A casa di mia nonna, quella paterna, oltre al profumo di frittata e di gelsomini dei quali ho già scritto, c’era un altro odore che adoravo e per vari motivi: il profumo del caffè.
Mia nonna il caffè lo faceva con la napoletana, la mitica cuccuma che richiedeva una preparazione meticolosa e attenta, in effetti era quasi un rito, magico, per conoscere il quale basta leggersi il mitico monologo di Eduardo in “Questi fantasmi”.
Io adoravo guardare mia nonna o mia zia mentre preparavano il caffè e mi piaceva da matti annusare l’aroma che fuoriusciva, piano piano più forte, dalla napoletana.
Quando la bevanda era pronta, nonna e zia se ne bevevano una tazzina e me ne davano, pochissimo (perché ai bambini il caffè fa male), un goccetto anche a me, in una tazzina tutta mia, io me lo bevevo pianissimo per farlo durare di più ma finiva sempre troppo presto!
Quel caffè, inoltre, aveva per me un effetto liberatorio, perché, dopo pranzo, nonna e zia andavano a riposare e io, che a casa loro potevo fare veramente tutto quello che volevo (mi viziavano in un modo vergognoso), durante il loro riposo dovevo stare buona e tranquilla.
Ora, io da piccola ero tutto meno che tranquilla, io ero un ciclone in perenne attività, non stavo ferma un attimo (non è che sia tanto cambiata da adulta) e quelle due ore mi sembravano eterne, odiavo la pennichella della nonna, io volevo giocare e non sapevo farlo senza fare rumore. Ero troppo piccola per passare il tempo leggendo, come poi facevo quando imparai l’alfabeto e scoprii il mondo dei libri,mi annoiavo da morire.
L’ odore del caffè significava che potevo ricominciare a fare chiasso, a giocare, ad ascoltare la musica dall’immenso grammofono di nonna oppure vedere la TV dei ragazzi, insomma, per me il caffè, oltre ad essere una squisita bevanda, rappresentava la frontiera della libertà.
Ancora oggi il caffè mi piace tanto, senza la mia tazzina giornaliera io funziono proprio male, la prima cosa che faccio, quando mi alzo al mattino è mettere la moka sul fornello, però, chissà perché, il caffè di oggi non è magico come quello della mia infanzia.
Mia nonna il caffè lo faceva con la napoletana, la mitica cuccuma che richiedeva una preparazione meticolosa e attenta, in effetti era quasi un rito, magico, per conoscere il quale basta leggersi il mitico monologo di Eduardo in “Questi fantasmi”.
Io adoravo guardare mia nonna o mia zia mentre preparavano il caffè e mi piaceva da matti annusare l’aroma che fuoriusciva, piano piano più forte, dalla napoletana.
Quando la bevanda era pronta, nonna e zia se ne bevevano una tazzina e me ne davano, pochissimo (perché ai bambini il caffè fa male), un goccetto anche a me, in una tazzina tutta mia, io me lo bevevo pianissimo per farlo durare di più ma finiva sempre troppo presto!
Quel caffè, inoltre, aveva per me un effetto liberatorio, perché, dopo pranzo, nonna e zia andavano a riposare e io, che a casa loro potevo fare veramente tutto quello che volevo (mi viziavano in un modo vergognoso), durante il loro riposo dovevo stare buona e tranquilla.
Ora, io da piccola ero tutto meno che tranquilla, io ero un ciclone in perenne attività, non stavo ferma un attimo (non è che sia tanto cambiata da adulta) e quelle due ore mi sembravano eterne, odiavo la pennichella della nonna, io volevo giocare e non sapevo farlo senza fare rumore. Ero troppo piccola per passare il tempo leggendo, come poi facevo quando imparai l’alfabeto e scoprii il mondo dei libri,mi annoiavo da morire.
L’ odore del caffè significava che potevo ricominciare a fare chiasso, a giocare, ad ascoltare la musica dall’immenso grammofono di nonna oppure vedere la TV dei ragazzi, insomma, per me il caffè, oltre ad essere una squisita bevanda, rappresentava la frontiera della libertà.
Ancora oggi il caffè mi piace tanto, senza la mia tazzina giornaliera io funziono proprio male, la prima cosa che faccio, quando mi alzo al mattino è mettere la moka sul fornello, però, chissà perché, il caffè di oggi non è magico come quello della mia infanzia.
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