quella moderna.
Grazie Margherita, grazie. Tu non hai avuto figli ma tutti quelli di noi che hanno imparato da te il valore dell’arte, il gusto del bello, il piacere estetico di perdersi in un quadro o in una scultura sono, artisticamente parlando, tuoi figli. La tua eredità non è dispersa, sopravvive, cara Margherita, sopravvive in noi, sopravvive in me che, senza essere brava come te, cerco di trasmettere quello stesso piacere ai miei alunni e alle mie figlie e i miei allievi non lo sanno ma, quando li porto a spasso per Roma e mostro loro le opere d’arte, non è me che essi devono ringraziare ma te, vorrei essere brava come sei stata tu, vorrei che i miei ragazzi ricordassero me con la stessa commozione e lo stesso affetto che adesso provo io nei tuoi riguardi.
Grazie, Margherita, grazie.
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