Mi aspettavo di vedere una messinscena di stampo classico, declamata con voce ed atteggiamenti impostati, alla Kean per intenderci. E invece…
Invece Branciaroli ha preso il testo dell’Edipo e ne ha dato un’interpretazione originalissima, a metà tra la lettura recitata e la messa in scena vera e propria.
Praticamente faceva tutto lui: Edipo, Tiresia e perfino Giocasta. Non ti spaventare, povero Sofocle mio, è venuta fuori una cosa da brividi, nel senso che alla fine i brividi ce li avevamo davvero, tanto l’attore è riuscito a trasmetterci la sofferenza, il dolore, l’impossibilità di opporsi ad un destino che l’uomo non può controllare e che lo colpisce ed annienta come il vento le foglie.
In una scena nuda, su un lettino vagamente da psicanalista, accanto ad un manichino, seduto su una sedia e voltato di spalle, Branciaroli ha, sommessamente raccontato la tragedia di Edipo, rivestendolo di una straordinaria umanità, il suo Edipo è diventato, ancora una volta, la metafora di tutti noi che, se anche non uccidiamo nostro padre, in balia del destino ci siamo, eccome e di drammi ce ne capitano parecchi!
L’ Edipo di Branciaroli è noi, un uomo come tanti altri, anche buono, se vogliamo, non declama, parla, cerca di comprendere gli altri, ama sua moglie, vorrebbe governare saggiamente. E invece il maledetto destino lo travolge e lui non può farci niente. Solo accecarsi per non vedere o, come Tiresia, per vedere meglio, forse.
Giocasta si uccide, Edipo no, vivendo accetta il suo fato, sconfitto, continua a lottare, quant’è bella questa storia, caro Sofocle, lo so che non l’hai inventata tu, che c’era già nei miti ma grazie a te per avercela raccontata così bene e grazie anche a Branciaroli che ieri me l’ha raccontata ancora una volta così magistralmente.
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