mercoledì 9 aprile 2008
Bello e brutto
Stasera ho messo nel lettore CD un disco di musica barocca.
Sto ascoltando dei pezzi bellissimi, alcuni dolcissimi, altri allegri e ripenso a quello che è accaduto stamattina, a scuola.
Nella mia classe stanno succedendo delle bruttissime cose: alunni che si offendono tra loro, con parole orribili e stupide, ragazzi e ragazze che emarginano i loro compagni, atteggiamenti di malintesa superiorità, non si sa bene su cosa fondata, il tutto dietro un’ apparente, ipocrita e formale correttezza.
E’ il fallimento, totale e inconfutabile, del mio lavoro, che non consiste solo nell’ insegnare la grammatica ma anche e soprattutto nell’ educare i ragazzi a convivere e a rispettarsi.
Io, per prima, rispetto gli altri, sono un’ ottimista, forse un po’ scema, credo che in ogni altro ci sia del buono, penso che ognuno di noi possa dare qualcosa nella sua vita, magari non tutti diventano Manzoni o Mozart o Totti ma tutti possono concorrere a migliorare la vita e il mondo.
Ho sempre creduto che il rispetto per gli altri si insegni rispettando gli altri.
Ma, adesso, come posso continuare a rispettare dei ragazzi che discriminano i loro simili?
Non posso farlo, non sono in grado.
E non so neppure che fare.
Dovrei trovare nuove strategie educative ma quali? Al momento non lo so. Forse dovrei essere più severa, più dura ma servirebbe? O, forse, dovrei cambiare mestiere ma cosa potrei fare?
La musica continua e io sono sempre più confusa, come diceva don Camillo: “ho la testa piena di vento”, un vento che mi gela il cuore e la mente, un vento freddo e cattivo che non so come combattere.
Questa sera, in questa mia tristezza, le note si insinuano a cullarmi ma non riescono a consolarmi
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6 commenti:
Leggere queste righe mi ha dato molto da pensare. Sono rimasto colpito da questo suo profondo scoramento, sarà che nonostante telefonate e confronti con altri genitori mi mancano ancora gli elementi chiave per capire cosa è successo, cosa ha provocato il suo forte disagio e la sua sensazione di fallimento.
Certo, condivido al cento per cento quanto lei ha scritto sull'importanza del reciproco rispetto come base della convivenza civile, come fondamento di una società sana, una convivenza che per essere vera deve prescindere dal credo religioso o da quello politico, dall'estrazione sociale, dalla nazionalità, dal sesso. Forse sono meno ottimista di lei, e di questo a volte me ne vergogno, sarà che nella mia professione non ho la fortuna di avere a che fare con i giovani; ho comunque sempre invidiato il suo grande entusiasmo, la sua infinita passione per il suo lavoro. Per questo mi sento di dirle, con tutto il cuore, di resistere, di continuare nella sua preziosa opera di educatrice - non solo di insegnante - di costruttrice delle donne e degli uomini di domani.
E poi, cara prof, faccia leva sul suo ottimismo, e sicuramente comprenderà come lei non ha fallito, come la stragrande maggioranza dei suoi studenti la stimi e le voglia bene, e che certi comportamenti, certamente odiosi e scorretti, probabilmente non sono il sentire e l'agire di tutti, e qusto proprio grazie al suo splendido lavoro.
Forza, cara prof, come Don Camillo peschi nel suo grande serbatoio di generosità e vada avanti, e vedrà che sia i suoi ragazzi che noi genitori le verremo dietro. Per conto mio sono veramente felice che mio figlo l'abbia come docente.
Con stima e affetto,
Zlatan senior
Gentile Signor/a Zlatan,
mi è chiaro da quanto scrive che Lei è un genitore di uno dei miei ragazzi e che ha stima di me e apprezza il mio lavoro e di questo la ringrazio.
Mi creda, in questo momento ho davvero bisogno di parole quali quelle che Lei ha avuto la bontà di scrivermi.
Ho incontrato diversi genitori che mi hanno dato ulteriori elementi per analizzare la situazione, che è ben più complessa di quanto mi figurassi e che implica responsabilità da più parti.
Al momento ho ancora le idee terribilmente confuse e non trovo soluzioni da adottare.
Lunedì, come forse saprà, con i ragazzi andremo a Firenze per una visita di istruzione. Sarà, per me, un' occasione per osservare i loro comportamenti e per riflettere.
Non vorrei sbagliare ancora, il fatto è che a me pare che sia così semplice "essere buoni" che proprio non riesco a capire quando i ragazzi si fanno del male tra loro e a se stessi. Ma, forse, non è vero che sia facile "essere buoni", forse è terribilmente difficile. Non lo so.
La ringrazio del suo intervento su questo blog e mi scuso se il mio lavoro non sempre è efficace.
prof. Tess
Gentile Professoressa,
rientrando a casa ho trovato mia moglie che leggeva il suo blog, che le è stato segnalato da nostra figlia, che è una sua alunna.
Mi sono letto per primo “Bello e brutto”, perché sono direttamente coinvolto per tramite di mia figlia
nelle vicende che fanno da sfondo alle sue riflessioni.
Ne riporto due che mi hanno colpito in particolare:
“ …Nella mia classe stanno succedendo delle bruttissime cose: alunni che si offendono tra loro, con parole orribili e stupide, ragazzi e ragazze che emarginano i loro compagni, atteggiamenti di malintesa superiorità, non si sa bene su cosa fondata, il tutto dietro un’ apparente, ipocrita e formale correttezza. … “
“ ....Ho sempre creduto che il rispetto per gli altri si insegni rispettando gli altri.
Ma, adesso, come posso continuare a rispettare dei ragazzi che discriminano i loro simili?
Non posso farlo, non sono in grado…..”
Mi sono chiesto: perché per nutrire rispetto per i ragazzi deve necessariamente verificarsi la precondizione che i medesimi siano non discriminanti tra di loro? Può benissimo accadere che dodicenni abbiano comportamenti riprovevoli perché nessuno nasce già educato e in aggiunta sono ragazzi cioè, in una certa misura, “irresponsabili” e dunque non sono tenuti a rispondere alle aspettative nella stessa misura degli adulti (posto che sia giusto non avere rispetto per chi delude le aspettative)
Ecco, leggere quelle riflessioni mi ha dato la sensazione che Lei abbia mitizzato i suoi alunni fino al punto di trasformarli nell’“Alunno”: un modello perfetto al cui confronto i suoi alunni, quelli di carne, ossa e spudoratezza/ingenuità/spietatezza/insicurezza/ipocrisia/creatività/impegno/apertura al nuovo/curiosità/allegria/violenza/rompiballaggine… (e possiamo andare avanti così all’infinito, ma spero che ci siamo capiti) deludono inesorabilmente perché non vi corrispondono.
Che vi sia stata una delusione, per quanto cocentissima, in fondo è un bene, perché è segno di un prevalere della Realtà sul Mito, é la premessa per il recupero dell’entusiasmo, dell’ottimismo, della lucidità affievolitisi dall’inizio di questo anno scolastico.
Abbiamo ragazzini di 12 anni da educare ai valori più alti tra cui la tolleranza reciproca, la sincerità nei rapporti interpersonali, l’apprezzamento piuttosto che il disprezzo delle differenze, il coraggio dell’espressione delle proprie opinioni e, per quanto riguarda il mio impegno personale, il coraggio dell’espressione del proprio Credo e il tentativo quotidiano di viverlo.
Abbiamo adolescenti che semplicemente vivono la loro età cioè vivono, sperimentando modalità nuove e con strumenti nuovi proposti dai media, dai familiari e dagli educatori, la irrefrenabile spinta della Natura a maturare nel corpo, nella psiche, nello spirito. Abbiamo adolescenti che vivono l’irrinunciabile necessità di relazionarsi con sé stessi e con i propri pari, con i genitori, con i fratelli, con gli amici, i maschi con altri maschi e con le femmine, le femmine con altre femmine e con i maschi, con la propria spiritualità.
Abbiamo tentativi di integrazione che non sono andati ancora a buon fine (intendo con “integrazione” il “fare corpo di un individuo con un gruppo preesistente” mentre purtroppo sempre più questa parola acquista immediatamente un sapore “razziale” o, per dirla alla politically correct, “etnico”).
Come educare il singolo e la comunità degli studenti con il dovuto rispetto?
Magari lo sapessi! Confido nel Suo rinnovato entusiasmo, nella Sua esperienza e, mi permetto di dire, amore per il Suo lavoro e per i Suoi ragazzi.
Le chiedo e mi chiedo: di cosa è fatto il rispetto?
Non è una domanda retorica, lo chiedo veramente.
Per ora con i miei figli sono a questo punto: ascoltarli quando mi chiedono di ascoltarli, avere attenzione per loro prima che me la chiedano esplicitamente, dare loro il mio pensiero, ragionare insieme sul significato da dare a quello che accade, rimproverarli, senza umiliarli o insultarli, quando attuano comportamenti contrari ai valori di cui sopra, chiedere scusa quando mi accorgo di aver mancato.
Quando manco, ci pensa mia moglie a farmelo notare, perché anche io, mio malgrado, necessito di un confronto con un “altro da me”, per non cadere nel Mito.
Cordialmente,
Carlo 58
Gentile signor Carlo,
Lei ha ragione su tutto.
Io sono semplicemente una sciocca che ogni tanto si rende conto di vivere fuori dalla realtà, che vuole, a forza di leggere romanzi e poeti va a finire che uno perde di vista la concretezza del vivere!
Poi ci pensano gli altri a riportarci a terra, noi aereonauti del sogno ed è bene così.
La ringrazio per il suo intervento ampio ed istruttivo
Tess
Gentile Professoressa,
Penso di averLe fatto del male. Me ne dispiace e Le chiedo di perdonarmi.
Penso di averLe fatto del male perché nella Sua risposta al mio commento ho visto una reazione di totale chiusura, la precisa volontà di chiuderla lì.
Non mi spiego altrimenti il fatto che mi scriva che ho assolutamente ragione su tutto (non si fa così con chi non capisce o non può capire?), il fatto che Ella rifletta, come uno specchio o un muro di gomma, una sintesi di quello che secondo Lei io penso.
Ho mancato perché, con le modalità che di seguito cercherò di esprimere, anche io ho avuto un atteggiamento di “chiusura” anziché di “apertura” nei suoi confronti.
1) Mi sono fatto delle domande (Perché il rispetto tra i ragazzini deve essere un condizione indispensabile per avere rispetto per loro? Che cosa vuol dire avere del rispetto per loro?)
2) Mi sono dato delle risposte (e penso che proprio l’avermi dato delle risposte, senza attendere le Sue, abbia sollecitato la sua reazione).
3) Le ho attribuito un problema di Mitizzazione sulla base della mia esperienza del Mito e della conseguente delusione e non sulla base della conoscenza di Lei.
4) Ho offerto la mia definizione di rispetto (per me, lo confesso, tutta nuova perché sorta nel momento dello scrivere).
Mi preme farle sapere, però, che per quanto riguarda le osservazioni sugli adolescenti, esse sono esclusivamente mie riflessioni, una sorta di colloquio con me stesso messo per iscritto. Riflessioni forse suonate ovvie, che hanno avuto esclusivamente il sapore di una scoperta mia personale. Queste riflessioni non hanno la finalità di insegnarLe a vivere, se a questa finalità (e a me) Ella allude quando ironicamente descrive se stessa come una “sognatrice che altri pensano a riportare nella concretezza”.
Ma c’è anche un'altra cosa che mi preme chiarire.
Sullo sfondo del suo scritto e dei commenti postati aleggiano sia le “bruttissime cose” accadute, sia le parole che Ella ha avuto nei confronti della classe a seguito del comportamento tenuto da alcuni alunni, comportamento cui ha assistito o che le è stato riferito.
Questi fatti è giusto che abbiano altre sedi e altre occasioni per essere affrontati, chiariti, superati.
Da questi fatti, tuttavia, e dal clima generale che si è ingenerato nel corso di questo anno scolastico tra classe insegnante, genitori e ragazzi, faccio fatica a prendere una distanza.
Da questa mia difficoltà le mie parole forse inopportune, le mie banalità, l’espressione di sentimenti che vanno dalla volontà di capire e collaborare a quella di esprimere tutta la mia disapprovazione per le parole di stigmatizzazione di taluni atteggiamenti che Ella ha usato in classe, e che a mio giudizio sono immeritate da mia figlia e dalla maggioranza degli studenti se non forse dall’intera classe, e che - parrebbe - stanno avendo l’effetto di disamorare gli studenti dallo studio e di indurre confusione sulle cause della imperfetta integrazione di alcuni di loro. Parole che, mi suggeriscono, sono state dettate da un animo molto esigente con se stesso e con gli altri o da momentanea stanchezza.
Mi auguro di poter avere nuove occasioni di vero, reciproco, aperto confronto, magari fuori del blog,
il quale, per la sua natura di luogo di dibattito privato/pubblico, virtuale/reale, non mi è congeniale.
Cordialmente
Carlo 58
Gentile signor Carlo,
credo di non essermi espressa con chiarezza nella mia prima risposta, proverò adesso.
Quando dico che Lei ha ragione non intendo chiudermi ad un dibattito, intendo proprio letteralmente che Lei ha ragione, essere una sognatrice non è una cosa positiva, anzi, è un chiaro limite dell'in telligenza!
Perciò, ben vengano i richiami ad um maggiore realismo e ad un più efficace pragmatismo, da qualunque parte vengano, mia madre da cinquant'anni mi insegue tentando di farmi scendere dalle nuvole, poverina, temo di non averle dato molte soddisfazioni in questo campo!
Cercherò di fare meglio in futuro.
Le sue considerazioni non sono, a mio giudizio, affatto banali, anzi, offrono molti spunti di riflessione utili.
Mi spiace se nella prima risposta sono stata oscura, spero di aver chiarito meglio il mio pensiero.
Grazie per il suo intervento
Tess
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