
“Prof., Lei è proprio gajarda!” L’esclamazione è uscita
dalla bocca del mio nuovo alunno, E., di terza media.
E. è arrivato quest’anno nella nostra classe,si è trasferito
nel nostro quartiere e nella nostra scuola. E’ simpaticissimo ma piuttosto
chiacchierone, ha già fatto amicizia con i compagni e sta “studiando” i
professori.
Evidentemente, di me si è fatto una buona opinione perché mi
ha definita “gajarda”, che per lui è un complimento raffinatissimo.
La cosa, lungi dall’offendermi, mi diverte parecchio anche
se è anche un po’ buffa e adesso vi spiego perché.
Il termine “Gagliardo” in tutti i vocabolari che ho
consultato significa: forte, muscoloso, aitante. Deriva dall’antico
francese “gallia” che significa forza. Ora, il
termine applicato a me, che riesco a fratturarmi anche se mi allaccio una
scarpa (giuro che mi è successo!), è abbastanza comico.
Il fatto è che a Roma ( e solo a Roma, che io sappia), da
tempi immemorabili “gajardo”, detto proprio così, col “J”,
significa un mucchio di altre cose, ad
esempio: bello, affascinante, grandioso, elegante, delizioso, gustoso, molto
divertente …. E chi più ne ha più ne metta.
Per il mio alunno E., romanissimo, molte cose sono “gajarde”,
intanto la Roma della quale, ovviamente, è accanito tifoso, gajardo è capitan
Totti, gajardi sono i libri elettronici, il tablet, lo smartphone… e anche la
prof. di Italiano.
La frase gli è scappata quando si è reso conto che so usare
il tablet, il che, per gli standard dei docenti italiani, è decisamente
insolito.
Del resto, pure io, anche se non uso il termine, considero gajarde
parecchie cose e persone: le mie figlie, molti autori ed artisti, qualche
concetto, tanti personaggi come, ad esempio, i mitici Nac Mac Feegle, e se non
sapete chi sono fatevi una ricerca.
Forse avrei dovuto rimproverare E., fargli capire che il
termine è improprio, e che, in classe, gli alunni dovrebbero parlare italiano
standard non un miscuglio di gergo neo standardizzato e dialetto, ma non ho
avuto il coraggio, me lo ha detto con un tale entusiasmo che ho deciso che,
alla fine dei conti, non è poi un male essere “gajarda”!