Il naso di Cyrano: I Promessi sposi

domenica 17 giugno 2007

I Promessi sposi


Rileggetevi i Promessi sposi o leggeteli, se non lo avete ancora fatto.
Già vi sento, grandi e piccoli, che state brontolando, qualcuno dice che li ha letti al liceo ed erano noiosi, qualcuno dice che non li ha letti ma ha sentito dire che sono noiosi, qualcuno dice…
E allora io dico la mia. Prima di tutto, sfatiamo una leggenda, I promessi sposi non è un romanzo noioso, anzi, è una storia intricante e piena di colpi di scena,; sono i professori del liceo che ce la rendono noiosa perché, invece di lasciarci godere dell’ intreccio, dei personaggi, del paesaggio, ci fanno scrivere riassunti e relazioni, capitolo per capitolo, che è il modo migliore di farci odiare un romanzo e la lettura in genere.
Ma torniamo ai Promessi sposi, Manzoni ci lavora per venti anni, praticamente scrive tre romanzi diversi, perché è un perfezionista, si inventa una lingua perché quella dei romanzieri che lo hanno preceduto non lo soddisfa. E ha ragione, provate a leggere i romanzi di Grossi o D’ Azeglio, le storie sono belle ma la lingua è terribile!
Alessandro screma, semplifica, adatta; ogni personaggio ha il suo linguaggio, semplice o raffinato a seconda del suo carattere, Perpetua non può parlare come Borromeo!
Certo che il nostro deve aver invidiato parecchi i romanzieri francesi che una lingua unitaria ce l’ avevano da secoli. Dante e Manzoni hanno inventato la lingua della letteratura italiana, per questo li leggiamo ancora.
E poi i caratteri dei personaggi, Manzoni ha il dono di farceli sentire vivi, tutti, anche quelli minori, anche quelli che nel romanzo compaiono per due rughe, come Bettina, o il paggio di Gertrude.
E le descrizioni del paesaggio, che mi fanno pensare agli sfondi dei dipinti di Leonardo, la vedi la nebbia sull’ Adda, il paesello di Renzo e Lucia, la stradetta sulla quale cammina l’ ignaro don Abbondio.
Ma la cosa che mi affascina di più è l’ironia con la quale Manzoni racconta, come un grande burattinaio muove i suoi personaggi su un palcoscenico che osserva dal di fuori, partecipa con affetto alle loro storie ma sa sorridere dei loro difetti, i suoi “fuori scena”, quelli che lui chiamava “cantucci” sono magistrali, come tanti suoi paragoni, bellissimi e poetici.
Leggete i Promessi sposi, magari saltando le digressioni storiche che sono interessantissime ma molto tecniche, magari saltando i pezzi che vi piacciono meno, io in quarant’anni li ho letti una decina di volte e ogni volta ci trovo qualcosa di nuovo, di bello, di consolante.

1 commento:

Anna Righeblu ha detto...

Ciaoooo,
mi piace quello che dici dei Promessi sposi. Molti scritti non riusciamo ad apprezzarli se siamo, in qualche modo,
"costretti" a leggerli. Pennac, nel suo "Come un romanzo",sostiene questa tesi. Anch'io ho apprezzato in ritardo libri che, all'inizio, mi sembravano soporiferi. Per es. "La storia" di Elsa Morante: alla fine uno tra i libri più belli che ho letto.
Ciao, a presto :)
Anna