Il naso di Cyrano: Memoria e poesia

domenica 16 marzo 2008

Memoria e poesia

Quando andavo alle elementari avevo un problema: non riuscivo ad imparare le poesie a memoria, non è che non ne fossi capace, mi rifiutavo proprio!!
Da grande le poesie le ho imparate ma solo quelle che mi piacevano e perché volevo farlo.
Certo, sono consapevole che la memoria bisogna esercitarla ma si può farlo studiando le tabellone, che almeno servono a qualcosa, oppure i verbi latini, che non servono a molto nella vita ma se studi Lettere classiche sono indispensabili, o, perché no, un copione teatrale.
Einstein diceva che trovava intollerabile riempirsi il cervello di nozioni che poteva trovare in qualsiasi libro ed era un genio, senza contare che far imparare a memoria una poesia è il modo migliore per farla odiare a chi la impara!
Ho due ricordi buffi legati a questo problema.
Il primo riguarda mia sorella.
Cat era alle elementari e doveva imparare il Sabato del villaggio, la sentivo ripetere a voce alta ( più che altro urlava come una belva ferita) gli immortali versi leopardiani sbagliando tutti gli accenti delle parole desuete.
Andai da lei e le chiesi:”Ma capisci quello che stai leggendo?”
Lei, che già da allora aveva sviluppato una logica ferrea (al liceo aveva sempre 10 in matematica!) mi rispose serafica:”Il maestro ci ha detto di studiare a memoria la poesia, non ci ha detto di capirla.”
Ecco. Io invece voglio che i miei ragazzini le poesie le capiscano e, se possibile, le amino, perciò non gliele faccio mai studiare a memoria, gliele leggo, le spiego e poi gliele faccio leggere a voce alta, perché la poesia è musica e, per apprezzarla bisogna sentirla con le orecchie.
Il secondo ricordo vede implicata la FG.
La sua maestra le diede da imparare a memoria il solito Sabato del villaggio, i maestri sembrano amare smodatamente questo canto e forse è per questo che tutti gli alunni lo odiano.
Fu una settimana da incubo, peggio del viaggio dantesco nell’ inferno!
La FG la poesia l’ aveva capita (la Signorina P., esimia maestra della fanciulla, era una donna intelligente: le poesie le spiegava e bene) ma sembrava estremamente riottosa ad impararla a memoria e voi non potete neppure immaginare cosa voglia significare quel “riottosa”.
Dal lunedì al sabato ripetemmo i versi all’ infinito, alla fine la sapevo a memoria anche io!
La FG l’ aveva imparata e la sapeva dire molto bene, con l’ intonazione giusta, con molta grazia e partecipazione emotiva ma non sembrava contenta.
La sera della domenica ( il compito era stato assegnato per il lunedì) la trovai in lacrime, in un mare di lacrime e singhiozzi. Gliene chiesi il motivo e lei rispose che era per la dannata poesia. Le ricordai che ormai la sapeva, che avrebbe potuto dirla anche dormendo, che non c’era motivo di piangere e intanto, dentro di me, maledivo Leopardi, i villaggi, il sabato e tutta la categoria degli insegnanti.
“ Sì che c’è il motivo!!” urlò la FG “la Maestra (diceva sempre la Maestra con la M maiuscola), se uno si ferma un attimo a riprendere fiato, dice che la poesia non la sa e lo rimanda a posto con un votaccio! La poesia è lunga, io non la posso dire senza respirare!!!”
Rassicurai la figlia e scrissi una lettera alla Signorina P. nella quale esponevo il problema e chiedevo comprensione.
Quando andai a riprendere la FG il lunedì, la trovai tranquilla, mi disse che la poesia l’ aveva recitata bene, così bene che la maestra gliel’ aveva fatta ripetere anche davanti alle altre maestre.
Oggi la FG è una studentessa di Letteratura, ama le poesie e le legge e le recita in quattro lingue, c’è solo un poeta che non ama affatto, naturalmente è il povere Giacomo Leopardi!

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