Domenica io e la FG siamo andate a teatro a vedere uno spettacolo intitolato Don Quijote.
In realtà dell’immortale personaggio di Miguel de Cervantes c’era ben poco, lo spettacolo era più un omaggio che Franco Branciaroli ha voluto fare a due mostri sacri del teatro italiano che, purtroppo, non sono più con noi: Carmelo Bene e Vittorio Gassman.
Branciaroli, che conosceva bene sia Gassman che Carmelo Bene, non si limita a imitarne le voci ma ci ripropone anche la mimica e la gestualità dei due grandi e, alla fine, uno si dimentica che in scena c’è un attore e vede, vede proprio, Vittorio e Carmelo, dialogare, bere whisky e gin e fumare Gitanes.
L’attore e regista, in un lungo monologo, che in realtà era un dialogo, ha ripercorso, attraverso una lettura un po’ filologica, un po’ letteraria e un po’ metafisica e visionaria, la storia del cavaliere de la Mancha, imitando le inimitabili voci di Bene e di Gassman e facendoli dialogare.
A parte il fatto che Branciaroli usava il microfono in scena, cosa per me assolutamente inammissibile in teatro, era affascinante sentire, sia pure imitate, le voci di due autentiche fiere da palcoscenico.
Branciaroli ci ha dato un Don Chisciottte/Gassman istrionicamente furibondo, spesso fuori dalle righe, svariando dai bassi agli acuti come il grande Vittorio faceva sia quando recitava sia quando parlava (ma lui anche quando parlava recitava) ed un Sancho Panza/Bene ancor più istrionico, nasale, gigionescamente ambiguo e, a tratti, iper-realista e spesso etereamente surrealista. (lo so che tra i miei pochi ma selezionati lettori i più giovani non capiranno molte delle parole che ho usato ma per descrivere lo spettacolo quelle ci vogliono, vorrà dire che chiederanno aiuto ai genitori oppure le chiederanno a me, a scuola.).
Lo spettacolo è stato una lunga e affascinante lezione di letteratura, un’analisi del romanzo come luogo d’incontro/scontro tra realtà e finzione; il punto è che bisognerebbe sapere qual è la realtà e qual è la finzione.
Branciaroli lascia la questione in sospeso, ed è bellissimo non sapere la soluzione: ognuno può credere vera la sua. Bellissimo anche il finale, quando l’attore, con la voce di Gassman, rifiuta di recitare la morte di Don Chisciotte, sostenendo che il cavaliere vivrà in eterno.
Don Chisciotte vive, in molti di noi, in tutti quelli che vogliono sollevarsi dal fango del quotidiano, in tutti quelli che volano alto, lontano dalla mediocrità, dalla vacuità dei mulini a vento, dall’arroganza dell’ignoranza ; Don Chisciotte combatte una battaglia persa, come Cyrano, la differenza è che Don Chisciotte non sa di essere sconfitto se non quando muore, Cyrano invece si, oppure no, in fin dei conti Cyrano muore senza essere stato toccato dall’iniquità del mondo.
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