Qualche sera fa, io e la FG siamo andate a vedere un atto unico di Natalia Ginzburg. Si intitola “L’intervista”. La storia non c’è ma è un pezzo di Storia, quella mia e di quelli della mia età. Storia finita, cancellata, sparita; la storia di giovani (neanche tanto) che sognavano. Cosa? Un mondo migliore, senza conflitti, un mondo pieno di giustizia, forse, un mondo di uomini etici. La storia di giovani che, talvolta, agivano per realizzarlo questo mondo migliore ma più spesso si limitavano a sognarlo. Storia spazzata via, in molti casi, dagli stessi che l’ avevano sognata a trent’anni e poi, a quaranta, si sono integrati in un sistema immorale ed ingiusto.
Il testo era molto ironico e divertente, oltretutto ben recitato ma io sono uscita dal teatro con tanta malinconia. Non rimpianto, certo, non vorrei tornare a quegli anni ( dal 1978 al 1988) che mi hanno dato molto di bello ma che erano anche faticosi: pensare a grandi ideali è faticoso. Ero triste perché gli ideali di allora erano sogni, bellissimi ma sogni, irrealizzabili.
La FG ha apprezzato lo spettacolo ma non credo che lo abbia capito appieno: lei non c’era ancora in quel periodo.
La cosa più triste, forse, è che non me la sono sentita di provare a spiegarle com’ era a quei tempi, non ce l’ho fatta a descriverle i sentimenti che provavamo, le paure e le speranze. Lei ha le sue, che sono forse più terribili e più belle delle nostre. Vorrei, con tutto il mio cuore, che almeno le sue di speranze si realizzassero.
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