Il naso di Cyrano: Shakespiriana

mercoledì 3 dicembre 2008

Shakespiriana


Mi sto facendo una full immersion di opere Shakespeariane.
Voi direte: “ Ma con tutti i guai che hai, te li vai pure a cercare?” .
Ma per me Shakespeare non è proprio un guaio, anzi.
Il fatto è che in questa nostra epoca, dominata dalla stupidità e dall’arroganza senza limiti, uno l’intelligenza se la deve andare a cercare con il lumicino e io, poiché mi sono stufata di fare minuziose ricerche per trovare un briciolo di buon senso, l’intelligenza me la vado a cercare nelle opere degli scrittori del passato.
Così mi dimentico di un presente che non mi piace affatto e mi sento a casa mia tra personaggi, magari strani, ma decisamente più affascinanti dei miei contemporanei in carne ed ossa.
In questa mia ricerca della saggezza sono aiutata dalla FG che, studiando letteratura inglese, mi dà spiegazioni filologiche e linguistiche.
Il nostro viaggio alla ricerca di William e delle sue creature (effettuato rigorosamente in traduzione italiana, il mio inglese è troppo misero per una lettura in lingua originale) è cominciato all’Eliseo con Re Lear (Howl, howl,howl).
Mi è piaciuto da matti. C’è tutto nel Re Lear (dissento, nota della FG che tifa The Tempest): il rapporto padre-figli, la lotta tra il bene e il male, tra la saggezza e l’idiozia, la guerra, l’amore. Il tutto su una scena nuda, priva di ogni riferimento temporale o storico a significare, credo, l’universalità e l’atemporalità delle passioni umane.
Il viaggio è proseguito al Quirino con un Otello che alla filologa FG non è piaciuto (e nemmeno all’attrice che faceva Emilia caduta di brutto sul palco nella scena della sua morte). A me invece, che sono filologa si ma per le opere italiane, latine e greche, lo spettacolo è piaciuto. A parte la recitazione del protagonista terribilmente gigionesca, la messa in scena offriva una buona lettura del conflitto che Otello vive tra amore e gelosia. Soprattutto mi è piaciuto Iago, cattivissimo, quasi come l’Edmund del re Lear.
Quello che mi piace in Shakespeare è che i cattivi sono veramente cattivi, non sono un po’ cattivi, non vivono il conflitto etico del bene e del male, no, loro il male lo fanno proprio per bene.
A casa, poi, per tre sere di seguito ci siamo sparate la Tempesta in DVD nel mitico allestimento del Piccolo Teatro di Milano, diretta dall’altrettanto mitico Streheler, tradotta dal super-mitico Agostino Lombardo e recitata dai miticissimi Tino Carraro, Massimo Foschi e Giulia Lazzarini. Roba che dopo di loro voglio vedere se qualcun altro avrà il coraggio di mettere di nuovo in scena quest’opera.
La Lazzarini, inimitabile Ariel, vola, letteralmente, sul palcoscenico. Carraro, nei panni di Prospero è sufficientemente antipatico e saccente, Foschi (Gran fico! Nota della FG, ma mamma è d’accordo) interpreta un Calibano tenerissimo nella sua sofferenza di emarginato, di vittima di un razzismo ottuso e superbo.
Guardavo lo spettacolo e pensavo che anche oggi ci sono tanti, troppi, Calibani, odiati e rifiutati solo perché diversi. Non li capiamo i Calibani, ci fanno paura e, poiché siamo troppo vigliacchi per ammettere la nostra paura, li odiamo.
Mi sa che aveva ragione Einstein quando diceva: “Ci sono due cose infinite: L’Universo e la stupidità umana ma sull’Universo ho ancora qualche dubbio”.
Certo è che Shakespeare la stupidità umana ce l’ha raccontata in maniera proprio intelligente.

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