Il naso di Cyrano: maggio 2009

sabato 30 maggio 2009

Scrivere e dettare

La FG all’Università prende interi quaderni di appunti e questi sono fatti suoi, anche io ai miei tempi riempivo blocchi e blocchi di appunti, se si vuol superare gli esami non c’è altra via. Io, a casa, gli appunti me li rielaboravo e li riscrivevo a mano su quadernoni che conservo ancora oggi.
Anche la FG rielabora i suoi appunti, però lei lo fa usando il computer che rende tutto molto più semplice. Per lei, non per me!
Eh già! Il fatto è che la FG non ha una vista tanto buona e, soprattutto, ha una grafia demoniaca, nel senso che neppure Satana riuscirebbe a leggere quello che scrive.
Il diavolo no, invece io, con tanta buona volontà e rovinandomi ancor più gli occhi, riesco a leggere quello che mia figlia scrive, così, la sera, quando io, dopo una giornata di lavoro durissimo, avrei solo il desiderio di spalmarmi sul divano e di addormentarmi davanti ad un programma televisivo idiota, sto accanto a lei in studio e le detto i suoi appunti, dopo opportuna decodifica, mentre lei digita a velocità della luce sulla tastiera.
Poi c’è la questione delle immagini: per storia dell’ Arte è necessario inserire le riproduzioni delle pitture, allora ci lanciamo in frenetiche ricerche sul web, una vera e propria caccia all’ immagine migliore, più definita, più fedele all’ originale, quando la troviamo la posizioniamo accanto allo scritto.
Per gli appunti sul teatro francese del Seicento le figure non sono necessarie ma, per una questione estetica, noi ce le abbiamo messe ugualmente.
Tutto questo è durato fino a ieri sera, quando abbiamo stampato un quantitativo inimmaginabile di pagine, opportunamente numerate e complete di eleganti frontespizi, la stampa non è stata semplicissima: la stampante impazziva ad intervalli fissi e abbiamo dovuto interrompere l’operazione più volte per avviare la pulizia delle testine di stampa. Abbiamo terminato ad un’ ora infernale, io non ne potevo proprio più e ho tirato in sospiro di sollievo pensando che le mie serate di dettatrice erano finalmente finite!
Ma allora, perché stasera mi dispiace che la FG se ne stia sul balcone a studiare i suoi appunti, elegantemente rilegati in tela e fregi d’oro? Perché ho la malinconia al pensiero che non devo più dettarle notizie e commenti sul Beato Angelico o su Racine?
Non lo so, forse sono una pazza un po’ masochista, forse è perché lavorare insieme è bello, forse è perché, dettando alla FG i sui appunti, ho imparato un mucchio di cose bellissime. Fate voi, scegliete l’opzione che vi sembra più giusta!

sabato 23 maggio 2009

San Topolino

Eravamo a Siena, con le figlie piccole, per la precisione nello splendido battistero.
Ci guardavamo intorno ammirati quando fui colpita da un dipinto raffigurante alcuni santi, uno presentava due protuberanze rotondeggianti sulla testa che mi incuriosirono, non sapevo spiegarmele e la mia inseparabile guida Touring non diceva nulla al riguardo. Richiamai l’attenzione di mio marito e delle figlie sull’immagine e chiesi chi fosse quel santo,
“ E’ san Topolino!” esclamò con ferrea sicurezza la FG, che era ancora troppo piccola per avere corrette conoscenze teologiche ma abbastanza grande per possedere assolute certezze in materia di cartoni animati.
In effetti il santo raffigurato con quegli strani cerchi sulla testa ricordava parecchio l’immortale sorcio dysneiano, così, non avendo in alcun modo potuto appurare l’identità del personaggio e senza la minima intenzione di essere blasfeme o irrispettose nei confronti della religione, accettammo la definizione della FG.
Nei nostri viaggi in Toscana ci imbattemmo più volte nella rappresentazione di quel santo con le “orecchie” alla Mikey Mouse e continuammo a chiamarlo san Topolino.
Diversi anni dopo, a Firenze, avemmo l’occasione di visitare uno degli splendidi cenacoli che di solito non sono aperti al pubblico, eravamo accompagnati da una gentile guida che ci illustrava le opere esposte, in un polittico ritrovammo il famoso santo e la guida ci spiegò che era Santo Stefano, il primo martire cristiano, morto lapidato. Nel medioevo i santi erano raffigurati con oggetti che alludevano al modo in cui erano stati martirizzati: le strane protuberanze, che tanto ci avevano incuriosito, non erano altro che sassi, sassi che illustravano appunto il modo in cui Stefano era stato ucciso!
Il mistero era stato svelato ma, da allora, quando io e la FG incontriamo un dipinto di santo Stefano continuiamo d’istinto a chiamarlo san Topolino.

sabato 16 maggio 2009

Un castello medievale (?)


A Torino c’è un intero borgo medievale però è tutto falso, falsissimo. Oppure no.
Adesso vi spiego l’arcano.
Il borgo è stato costruito negli ultimi anni del 1800 dall’architetto portoghese D’Andrade e dai suoi collaboratori quindi è un falso ma D’Andrade e i suoi, dopo un attento studio, hanno riprodotto diverse tipologie abitative realmente esistenti nei territori del Piemonte e della Val d’ Aosta e quindi è anche un po’ vero.
Comunque sia, l’insieme è affascinante; si entra, attraverso il ponte levatoio e la torre di guardia in un minuscolo villaggio fatto di case, botteghe, cortili. C’è anche una chiesina (solo la facciata) e su tutto domina la rocca, il castello con le sue stanze affrescate, la cucina, lo stanzone delle guardie e le prigioni.
Accanto c’è l’orto con piante commestibili e officinali.
Il tutto immerso nel verde del parco del Valentino e ad un passo dal Po, il grande fiume, come lo chiamava Guareschi, che a Torino non sembra tanto grande, è una passeggiata coinvolgente e, per me che amo il Medioevo, appassionante.
Io c’ero già stata in una delle mie precedenti visite ma ci sono tornata volentieri, è un po’ come fare un viaggio con la macchina del tempo: si attraversa in automobile la città moderna, si parcheggia e…paf! Ci si ritrova ottocento anni indietro! Si passeggia si osserva, si ammira e poi si ritorna al nostro presente con tutti i suoi aspetti.

mercoledì 13 maggio 2009

La villa della regina

In realtà sarebbe stato più esatto dire la villa del cardinale.
Infatti la villa, che fu edificata sulla collina che domina Torino, fu fatta costruire dal cardinal Maurizio di Savoia che, quando era a Roma, aveva potuto ammirare le splendide ville del Lazio come villa Lante o villa Aldobrandini.
Tornato in Piemonte, egli volle una villa che riproducesse la tipologia delle ville romane, dove andò ad abitare quando, abbandonata la tonaca, si sposò con una sua nipote.
In seguito la villa fu abitata da diverse regine di casa Savoia, quindi, nell’Ottocento, divenne un collegio femminile.
Gravemente danneggiata dai bombardamenti nel corso della seconda guerra mondiale, è stata oggetto di un accurato restauro che ci ha restituito l’elegante palazzina barocca, ornata da stucchi e dipinti pregevoli e, soprattutto, il bel giardino all’italiana, con giochi d’acqua, aiuole sagomate, piccoli edifici immersi nel verde e persino la vigna.
Io e Cat ci siamo scatenate a fare fotografie di tutto il possibile nei giardini, statue, fontane, aiole e lo splendido panorama, nulla è sfuggito ai nostri obbiettivi impazziti!
E’ stata una bellissima passeggiata nel verde e nell’ arte che, però, ci ha scatenato un appetito formidabile che abbiamo placato con un pranzo piuttosto sostanzioso al ristorante della badessa.

sabato 9 maggio 2009

Le feste barocche

Accidenti come si trattavano bene i Duchi di Savoia!
La mostra sulle feste barocche, ospitata a Palazzo Madama, documenta ampiamente i festeggiamenti che si tenevano in occasione di eventi riguardanti la famiglia regnante nel Sei e Settecento.
Qualche anno fa, ne avevo vista una simile a Roma che, però, riguardava piuttosto cerimonie in occasione di ricorrenze pubbliche, quali la Pasqua e la Quaresima o le incoronazioni papali.
In entrambi i casi quello che colpisce è l’incredibile sfarzo e dispendio messo in opera, il che dà da pensare se si pensa alla miseria di tanta parte della popolazione ma tant’è, allora come ora, l’apparenza era tutto, lo spettacolo distraeva la gente dai problemi reali, dalla fame e dalla disperazione.
Poiché all’epoca la televisione non c’era si ricorreva a feste pubbliche, con grandi messinscene: fuochi pirotecnici, carri allegorici, balli, cortei e processioni, tutto era occasione per mostrare ricchezza e potere (non è poi tanto diverso oggi…).
Persino i funerali di un Papa o di un Duca erano orchestrati come uno spettacolo, un po’ Kitch a dire il vero, con addobbi a forma di scheletri e drappi neri.
La mostra offre una documentazione accurata di cerimonie che dovevano costare un bel po’ visto che le architetture effimere, cioè in legno e gesso che poi venivano rimosse, i costumi, i carri allegorici venivano spesso commissionati ad architetti famosi che, immagino, si saranno fatti pagare bene.
Madama Cristina e sua nuora Giovanna Battista di Nemours furono le committenti di molte delle feste barocche, furono loro a trasportare fuori dal palazzo le cerimonie riguardanti fatti privati, quali nascite, matrimoni,funerali per renderli pubblici nell’esaltazione della dinastia Savoia.
Molte cose erano affascinanti, ad esempio gli antichi strumenti musicali e i costumi ma, guardandoli, non potevo fare a meno di pensare alla gente comune, alla povertà di tanti in confronto allo sfarzo di pochissimi e mi sentivo in colpa perché il piacere che provavo nell’ammirare oggetti belli e raffinati mi sembrava ingiusto e sbagliato.

mercoledì 6 maggio 2009

Tornare a casa

Sono di nuovo a Roma, presa da cento incombenze: la scuola, la spesa, la casa…
A scuola è stato duro rientrare, avevo dormito poco, alcuni alunni erano impreparati e, ciliegina sulla torta, nel pomeriggio c’è stato un Collegio docenti. Alle quattro avevo voglia di urlare dalla disperazione, per sopravvivere mi sono riguardata le foto che ho scattato durante la mia vacanza in Piemonte.
Ho visto davvero molte cose bellissime e interessanti, la mostra su Akenaton, ad esempio.
Akenaton mi ha sempre affascinato, sarà che fu un faraone diverso da tutti gli altri, sarà che le statue e le immagini che lo raffigurano sono straordinariamente intriganti, sarà che l’ Egitto antico mi incuriosisce, non so ma è certo che questo faraone colpisce in modo particolare la mia fantasia.
Akenaton aveva un sogno: quello di realizzare in Egitto il monoteismo fondato sul culto del disco solare Aton.
Naturalmente non ci riuscì: troppo grandi erano gli interessi in gioco, troppo potenti erano i sacerdoti degli innumerevoli dei, e il povero Amenofi, questo il suo vero nome, fallì miseramente nella sua impresa. A nulla gli valse aver cambiato il suo nome in Akenaton, che vuol dire utile ad Aton, fu inutile spostare la capitale da Tebe ad El Amarna nel deserto, dove Akenaton fece costruire una nuova città, chiamata Aketaton, cioè: Orizzonte di Aton, gli egiziani rimasero fedeli ai loro dei e i sacerdoti mantennero intatto il loro potere.
Immagino la sua delusione, la sua sofferenza, forse in parte mitigata dalla vicinanza della sua bellissima moglie Nefertiti e delle sue figlie. Quando uno ha un sogno e compie ogni sforzo per realizzarlo e poi vede fallire tutto il suo lavoro si sente inutile ed inadeguato, io lo so benissimo e forse è per questo che voglio bene al povero Akenaton.
La mostra a palazzo Bricherasio era ricca di reperti interessanti: talatat con i volti del Faraone e del suo seguito, frammenti dipinti con fiori ed animali, strumenti di uso quotidiano tra i quali un corredo da scriba con calami e papiri, gioielli, statuine votive, insomma una bella panoramica su un periodo storico ed un personaggio decisamente affascinanti.

venerdì 1 maggio 2009

Viaggiare viaggiare2


Anche oggi è stata una bellissima giornata.
Stamattina siamo andate a visitare la Villa della regina, che si trova nella zona collinare, una residenza magnifica ma ve la racconterò prossimamente perché c’è tanto da dire e prima voglio approfondire l’ argomento con un attento studio.
Siamo tornate in centro a piedi, stranamente la proposta è partita da Cat che non è abituata come me a camminare a lungo, io ho accettato con entusiasmo perché adoro passeggiare in luoghi che non conosco, guardandomi intorno e ammirando natura e monumenti.
A pranzo siamo andati dalla Badessa, un minuscolo locale che, però, ha una storia intrigantissima.
Dunque, questa badessa era l’ultima figlia di un nobile piemontese, si chiamava Maria Caterina, il padre decise di monacarla e lei entrò in convento e divenne badessa ma poi si innamorò di un soldato ferito, accolto nel monastero e fuggì con lui! Trascorse diversi anni facendo la vivandiera dell’esercito per stare con il suo amore. Quando il soldato morì, Caterina trovò lavoro nelle cucine reali perché era bravissima a cucinare. La regina, che aveva scoperto la vera identità della sua cuoca la rimandò in convento, non più come badessa ma come cuoca.
Che storia romanzesca! Comunque, sotto il ritratto della Badessa, abbiamo gustato alcune delle sue ricette: Plin verdi al seirass, carciofi e pistacchi, Baccalà e ceci, innaffiati da un buon calice di Gavi e per dessert io ho preso la mousse di maroni e Cat il gelato affogato nello zabaglione.
Dopo pranzo siamo andate a visitare la galleria sabauda che raccoglie i dipinti delle collezioni Savoia. Un’orgia di Santi, Madonne e principi piuttosto faticosa da seguire ma con alcuni pezzi pregevoli tra i quali una deliziosa Madonna con Bambino di Beato Angelico che meritava la visita.
Alle cinque del pomeriggio Cat era sull’orlo del tracollo fisico, io stavo magnificamente, nonostante il caldo ma per non vedere mia sorella stramazzare a terra (oltretutto è lei che guida) mi sono rassegnata a tornare a casa. Oggi la mia carta di credito ha riposato, è il primo maggio e i negozi sono chiusi, però la libreria di via Roma era aperta ma mi sono limitata a comperare solo quattro libri su Torino, due li ho regalati a Cat e due li porto a Roma con me, devo pur avere qualcosa da leggere in treno!