Il naso di Cyrano: Alle quattro di mattina

sabato 9 agosto 2008

Alle quattro di mattina


Oggi scrive la FG:
Riordinavo i miei vari scartafacci quando mi è apparsa dalle nebbie polverose del cassetto una pagina di diario.
Diario che tenevo a 9 anni in orrida grafia e mediocre ortografia.
Diario segreto ovviamente.
Era telegrafica e diceva: “Oggi mi sono svegliata e ho messo su il caffè, papà mi ha ripescato e rinfilata a letto ma ho finalmente visto le luci del night.”
Non ho dovuto decifrare quell’appunto ho rivisto tutto esattamente com’era mentre ridevo come una pazza.
Ho rivisto una bambina che si alzava sperando che fosse buio, prendeva rumorosamente uno sgabello, incurante del trascorrere del tempo, caricava, con gran dispersione di polvere una moka per due persone (il caffè mi era negato), volendo fare una sorpresa ad un povero padre costretto, da pigrissima moglie, a fare lui il caffè “tutte” le mattine.
Mi sono rivista mentre scivolavo, o meglio evitato per un soffio di cadere dallo sgabello e mettevo con un lieve “tin” la macchinetta sul fornello senza accenderlo, lo avrebbe acceso poi papà.
Iniziava per me il mio momento: mi infilavo sotto la serranda semi-abbassata e cercavo con gli occhi o l’alba o qualcosa della notte che mi interessava molto: eravamo in vacanza in un paese di mare e abitavamo davanti ad un Night—Club, che non sapevo esattamente cosa fosse ma avevo visto la sua insegna al neon sistematicamente spenta perché all’epoca mi mandavano a letto abbastanza presto.
Mi svegliavo sempre all’alba ed era sempre spenta quella maledetta insegna.
Ma quella notte, a mia insaputa, Morfeo mi aveva lasciata perdere alle quattro del mattino, forse anche un poco prima, così vidi e mi incantai davanti all’insegna al neon rosa che si alternava con un’altra insegna al neon azzurro, come nell’America di Sister Act.
Mentre una tondeggiante principessina in camicia da notte si appoggiava sui gomiti, rapita dal neon, un gattescamente silenzioso padre, alquanto disperato, le appariva alle spalle chiedendosi, come sempre, un accorato “perché?!?!”.
Senza neanche osare un rimprovero che avrebbe turbato il dolce silenzio della notte e provocato un interminabile dibattito, insostenibile per lui che si era strappato al letto in stato di semi-incoscienza, il padre in questione mi agguantò e mi rinfilò nel mio letto.
Poi tornò nel suo, accanto alla sua ignobile moglie che, ignara di tutto, continuava beatamente a dormire il sonno del giusto.
Io non capivo, perché mi doveva riportare a letto? Ma come un Belluca di Pirandelliana memoria che sente che “il treno ha fischiato” mi buttavo, pazza di muta gioia, sul letto pensando che quelle luci brillavano. Davvero.

Nessun commento: