Stamattina ho fatto una cosa seria: sono andata a visitare il minuscolo ma affascinante Museo di Marie e Pierre Curie.
Avevo letto la biografia dalla scienziata franco-polacca e ne ero restata affascinata.
Mi ha colpito la storia di questa donna coraggiosa e caparbia, determinata a studiare in un' epoca e in un paese, la Polonia dominata dai russi, nei quali alle donne era assegnato l'unico ruolo di mogli e madri.
Marie decise di intraprendere un'altra strada: andò a Parigi, lasciò il padre amatissimo, tutti i suoi affetti, visse in una dignitosa miseria, affrontò tanti sacrifici per un ideale.
Si laureò e potè condurre le ricerche sulla radioattività.
Mi piacciono le donne così. Oggi per noi è tutto molto più facile ma centoventi anni fa le cose erano assai diverse.
In Italia, negli stessi anni, un' altra Maria, Maria Montessori, dovette lottare duramente per potersi laureare in medicina, fu la prima donna a ottenere questo titolo, Marie Curie fu la prima donna professore alla Sorbonne.
Marie a Parigi trovò anche l'amore, in Pierre Curie, professore e studioso. Insieme fecero scoperte fondamentali per l'umanità, insieme vinsero un premio Nobel. Fu un amore totale, di testa e di cuore.
Posso capire assai bene che, quando Pierre morì in un incidente, Maria ne fosse annientata, posso capire il suo dolore, la sua incapacità a reagire.
Eppure lei seppe reagire, continuò le ricerche, vinse un altro Nobel.
Durante la prima guerra mondiale organizzò delle unità mobili di radiologia, fu al fronte, in prima linea per salvare vite, non per toglierle.
Morì colpita dalle radiazioni che per tutta la vita aveva studiato, e che permisero a tanta gente di curarsi, e la sua opera fu continuata dalla figlia Irene e dal genero Frederic Joliot che anch'essi vinsero il premio Nobel.
Una storia bellissima.
Nel museo della fondazione Curie c'è lo studio di Maria, ci sono i suoi strumenti, tante fotografie, ci sono i diplomi dei premi Nobel, c'è il giardino che ella volle fortemente.
Mi sono commossa a vedere queste cose, ho scattato tante fotografie, ho pensato che di persone così ce ne vorrebbero tante di più in tutte le epoche, anche nella nostra.
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