Il naso di Cyrano: settembre 2008

martedì 30 settembre 2008

Il tradimento

Capitolo 8

I quattro si avviarono per uno dei tanti vialetti che si diramavano dietro la scuola, intenti a dibattere sui voti dell’ultimo compito di matematica.
Costeggiarono un muro grigio e si infilarono in un cortiletto, abbastanza sporco e pieno di mobili da buttare, sul quale si affacciavano le immense saracinesche di diversi garage.
Claudio si fermò davanti ad uno con la saracinesca ricoperta di scritte disegnate con la bomboletta, vi si accovacciò davanti, estrasse una chiave da una tasca del giubbotto e ne tolse il lucchetto. Giorgio e Marco lo aiutarono a sollevare la pesante saracinesca che dava sull’ambiente completamente buio, Stella entrò e gli altri la seguirono.
Wolfango lasciò la sua postazione dietro l’angolo del muro grigio, vide che il locale era composto di due stanze: la prima piccola e completamente buia dove non c’erano che due panche di legno e la seconda, la stanza dove erano entrati gli altri, poco più grande e fiocamente illuminate da una luce rossastra.
Si lasciò scivolare nella prima stanza mettendosi quieto a sedere al margine della panca a sinistra e, protetto dal cemento della struttura divisoria, poté osservare nell’altra stanza.
Vide Stella aggiustare un microfono, Marco litigare con l’amplificatore della sua chitarra elettrica che lanciava tremendi fischi, Giorgio sistemare con calma l’attacco del suo basso, ripetendo più volte note metalliche e velocissime e Claudio carezzare, dapprima con lo sguardo quindi con le mani, la sua batteria.
In mezzo un abat-jour rosso, preso chissà dove, illuminò i preparativi.
Claudio batté tre volte le stecche una sull’altra e al terzo colpo fu musica.Wolfango socchiuse gli occhi gustando la voce di Stella e quella furia di strumenti sotto ma, mentre lei era nel pieno di un acuto, lui cadde con un gran tonfo. Il legno della panchina era evidentemente marcio.

sabato 27 settembre 2008

Il tradimento


Capitolo 7
Da quel giorno le cose cambiarono, nel senso che i compagni continuarono a prendere in giro il ragazzo ma soltanto quando Stella era fuori portata.
Le cose cambiarono anche nel senso che Wolfango si era innamorato perdutamente di Stella.
Ovviamente, non fece assolutamente nulla per conquistarla, era convinto che la ragazza provasse pietà per lui, per il suo nome, non sapeva che lei non provava neppure pietà, era semplicemente infastidita dalla stupidità dei compagni.
Per Wolfango, andare a scuola significò da quel giorno anche guardare Stella. Si accontentava, come Cyrano, di amarla a distanza. Mai le avrebbe rivolto la parola, mai le si sarebbe avvicinato.
Stella faceva gruppo fisso con altri metallari: Giorgio, Claudio e Marco. I quattro stavano sempre insieme e il loro argomento preferito era la musica, non quella classica ma il rock, l’heavy metal, il grunge, il punk e altri generi che Wolfango conosceva per sentito dire e che a casa sua erano severamente proibiti. Era, quella musica, definita “rumore” dal nonno Giuseppe.
I quattro, all’uscita da scuola, se ne andavano sempre insieme confabulando. Wolfango era incuriosito, innamorato e anche un po’ geloso.
Un giorno decise di seguirli.

mercoledì 24 settembre 2008

Il tradimento

Capitolo 6



I giorni di scuola si susseguivano con la loro atroce dose di sfottimenti, un lunedì mattina successe però qualcosa di nuovo, una voce ruppe i lazzi grotteschi dei ragazzi.
-La volete fare finita!- tuonò Stella dall’ultimo banco della fila a destra.
Calò il silenzio per un attimo mentre tutti si giravano verso di lei.
-Se non la finite ve lo spacco in testa quel registro!- gridò ancor più furibonda, prima che qualcuno potesse osare una risposta.
Stella era una ragazzina esile, capelli lisci, scuri, che le coprivano metà della figura e occhi azzurri ma aveva due polmoni di potenza terrificante ed il suo corpo, ad eccezione dei capelli, era ricoperto al novanta per cento di metallo, a partire dal collo: collare con borchie di metallo, catena di metallo con un teschio, una maglietta composta per lo più di spille da balia con perline nere e viola, pantaloni tintinnanti per le enormi catene nere, viola ed argento e un paio di anfibi con punta in metallo dall’aria abbastanza minacciosa, senza contare i quattro orecchini, i braccialetti borchiati e i grossi anelli con castoni a forma di teschio o dotati di grosse pietre che non avrebbe esitato a stampare in fronte a chi la seccava.
Usava un linguaggio da fare invidia ad uno scaricatore di porto se qualcuno la seccava ed in classe era considerata strana o amata e rispettata a seconda dell’apertura mentale del suo interlocutore.
Il professore di Italiano colse la palla al balzo ricordando a Stella di moderare i toni e “pregando” in tono minaccioso il resto della classe di evitare le solite agitazioni mattutine.
Tutti si voltarono verso la cattedra, solo due occhi rimasero puntati ed incantati su Stella: quelli di Wolfango.

sabato 20 settembre 2008

Il tradimento


Capitolo 5
Wolfango, quindi, portava il nome del “grande Mozart!”, peccato che Mozart lo avesse portato in Austria quel nome, senza la o finale e che non venisse preso in giro ai suoi tempi; era odiato a volte ma dileggiato e tormentato mai, almeno non a causa del suo nome.
Quel nome, così odioso, stonava tutte le volte che veniva pronunciato, soprattutto nell’appello mattutino, in classe.
Stonava il nome come stonava il ragazzo. Wolfango odiava la musica, quella musica che per lunghi periodi gli portava via la madre, lontana per i concerti o vicina ma irraggiungibile perché impegnata a studiare. Lui detestava la musica che gli aveva regalato quel nome atroce, la musica che governava i pensieri di suo padre e di suo nonno.
Li aveva ferocemente delusi, ne soffriva un po’ ma, d’altro canto ne gioiva perversamente: era la sua vendetta!
Amedeo, invece, aveva perfettamente corrisposto alle aspettative, suonava l’oboe, era il completamento ideale di una famiglia votata alla melodia e all’armonia, capace di ascoltare sempre e di non entrare in attrito ogni volta con la fissa che i suoi avevano per la musica classica.Amedeo era dentro, come lui ne era fuori, da tutto un mondo di suoni delicati e ricordi di teatri e concerti che tanto premevano ai suoi genitori ed al nonno.

mercoledì 17 settembre 2008

Il tradimento

Capitolo 4

Wolfango non riusciva a capire se amasse i suoi o se li odiasse.
Adorava sua madre ma non era tanto sicuro di voler così bene a suo padre e, soprattutto, a suo nonno, il famosissimo Giuseppe Rossini.
Suo nonno era noto in tutto il mondo, era un valentissimo pianista, dava concerti nei maggiori teatri del mondo. Era un appassionato musicista e musicofilo, diceva che nel suo nome era scritto il suo destino: Giuseppe come Verdi e Rossini come il famoso autore del Barbiere di Siviglia. E aveva chiamato suo figlio Ludovico, naturalmente in omaggio a Beethoven.
Ludovico era stato avviato agli studi musicali in tenerissima età ed era diventato un virtuoso del violino, come il padre teneva concerti in ogni Paese del mondo ed aveva sposato Clara, la madre di Amedeo e Wolfango, che era una eccellente arpista.
Quando Giuseppe Rossini seppe che Clara aspettava due gemelli maschi decise immediatamente che essi avrebbero dovuto chiamarsi coi nomi del musicista più grande di tutti i tempi, da lui amatissimo, il genio di Salisburgo. E così fu.

sabato 13 settembre 2008

Il tradimento


Capitolo 3
Dietro quella porta c’era la sua famiglia.
Stranamente, in quel periodo erano tutti in sede, cosa rara perché spesso lui e Amedeo erano affidati alle teutoniche cure di Frau Julia, la governante che adorava i gemelli anche se aveva loro imposto una disciplina degna dell’esercito prussiano.
Entrò, cercando di non fare rumore, voleva soltanto rifugiarsi nella sua stanza ma, implacabile, la voce di suo nonno risuonò:-Wolfango!-
Lo stavano aspettando, volevano sapere com’era andato il primo giorno di Liceo, rassegnato entrò e si preparò all’ interrogatorio.
-Allora, com’è andata?- chiese suo nonno
-Bene- buttò là lui ma non era sufficiente a placare la curiosità dei parenti
-Bene in che senso?- insistette il padre
-Non abbiamo fatto granché, è solo il primo giorno.- mormorò
-E i professori come ti sono sembrati e i compagni?- domandò sua madre, con quella voce dolcissima che lo faceva sciogliere in un mare di tenerezza.
-Mi sembrano simpatici- mentì spudoratamente.
-Ciao a tutti!- la voce squillante di suo fratello salvò Wolfango. La curiosità degli adulti si spostò sulle avventure scolastiche di Amedeo che fu ben lieto di raccontare, con dovizia di particolari, la sua giornata.

martedì 9 settembre 2008

Il tradimento

Capitolo 2


Una giornata schifosa che ne inaugurava tante altre a venire. Wolfango lo pensava mentre camminava sotto quel cielo talmente azzurro che sembrava lo sfottesse, anche il cielo come i dannati compagni di classe.
Rovinava così, accigliandosi e fissando l’asfalto, quei pochi minuti che lo portavano da un inferno all’altro, da scuola a casa e s’incurvava sotto uno zaino ancora leggero e privo dei libri di scuola per non guardare le facce della gente.
Nessuno avrebbe ascoltato i suoi guai, salvo forse suo fratello, sempre gentile e perfetto in ogni cosa, l’invidiabile Amedeo.
Wolfango sapeva benissimo di non invidiare Amedeo, anzi lo ammirava, avrebbe solo voluto essere come lui: perfetto, o almeno capace di sentirsi a suo agio a scuola e in famiglia.
Amedeo era perfetto nel ritmo di quella vita e di quella casa ed era anche il suo più grande amico, gli dispiaceva averlo lasciato indietro ma in quel momento si sentiva come ciò che era sempre stato a lezione di musica: un flauto stonato, fuori tempo.La porta di casa gli si parò davanti interrompendo quella cascata di pensieri. Lasciate ogni speranza o voi che entrate.

sabato 6 settembre 2008

Il tradimento


Capitolo 1

-Wolfango, ma che cavolo di nome è!?- disse uno. Gli altri iniziarono a sghignazzare, come sempre accadeva quando lui diceva il suo nome.
Lo sapeva già, sarebbe stato, a causa di quel suo dannatissimo nome, lo zimbello di tutti gli altri.
Era inutile essere avvenente, era inutile essere bravo, tutti lo avrebbero preso in giro, maschi e femmine.
Era cominciata all’asilo, continuata alle elementari e alle medie e anche adesso, in prima liceo, sarebbe andata così.
Wolfango aveva 15 anni, a scuola era sempre andato bene, in tutto, soltanto in musica era un disastro, non come il suo gemello, Amedeo, che era caruccio quanto lui, andava bene anche in musica, tanto che si era iscritto al Conservatorio, piaceva alle ragazze e, soprattutto, aveva un nome non troppo usuale ma non ridicolo come il suo.
L’ingresso del professore mise fine agli sfottò che ripresero puntualmente durante la ricreazione.
All’uscita lui se li risparmiò schizzando dall’aula a palla di fucile, senza aspettare il fratello, che stava nello stesso Istituto ma in un’altra sezione, e filò velocemente verso casa.

mercoledì 3 settembre 2008

Il tradimento


Questo racconto è nato da un’idea che mi è venuta una mattina, a me le idee vengono ad ogni ora del giorno ma quelle della mattina sono in genere le migliori.
La scrittura, però, non è solo opera mia, ho coinvolto nella faccenda anche la FG, che si è prestata con piacere. Ho coinvolto la FG perché mi serviva una “voce” giovane che sapesse parlare il linguaggio dei giovani e anche perché mi piace scrivere “a quattro mani” con lei.
Perciò, se la storia, che vi proponiamo a puntate (ogni mercoledì e sabato), vi piace attribuitene il merito ad entrambe, se non vi piace considerate che non siamo scrittrici e smettete tranquillamente di leggerla!

Prologo

Wolfango stava immobile Davanti alla porta chiusa della biblioteca.
Il pesante uscio di legno massiccio non gli permetteva di udire nulla di quanto stava avvenendo là dietro, Wolfango poteva solo immaginarselo e se lo immaginava benissimo.
Wolfango aveva compiuto un terribile misfatto, incredibile, inaudito, inimmaginabile. Sapeva che gliel’avrebbero fatta pagare e cara. Avrebbe voluto essere mille miglia lontano, avrebbe voluto fuggire ma i suoi piedi rifiutavano di obbedire al suo cervello, era inchiodato là, davanti al suo destino, davanti ad una punizione che sapeva orribile ma che non avrebbe potuto evitare.Non poteva fare nulla se non ripercorrere con la mente il non lungo cammino che lo aveva portato davanti a quella porta, non poteva far altro che ricordare…e ricordò.