I cugini vivono in un’altra città quindi le occasioni per stare insieme sono rare ma, quando questo accade, gli appartenenti alla famiglia di mio marito, si intendono subito; deve essere un fatto genetico, scatta una molla che li fa riconoscere come appartenenti ad uno stesso gruppo, oserei dire, ad una specie di setta segreta con i suoi ideali ed i suoi rituali, dai quali gli “altri”, sia pure amatissimi, sono inevitabilmente esclusi.
Questo è’ quanto è accaduto alla FG che si è trovata subito in sintonia con i cugini che sono più grandi di lei e che lei non ricordava.
Nonostante l’occasione non fosse lieta, un funerale, i quattro hanno fatto comunella la cugina romana è stata invitata a pranzo.
La FG mi ha poi raccontato che, mentre stava tornando a casa, in metropolitana ha avuto un’illuminazione improvvisa, nel cervello le è balenata la frase:”Gli occhiali di G!” e ha ricordato tutto.
Premesso che G. è l’iniziale del nome del cugino più giovane e che sia lui che la FG portano gli occhiali fin da piccoli, vi racconto la visione di mia figlia.
Fu durante le festività natalizie di tanti anni fa, i cugini, con relativi genitori, erano a Roma, ospiti dei nonni materni; decidemmo di andarli a trovare e di passare un pomeriggio piacevole insieme.
Ovviamente, tra i ragazzini scoppiò la famosa molla: si riconobbero immediatamente come appartenenti allo stesso clan e filarono d’amore e d’accordo. Veramente i due più grandi, già adolescenti, si annoiavano un po’ ma i tre piccoli, le mie due figlie e G., si divertivano parecchio.
Ad un certo punto li chiamammo in salotto per la merenda, arrivarono in massa; in effetti, quando sono insieme, i membri della famiglia di mio marito sembrano di più; i cugini erano cinque ma a me sembravano una ventina.
Li rifocillammo con dolci vari e, mentre loro si sfamavano, la madre di G ed io ci rendemmo conto di aver compiuto un errore di omissione. Quasi all’unisono esclamammo:” Gli occhiali!”
Guardando, con legittimo orgoglio i nostri bellissimi figli, avevamo notato che sia la FG che G. avevano sulle loro lenti uno strato di sporcizia che doveva loro rendere difficoltosa la visione. Noi, madri orgogliose ma ampiamente snaturate, non avevamo provveduto a nettare gli occhiali degli infelici infanti i quali, infischiandosene allegramente, mangiavano con gusto panettoni e dolcetti.
Noi madri sfilammo dal naso dei rispettivi pargoli gli occhiali e procedemmo ad un’accurata pulizia, per la quale non basò la consueta “pezzetta” ma furono necessari acqua ed abbondante sapone, vergognandoci della nostra distrazione.
Finita la merenda, le creature tornarono ai loro giochi con le lenti cristalline ma, dopo una diecina di minuti, gli occhiali erano di nuovo lerci. Io non so se capita a tutti i bambini, quello che so è che alla FG gli occhiali si sporcano sempre in un attimo; ancora oggi che è ormai grande mia figlia ha davanti a sé paesaggi nebbiosi ed evanescenti.
Sarà per questo che è un’anima romantica?
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