In questa settimana di influenza, quando gli analgesici facevano effetto ed il mal di testa diminuiva, ho letto tre libri, uno più interessante dell’ altro.
Rincantucciata sotto le coperte, piena di dolori, con il mio fido ebook reader mi sono tuffata nell’ultima storia di Alessandro Baricco: Mr Gwin. Mr Gwin è uno scrittore che non vuole più scrivere romanzi (forse), lui vuole “scrivere ritratti” della gente; non è una faccenda facile spiegare cosa vuol dire e poi non ve lo voglio spiegare, vi toglierei il gusto di leggere il libro che poi è una riflessione sofferta e dolcissima sul mestiere dello scrittore, sul valore della parola, sull’importanza delle “storie”.
A me è piaciuto da matti, forse è la cosa migliore di Baricco, a parte Novecento, ovviamente.
Poi ho letto L’educazione delle fanciulle, scritto a due mani da Franca Valeri e Luciana Littizzetto, pensieri e riflessioni sulla formazione sentimentale ed umana delle ragazze, quelle di ieri, quelle dell’altro ieri e quelle di oggi. Che nostalgia! D’accordo, noi ragazze dell’altro ieri venivamo tenute all’oscuro di molte cose, le nostre madri erano reticentissime, dovevamo arrangiarci con le letture, i film, le amiche più sveglie ma…
Noi avevamo il sogno, l’amore ci sembrava una conquista difficile, una sfida affascinante, un traguardo ed un punto di partenza che ti cambiava la vita. Per molte la realtà è stata deludente, per me no, io l’Amore immenso, infinito, quello che mi ha cambiato la vita ce l’ho avuto davvero.
Oggi è diverso, forse non si sogna più, i modelli proposti alle ragazze sono ben diversi, non più eroine romantiche (e un po’ sceme) ma tipe furbe che usano il sesso come scorciatoia per prendersi ciò che vogliono…e poi il vuoto. Certo non per tutte le fanciulle di oggi è così ma l’impressione che si ricava osservandole e leggendo il libro è quella.
La cosa che mi è piaciuta di più del libro è il contrasto tra la passionalità, a tratti rabbiosa, della Littizzetto e la pacata ironia della Valeri, così riposante e rassicurante.
L’ultimo dei tre libri che mi hanno tenuto compagnia nei giorni dell’influenza è “La manomissione delle parole” di Carofiglio, un’amara riflessione su come le parole vengano sistematicamente usate dal potere (in ogni epoca) per falsare la realtà, per ottenere consenso irragionato ed irragionevole. L’autore sostiene che i demagoghi sanno benissimo che le idee sono i loro peggiori nemici, bisogna uccidere le idee se si vuole uccidere la democrazia e sanno alla perfezione che la parola è il loro migliore alleato. Naturalmente se la parola viene sottoposta chirurgicamente ad una sistematica operazione di equivoco, di ambiguità di svuotamento. Allora, quando la parola non ha più senso o addirittura non esiste più, gli uomini non possono più pensare, quindi non possono più scegliere, semplicemente non “possono” più; “devono” subire il potere di turno, passivamente, come animali caricati di una soma, pesante o leggera non importa.
E’ avvenuto ed avviene ovunque il potere non “serve” il cittadino ma diviene monarca di sudditi, poi, se e quando quelli che le parole ce le hanno e le idee pure riescono a trasmetterle, succedono le rivoluzioni che, però, non sempre finiscono bene. Basta pensare a quella francese, gli Illuministi credevano alla libertà ma la loro rivoluzione ha prodotto uno come Napoleone.
Il libro di Carofiglio è angosciante perché descrive una realtà attualissima con la quale mi scontro tutti i giorni, io le parole (e le idee) cerco di insegnarle, è il mio mestiere ma mi rendo conto, ogni giorno di più, che non mi è più possibile. Da giovane vidi un dramma tremendo e bellissimo di Giuseppe Patroni Griffi, si intitolava “Prima del silenzio”, un dialogo doloroso tra un vecchio intellettuale ed un giovane, il vecchio cerca di spiegare al giovane l’importanza della parola ma non ci riesce. Ecco, io mi sento peggio del vecchio: a me pare che ormai non resti altro che il silenzio.
Rincantucciata sotto le coperte, piena di dolori, con il mio fido ebook reader mi sono tuffata nell’ultima storia di Alessandro Baricco: Mr Gwin. Mr Gwin è uno scrittore che non vuole più scrivere romanzi (forse), lui vuole “scrivere ritratti” della gente; non è una faccenda facile spiegare cosa vuol dire e poi non ve lo voglio spiegare, vi toglierei il gusto di leggere il libro che poi è una riflessione sofferta e dolcissima sul mestiere dello scrittore, sul valore della parola, sull’importanza delle “storie”.
A me è piaciuto da matti, forse è la cosa migliore di Baricco, a parte Novecento, ovviamente.
Poi ho letto L’educazione delle fanciulle, scritto a due mani da Franca Valeri e Luciana Littizzetto, pensieri e riflessioni sulla formazione sentimentale ed umana delle ragazze, quelle di ieri, quelle dell’altro ieri e quelle di oggi. Che nostalgia! D’accordo, noi ragazze dell’altro ieri venivamo tenute all’oscuro di molte cose, le nostre madri erano reticentissime, dovevamo arrangiarci con le letture, i film, le amiche più sveglie ma…
Noi avevamo il sogno, l’amore ci sembrava una conquista difficile, una sfida affascinante, un traguardo ed un punto di partenza che ti cambiava la vita. Per molte la realtà è stata deludente, per me no, io l’Amore immenso, infinito, quello che mi ha cambiato la vita ce l’ho avuto davvero.
Oggi è diverso, forse non si sogna più, i modelli proposti alle ragazze sono ben diversi, non più eroine romantiche (e un po’ sceme) ma tipe furbe che usano il sesso come scorciatoia per prendersi ciò che vogliono…e poi il vuoto. Certo non per tutte le fanciulle di oggi è così ma l’impressione che si ricava osservandole e leggendo il libro è quella.
La cosa che mi è piaciuta di più del libro è il contrasto tra la passionalità, a tratti rabbiosa, della Littizzetto e la pacata ironia della Valeri, così riposante e rassicurante.
L’ultimo dei tre libri che mi hanno tenuto compagnia nei giorni dell’influenza è “La manomissione delle parole” di Carofiglio, un’amara riflessione su come le parole vengano sistematicamente usate dal potere (in ogni epoca) per falsare la realtà, per ottenere consenso irragionato ed irragionevole. L’autore sostiene che i demagoghi sanno benissimo che le idee sono i loro peggiori nemici, bisogna uccidere le idee se si vuole uccidere la democrazia e sanno alla perfezione che la parola è il loro migliore alleato. Naturalmente se la parola viene sottoposta chirurgicamente ad una sistematica operazione di equivoco, di ambiguità di svuotamento. Allora, quando la parola non ha più senso o addirittura non esiste più, gli uomini non possono più pensare, quindi non possono più scegliere, semplicemente non “possono” più; “devono” subire il potere di turno, passivamente, come animali caricati di una soma, pesante o leggera non importa.
E’ avvenuto ed avviene ovunque il potere non “serve” il cittadino ma diviene monarca di sudditi, poi, se e quando quelli che le parole ce le hanno e le idee pure riescono a trasmetterle, succedono le rivoluzioni che, però, non sempre finiscono bene. Basta pensare a quella francese, gli Illuministi credevano alla libertà ma la loro rivoluzione ha prodotto uno come Napoleone.
Il libro di Carofiglio è angosciante perché descrive una realtà attualissima con la quale mi scontro tutti i giorni, io le parole (e le idee) cerco di insegnarle, è il mio mestiere ma mi rendo conto, ogni giorno di più, che non mi è più possibile. Da giovane vidi un dramma tremendo e bellissimo di Giuseppe Patroni Griffi, si intitolava “Prima del silenzio”, un dialogo doloroso tra un vecchio intellettuale ed un giovane, il vecchio cerca di spiegare al giovane l’importanza della parola ma non ci riesce. Ecco, io mi sento peggio del vecchio: a me pare che ormai non resti altro che il silenzio.
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