Stavo a Torino, all’epoca del Risorgimento, ero giovane e carina, elegante nel mio abito munito di crinolina, scomodissima, passeggiavo per i portici e pensavo all’Italia, ero una patriota!? No, in realtà non mi importava molto dell’Italia, la verità è che ero innamorata persa di Massimo D’Azeglio che all’Italia ci pensava.
Poi mi sono ritrovata ad un ballo, avevo un altro abito, da sera, tipo quelli del Gattopardo, scomodissimo anche questo.
E’ arrivato Cavour e mi ha invitato a ballare, ho accettato e lui ha cominciato a farmi la corte. Non mi piaceva il signor Conte, troppo galante, troppo appiccicoso.
Io volevo ballare con D’Azeglio che, circondato dalle più belle madame di Torino, neppure mi vedeva. Ero davvero triste, continuavo a ballare, mi invitavano tutti: giovani ufficiali, eleganti civili, mi annoiavo. I soliti complimenti sul mio aspetto, sempre gli stessi, monotoni, neppure li sentivo più.
La festa stava per finire, Cavour se n’era già andato, l’orchestra suonava l’ ultimo waltzer, stavo per andarmene anche io quando me lo trovai davanti, lui, Massimo, con un compìto inchino mi invitò a danzare.
Volteggiavo tra le sue braccia, rapita dal suo bel viso, felice ed eterea… ma ad un tratto la musica è diventata all’improvviso dissonante, l’orchestra produceva un suono fastidioso e ripetuto… Poi mi sono svegliata e ho spento la sveglia che con il suo beep mi richiamava alla realtà.
Forse devo smettere di leggere libri sul Risorgimento!
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