Un anno fa l’ Italia gioiva per la vittoria contro la Francia ai Mondiali.
Anche io, come molti di voi, ho fatto festa, sono scesa in strada con le bandiere e la FG a cantare Po-po-po-po.
Ma la Mia partita, quella più bella, quella che ricorderò fino alla morte è un’ altra, è la semifinale di Mexico ’70.
Sono stati scritti fiumi di inchiostro su quella partita, il pezzo più bello è, per me, quello che ha scritto Alessandro Baricco, che ha saputo cogliere e descrivere le sensazioni sue che, poi, erano anche le nostre, di quelli della mia generazione.
Io non so scrivere bene come Baricco ( magari! ) ma voglio raccontarvi quella notte magica, come la vivemmo io e mio fratello.
Eravamo appena adolescenti e avevamo una madre che odiava soprattutto due cose: Il chiasso e il calcio.
Quella sera le strappammo il permesso di vedere in TV la partita, lei se ne andò a dormire lasciando nell’ aria un terribile ammonimento: “Se sento urlare, vengo a spegnere la TV”.
Sapevamo che diceva sul serio e ci accingemmo a vivere quella che sarebbe stata una delle notti più lunghe, entusiasmanti e atroci della nostra vita.
In quella Nazionale c’ era molta Inter, la mia squadra, c’erano Boninsegna, Mazzola, Facchetti, Domenghini, Burgnich, tutti grandi, poi c’ era Rivera, mi stava antipatico perché era del Milan ma, oggettivamente, era un grande. Con il suo fisico minuto faceva cose surreali, era un poeta del pallone, le sue azioni avevano l’ eleganza e la leggerezza di un poema simbolista. L’ altro grande era Riva, segnava, tanto.
Quando Schnellinger segnò, a partita già finita, lo odiammo. Lo conoscevamo bene, giocava nel Milan, fu come se ci avesse tradito ma era tedesco, lui, giocava per la sua nazionale a Mexico!
I supplementari furono un’ esperienza ineffabile, una specie di opera lirica, colpi di scena a ripatizione, romanze di bassi, baritoni e tenori, roba da melodramma dell’ Ottocento, roba da Giuseppe Verdi.
Segnò Mueller e pensammo che fosse finita, coi tedeschi non si scherzava, quelli erano martelli pneumatici, e i nostri, quando prendevano un gol, tendevano a demoralizzarsi.
Ma ci pensò un interista: Burgnich, era un difensore, non doveva neppure essere in quel punto del campo ma c’era e il portiere tedesco se ne accorse troppo tardi. La partita si riapriva. Poi fu ancora Italia, un’ azione da Rivera a Domenghini e da questi a Riva ma i tedeschi risposero con Mueller e infine fu Rivera a sigillare la vittoria ( ma l’ assist glielo fece Boninsegna).
In tutto questo cosa pensate che facessimo io e mio fratello?
Esultavamo e ci disperavamo, come tutti gli italiani davanti alla partita. A bassa voce, anzi a bassissima voce, quasi in silenzio, perché la minaccia di mia madre incombeva. Voi direte che è impossibile Esultare in silenzio, io vi garantisco che è vero, verissimo, anche se è terribilmente difficile, così difficile che stavamo quasi peggio quando l’ Italia segnava che quando le prendeva, perché è sicuramente più facile soffrire che gioire in silenzio.
Quando la partita finì eravamo stanchissimi, forse più stanchi dei giocatori, loro almeno avevano potuto urlare e sfogarsi, noi no.
Poi la finale col Brasile la perdemmo ma quella è un’ altra storia.
2 commenti:
Bello Tess, ma qui posso solo dirti che non ho mai amato il calcio. Sì, vedo le partite della Nazionale e mi faccio anche coinvolgere emotivamente ma, per il resto, il calcio non è la mia passione!... da ragazza, però, avevo simpatia per il Milan: sai, mio fratello tifava per questa squadra e a me piaceva "il rosso e il nero"...
Baci, ;-)
Cara Anna,
anche mio fratello era milanista ma solo perchè, essendo noi cane e gatto, io ero interista.
Poi lui si è ravveduto e ora tifa per la Roma.
Io tifavo Inter perché era quella di Herrera, una squadra che giocava bene e vinceva tutto.E poi ero innamorata di Giacinto Facchetti, a nove anni succede.
Ciao
Tess
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