sabato 17 gennaio 2009
Birra metateatrale
Dopo una settimana di lavoro infernale: test e compiti in classe da correggere e valutare, interrogazioni a tappeto, riunioni, lavori al computer da preparare per le suddette, lavori domestici, spesa, Fg in fase isterica da stress da esami, influenzetta che va e viene, stasera mi sono rilassata andando a teatro.
Veramente ero parecchio dubitosa, lo spettacolo era un atto unico di Vàclav Havel sull’ occupazione sovietica della Cecoslovacchia, temevo che fosse una cosa pesante e tristissima ma faceva parte del pacchetto abbonamento, così io e la FG, entrambe in alta uniforme ( di solito vestiamo casual ma per il teatro ci vestiamo eleganti), ci siamo andate.
In realtà lo spettacolo, che si intitola Udienza, è stato gradevolissimo, ironico e ben recitato, ci è piaciuto moltissimo.
In scena ci sono soltanto due personaggi: un intellettuale, scrittore di teatro, perseguitato dal regime, che non può più rappresentare le sue opere e che ha trovato lavoro come operaio in una fabbrica di birra e il suo capo, un birraio ubriacone e ignorante.
Il capo parla quasi sempre, bevendo birra in continuazione e versandone all’ intellettuale che, non potendo rifiutare perché teme di perdere il lavoro fa finta di berla e la versa nel boccale del capo quando questi esce di scena.
Il capo cerca di convincere l’ intellettuale a collaborare con lui, in sostanza a fare la spia per i sovietici ma lo fa attraverso infiniti e ripetitivi giri di parole, alla fine l’ intellettuale rifiuta e allora il capo si irrita e, ormai ubriaco, lo implora. Le parti si sono rovesciate: non è il capo quello forte e lo dice, dice allo scrittore, piangendo: “ Tu domani sarai un eroe, tu puoi continuare a scrivere, quelli ti perseguitano perché ti temono, domani sarai un eroe, io, invece, sono e sarò nessuno, ora e sempre”
Lo scrittore non sa che rispondere, alla fine il capo si arrende ma gli chiede di portare almeno alla fabbrica una famosa attrice, amica dello scrittore, perché la sua vita non sia del tutto vana, perché egli possa almeno giustificarla per quell’ evento.
Lo scrittore promette e riesce a mettersi nei panni del capo, riesce a comprendere, forse soltanto per un attimo, la vita miserabile del capo.
Il tutto è condotto con una leggerezza dialettica, con grande ironia e raffinato umorismo, conditi con reiterate bevute di boccali e boccali di birra.
La scena era affascinante e i due attori coinvolgenti. Insomma uno spettacolo piacevolissimo. Ma…ma quando è finito io e la FG eravamo assillate da un desiderio irrefrenabile di birra.
Ce lo siamo soddisfatto al Book-a-bar, il bar del Palazzo delle esposizioni, vicino al teatro. Naturalmente non ci siamo limitate a berci la birra, con la FG è inevitabile filosofare e infatti abbiamo filosofato, nella fattispecie , la FG sosteneva che quella era una metabirra teatrale ma io l’ ho corretta sostenendo che semmai era una birra metateatrale poiché “meta” in greco significa “riguardo a” e quella birra riguardava lo spettacolo che avevamo appena visto e la sete che ci era venuta guardandolo. La FG si è convinta e ce ne siamo tornate a casa chiacchierando allegramente di tante meravigliose cose: teatro, musica, letture, insomma tutte quelle cose che tutte e due amiamo e condividiamo.
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